Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3357 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. III, 12/02/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 12/02/2010), n.3357

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16813/2005 proposto da:

C.E., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA F CESI 44, presso lo studio dell’avvocato GIACH FAUSTO

MARIA, rappresentato e difeso dall’avvocato AUTIERI Francesco giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G.;

– intimato –

sul ricorso 21383/2005 proposto da:

M.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ORTIGARA 10, presso lo studio dell’avvocato DAVOLI

DOMENICO, rappresentato e difeso dall’avvocato GAROFALO GIUSEPPE

giusta delega in calce al controricorso contenente ricorso

incidentale;

– ricorrente –

e contro

C.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2286/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione Seconda Civile, emessa il 07/07/2003, depositata il

13/05/2004; R.G.N. 5187/2001.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/01/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito l’Avvocato AUTIERI FRANCESCO; udito l’Avvocato GAROFALO

GIUSEPPE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.G., in proprio e quale erede dei genitori, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Latina il medico C.E. per sentirlo condannare al risarcimento del danno che asseriva di aver subito a causa della morte del padre Ma.

G. e che imputava alla responsabilità del convenuto, per non aver questi apprestato le opportune cure al genitore ricoverato a seguito di un incidente stradale.

Con sentenza del 2001 il Tribunale condannava il medico a risarcire al M., iure hereditario, il danno biologico sofferto dal padre e, iure proprio, il danno morale; respingeva la domanda di risarcimento del danno biologico e patrimoniale sofferti dall’attore e del danno morale sofferto dalla madre di quest’ultimo.

Contro tale sentenza proponeva appello il C. chiedendo l’integrale rigetto della domanda risarcitoria o, in subordine, il rigetto della stessa sotto il profilo del danno biologico del defunto e la liquidazione del danno morale in misura ridotta.

Il M. si costituiva contestando le avverse domande e chiedendone il rigetto. In via incidentale insisteva per l’accoglimento delle ulteriori domande di risarcimento già respinte dal primo giudice.

La Corte d’Appello di Roma, riconosceva al M. il risarcimento iure hereditario del danno biologico del padre e iure proprio del danno morale.

Proponeva ricorso per cassazione C.E..

Resisteva con controricorso e proponeva ricorso incidentale M. G..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi devono essere previamente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con i quattro motivi del ricorso che per la loro stretta connessione devono essere congiuntamente esaminati parte ricorrente rispettivamente denuncia:

A) “Violazione di legge in relazione all’art. 2697 c.c.”.

Sostiene C.E. che nella fattispecie in esame si è in presenza di “insufficienza, contraddittorietà ed incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale” e che tale incertezza avrebbe dovuto comportare, a prescindere dall’esito del giudizio penale, una dichiarazione di esonero da responsabilità nei suoi confronti.

B) “Violazione di legge, con riferimento all’art. 2697 c.c., ed omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia”.

Sostiene parte ricorrente che le deposizioni dei testi in sede civile o un’attenta lettura di quanto riferito al Giudice penale avrebbe permesso quella esatta “ricostruzione dei fatti”, operata “in maniera maldestra o processualmente inesatta dalla Corte”. Diverso infatti, a parere del C., è stato il reale andamento degli eventi rispetto a quanto affermato dalla Corte d’Appello e l’intervento del ricorrente è stato tempestivo ed appropriato dal punto di vista tecnico, come emerge dalle deposizioni dei testi in sede penale. Se fosse rimasto un margine di dubbio, prosegue il C., il Giudice civile avrebbe dovuto disporre l’escussione degli infermieri per ulteriori chiarimenti sull’andamento dei fatti e procedere alla ricostruzione degli stessi in maniera processualmente corretta.

La carente, insufficiente e contraddittoria indagine su tale punto nodale rende perciò censurabile la sentenza impugnata.

C) “Si denunciano ancora i vizi dedotti sub b)”.

Nella fattispecie in esame, secondo il C., lo stesso Collegio Peritale S.- G.- D. ha affermato che non era possibile stabilire se un intervento tempestivo ed adeguato avrebbe consentito un’evoluzione favorevole del caso. L’incertezza che avvolge l’evoluzione prognostica favorevole avrebbe dovuto mandare esente lo stesso C. da ogni responsabilità, essendo stato il suo intervento diretto, personale e tecnicamente qualificato.

D) “Ulteriore violazione di legge, sempre con riferimento all’art. 2697 c.c., all’art. 654 c.p.p. ed all’art. 116 c.p.c.”.

Nel caso in esame, si afferma, non risulta nè “giustificata” nè “processualmente certa” la conclusione che la condotta omissiva del medico sia stata condizione necessaria dell’evento lesivo “con alto ed elevato grado di credibilità razionale e probabilità logica”.

Vi è pertanto nel caso in esame, secondo parte ricorrente, un alto grado di probabilità del contrario rispetto all’affermazione di responsabilità dello stesso C., il cui tempestivo intervento non ha potuto comunque impedire un evento letale inevitabile, date le lesioni che il M. presentava: in ogni caso nemmeno il collegio peritale ha potuto ritenere la condotta del C. come “condizione necessaria” dell’evento mortale di cui è causa.

I motivi devono essere rigettati perchè attinenti alla valutazione della prova, inammissibili per la loro genericità e perchè prospettano solo una diversa soluzione senza specificamente richiamare o contrastare le risultanze processuali valutate dalla Corte d’Appello. Quest’ultima ha infatti rilevato che secondo la Ctu l’evento era stato condizionato, con ragionevole certezza, dalla condotta del C. estrinsecatasi nella sua mancata presenza al momento del ricovero, nella mancanza di annotazioni sulla cartella clinica, nella assenza di visite mediche fino al rilevante peggioramento delle condizioni della vittima. Un tempestivo intervento medico avrebbe invece indotto al trasferimento del M. in un reparto di assistenza intensiva per immediati, ulteriori accertamenti.

In conclusione, deve ritenersi che il ricorso verte su una diversa valutazione delle risultanze istruttorie ossia su un profilo di merito che è stato invece congruamente motivato dall’impugnata sentenza, senza errori o vizi logici.

Con il ricorso incidentale si contesta anzitutto: 1) la liquidazione del danno biologico del defunto sostenendo che è censurabile l’esercizio del potere equitativo del Giudice d’appello perchè, rispetto alla determinazione del primo grado, anche questa in via equitativa, quella della Corte di Appello appare certamente simbolica.

Il motivo è fondato.

Deve premettersi che il danno subito dal defunto e relativo alla sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, deve essere qualificato, secondo le Sezioni unite di questa Corte (sent. 26972 del 2008), come danno morale. Una tale sofferenza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta, non è infