Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33576 del 28/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2018, (ud. 09/10/2018, dep. 28/12/2018), n.33576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27056-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente e controricorrente ai ricorsi incidentali –

contro

FRUTTAGEL SCPA SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA PER AZIONI, ORTO VERDE

SOCIETA’ CONSORTILE AGRICOLA PER AZIONI;

– intimati –

e da:

ORTO VERDE SOCIETA’ CONSORTILE AGRICOLA PER AZIONI in persona del

Presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA VICO GIAMBATTISTA 22, presso

lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FRUSCIONE, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati MICHELE PROCIDA, BENEDETTO

SANTACROCE giusta delega a margine;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, FRUTTAGEL SCPA SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA

PER AZIONI;

– intimati –

e da:

FRUTTAGEL SCPA SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA PER AZIONI, in persona

del Presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA VICO GIAMBATTISTA 22, presso

lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FRUSCIONE, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MICHELE PROCIDA giusta delega a

margine;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, ORTO VERDE SOCIETA’ CONSORTILE AGRICOLA PER

AZIONI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 45/2013 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

depositata il 09/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/10/2018 dal Consigliere Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, accoglimento del 2 motivo del 2 incidentale di ORTO

VERDE;

udito per il ricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale rigetto incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con atto del 5.9.2007 la Società Fruttagel Società Cooperativa Agricola per azioni cedeva alla società Organizzazione regionale trasformatori Orticoli Verde Società consortile Agricola per azioni la piena proprietà del ramo di azienda volto all’esercizio dell’attività di trasformazione di prodotti agricoli. La cessione comprendeva tutti gli elementi mobili ed immobili che arredavano e corredavano il ramo d’azienda, in essi compresi i beni strumentali come da relazione di stima del 10.4.2007, redatta in occasione del preliminare stipulato tra le stesse parti il 13.4.2007. Nell’atto di cessione era stabilito che la parte cessionaria subentrasse in tutti i crediti e i debiti sorti successivamente al 13.4.2007, data di stipula del contratto preliminare ed in particolare nel debito scaturente dal contratto di mutuo concesso alla società cedente in data 8.8.2007. Il corrispettivo della cessione veniva determinato in complessivi Euro 5.352.500,00 di cui Euro 5.200.000,00 pagati mediante accollo del mutuo.

Con avviso di rettifica e liquidazione notificato ad entrambe le società l’Agenzia rideterminava il valore del ramo di azienda ceduto in circa Euro 16.000.000,00.

La Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno, riuniti i ricorsi di entrambi i contribuenti li accoglieva con annullamento dell’avviso di rettifica.

La Commissione Tributaria Regionale delle Marche, con sentenza n. 45/1/2013, dopo aver ordinato all’ex Ufficio tecnico Erariale di Ancona il deposito di una perizia di stima del più probabile valore di mercato dei fabbricati e del terreno alla data di cessione, accoglieva parzialmente l’appello dell’ufficio rideterminando il valore del compendio immobiliare in Euro 4.700.000,00.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza affidato a quattro motivi.

Parte contribuente resiste con controricorso, proponendo ricorso incidentale al quale l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. In particolare lamenta che la CTR avrebbe omesso di considerare la questione attinente la valutazione dei beni strumentali, impianti ed attrezzature, il cui valore complessivo veniva indicato in atto in Euro 1.400.000,00 ed accertato dall’ufficio in Euro 5.278.759,52.

2. Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 51, comma 4, nonchè dei principi attinenti l’oggetto della giurisdizione tributaria in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. In particolare deduce che la CTR avrebbe escluso totalmente il valore dell’avviamento sulla base dell’assenza di ricavi conseguiti e dalla cessazione da mesi di ogni attività aziendale.

3. Con il terzo motivo l’ufficio deduce insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamenta in particolare che la CTR, nella valutazione dell’avviamento non aveva tenuto in alcuna considerazione elementi decisivi valorizzati nell’avviso di rettifica e liquidazione.

4. Le censure sub 2 e 3 devono essere trattate prioritariamente per motivi di ordine logico e congiuntamente in quanto strettamente connesse.

Esse sono fondate.

3.1. L’avviamento costituisce una qualità dell’azienda e possiede un valore che si somma a quello degli altri beni che compongono l’azienda stessa, e tale operazione, anche considerando il testo della norma applicata, deve precedere la detrazione delle passività. Sicchè il valore di avviamento non può essere aprioristicamente escluso, nè dall’esistenza nè dall’ammontare delle perdite (v. Sez. 6 n. 2747-12, Sez. 5 n. 613-06, n. 2702-02). La norma di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, (art. 51), è nel senso che per gli atti che hanno per oggetto aziende o diritti reali rileva il valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento, al netto delle passività. Il che traduce un dato coerente con la natura stessa dell’avviamento, che è un valore patrimoniale e che, come tale, non configura un valore dell’attività d’impresa ma dell’azienda (obiettivamente considerata); un valore che non necessariamente risente dell’esito (in termini di utili o di perdite) dell’attività d’impresa. Questa Corte, con riferimento al valore dell’avviamento ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di imposta di registro, l’esistenza di un valore di avviamento dell’azienda, costituente l’oggetto di un giudizio di fatto rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, non può essere esclusa sulla base della sola circostanza che l’impresa abbia subito delle perdite negli esercizi degli anni precedenti e di quelli successivi” (cass. 22506/2015). Consegue che la circostanza che un’impresa abbia prodotto delle perdite negli anni precedenti alla cessione dell’azienda, pur potendo esser rilevante e meritevole di attenta considerazione ai fini della determinazione dell’avviamento commerciale, non esaurisce l’oggetto dell’indagine.

Il valore di avviamento di un’azienda o di un ramo di azienda, quale che sia il metodo di calcolo utilizzato, non è determinabile in base, o soltanto in base, a grandezze che possano essere capitalizzate, e, quindi, al reddito distribuibile al netto delle imposte, poichè l’avviamento è la capacità di profitto di un’attività produttiva, ossia una qualità dell’azienda costituita dal maggior valore che il complesso aziendale, unitariamente considerato, presenta rispetto alla somma dei valori di mercato dei beni che lo compongono, ed implica perciò la considerazione della prevedibile capacità della stessa di coprire i costi, ivi compresi quelli di natura fiscale (Cass. 9583/2016; Cass. n. 9115 del 06/06/2012).

Nella specie la CTR, ponendosi in contrasto con i principi di diritto sopra richiamati ha sostanzialmente ritenuto che il valore dell’avviamento si fosse azzerato in considerazione del fatto che la società cedente avesse cessato ogni attività licenziando il personale.

5. Anche il primo motivo merita di essere accolto.

La CTR nell’esaminare le censure relative al valore del ramo d’azienda, ha omesso di considerare ogni questione attinente alla valutazione dei beni strumentali, impianti ed attrezzature il cui valore complessivo veniva dichiarato in atti in Euro 1.400.000,00 ed accertato dall’ufficio invece in Euro 5.278.759,52.

6. Con il quarto motivo l’Agenzia deduce violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, nonchè dell’art. 1362 c.c. e dell’art. 2697, con riferimento ai principi in tema di abuso del diritto anche in base alla giurisprudenza comunitaria ed all’art. 53 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta – con riferimento all’imponibile dichiarato dai contribuenti, che il valore complessivo del ramo d’azienda trasferito era stato determinato includendo, fra l’altro una passività di origine finanziaria pari a Euro 5.200.000,00 (corrispondente quasi all’intero prezzo di cessione) che la CTR non avesse erroneamente ritenuto che tale inclusione corrispondeva ad un preordinato intento elusivo attuato al fine di sottrarre imponibilità fiscale.

La censura è fondata.

7. E’ documentale che la quasi totalità del prezzo di cessione sia stato pagato mediante accollo alla parte cessionaria dell’intero ammontare di un mutuo di Euro 5.200.000,00 stipulato da parte cedente in data 8.8.2007, cioè in data successiva al preliminare stipulato tra le parti il 13.4.2007, e alla relazione di stima dell’intero compendio recante la data del 10.4.2007. La società cessionaria era subentrata nel possesso dello stabilimento sin dalla data del preliminare del 13.4.2007, sicchè l’attività svolta nello stabilimento era già sotto il controllo direzionale dell’acquirente.

Già prima di trovare espresso e generale riconoscimento nella L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10-bis, introdotto con D.Lgs. n. 128 del 2015, (articolo inapplicabile al caso di specie ratione temporis), erano state da questa Corte (Cass. Sez. Un .nn. 3055, 3056, 3057 del 2008; Cass. n. 1465 del 2009; Cass. n. 3938 e n. 4603 del 2014) desunti dai principi, posti dall’art. 53 Cost., di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione, il divieto e l’inopponibilità all’erario delle operazioni che, pur non contrastando con alcuna specifica disposizione, sono idonee a procurare un vantaggio fiscale e non possono spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta. (Cass. 3533/2018).

La stipula da parte della società cedente di un contratto di mutuo, peraltro in data successiva al preliminare, con contestuale accollo alla società cessionaria del debito ha procurato il vantaggio della riduzione dell’imposta di registro, pagata non sul valore del compendio ceduto ma sul valore immobiliare al netto della passività accollata;

l’operazione appare priva di una individuabile ragione economica alternativa al risparmio di imposta.

8.Con il primo motivo di ricorso incidentale, proposto da entrambe le parti contribuenti, si deduce in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 e art. 7, comma 2 e artt. 51 e 63 c.p.c.; lamenta in particolare che la CTR, nel conferire all’Agenzia del territorio – organo dell’amministrazione – mandato di riferire sul valore più probabile degli immobili e del terreno avrebbe violato i principi generali di indifferenza, imparzialità ed equidistanza.

La censura non è fondata.

9. Il giudizio che si svolge davanti alle Commissioni è un giudizio di merito a cognizione piena e le commissioni tributarie, alle quali il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, attribuisce larghi poteri istruttori, possono acquisire “aliunde” gli elementi di decisione, prescindendo dagli accertamenti dell’ufficio e, ai fini della decisione medesima, sono dotate di ampio potere estimativo, anche sostitutivo, nel senso che possono sostituire la propria valutazione a quella operata dall’ufficio (cfr tra le tante Cass. n. 5776/00).

Il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, consente alle Commissioni tributarie di acquisire elementi conoscitivi mediante la richiesta di apposite relazioni affidate ad organi tecnici dell’Amministrazione; tale richiesta, dunque, con tutta evidenza, per essa sola, non viola il principio di terzietà del giudice, essendo prevista dalla legge.

Nella specie la stessa CTR ha dato atto che, e per effetto del D.L. 95 del 2012, art. 23-quater, inserito nella L. di conversione n. 135 del 2012, dall’1/12/2012, l’Agenzia del Territorio è stata incorporata nell’Agenzia delle Entrate la quale, dalla predetta data, esercita le funzioni ed i compiti facenti capo all’Ente incorporato, evidenziando, tuttavia, che organo tecnico dell’amministrazione è qualunque organo che abbia particolari conoscenze in un determinato settore di attività, ivi compresi gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate.

A riprova di ciò si consideri che l’Agenzia del territorio, disattendendo l’accertamento dell’ufficio il quale aveva rideterminando il valore del compendio immobiliare in Euro 7.900.000,00, nella relazione tecnica depositata per ordine della CTR lo ha stimato Euro 4.700.000,00, cifra molto più vicina a quella indicata dalle parti nell’atto di cessione (Euro 3.900.000,00).

Questa Corte ha avuto modo di chiarire che il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, laddove attribuisce al giudice il potere di disporre l’acquisizione d’ufficio di mezzi di prova, dev’essere interpretato alla luce del principio di terzietà sancito dall’art. 111 Cost., il quale non consente al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori, ma gli attribuisce un potere istruttorio in funzione integrativa, e non integralmente sostitutiva, degli elementi di giudizio (Cass. Civ., Sez. 5, n. 673 del 15/01/2007).

Tale potere, pertanto, può essere esercitato, come nella specie, laddove sussista un’obiettiva situazione di incertezza, al fine di integrare gli elementi di prova già forniti dalle parti e non anche nel caso in cui il materiale probatorio acquisito agli atti imponga una determinata soluzione della controversia (cfr. Cass. Civ., Sez. 5, n. 24464 del 17/11/2006, Rv. 594275; n. 14960 del 22/06/2010, Rv. 613988).

Si osservi che il compendio immobiliare era stato stimato, nello stesso anno 2007, dal perito incaricato dalla BP di Ancona in Euro 8.600.000,00, dalle parti nella cessione del ramo di azienda in Euro 3.900.000,00 e dall’Ufficio in Euro 7.900.000,00 e quindi sussisteva la situazione di incertezza che consentiva al giudice il ricorso ai mezzi istruttori.

Quanto alla scelta dello strumento da utilizzare osserva la Corte che l’ordine indicato nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 2, è meramente esemplificativo ed ordinatorio, e non impone alcun vincolo gerarchico nella scelta della consulenza in alternativa alle altre opzioni (Cass. 22535/2012).

10. Con il secondo motivo di ricorso incidentale proposto solo da O.R.T.O. Verde si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio. Si lamenta, in particolare il vizio di motivazione per non avere la CTR spiegato le ragioni per le quali ha disatteso la relazione di stima depositata da parte contribuente nella quale si individuava un valore inferiore a quello proposto dall’Agenzia e si evidenziava l’erroneità della metodologia estimativa utilizzata.

La censura non è fondata.

Al riguardo, come precisato da questa Corte (Cass., sez. un., 3 giugno 2013, n. 13902), va invero rilevato che la consulenza di parte costituisce una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, posto che il contenuto tecnico del documento non vale ad alterarne la natura, che resta quella di atto difensivo. Ne consegue che non ha pregio la pretesa di considerarla un documento sul quale disporre una consulenza tecnica d’ufficio. D’altro canto, è principio consolidato che il giudice del merito non sia tenuto a confutare tutte le singole argomentazioni delle parti, essendo solo tenuto ad argomentare in modo immune da vizi l’esito della decisione.

Il ricorso incidentale deve essere, pertanto, rigettato, mentre il ricorso dell’Agenzia delle entrate deve essere accolto per quanto di ragione e la sentenza cassata con rinvio alla CTR delle Marche in diversa composizione perchè si attenga ai principi di diritto sopra affermati e liquidi le spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR delle Marche in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità;

rigetta il ricorso incidentale di entrambe le parti contribuenti, dando atto sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2018

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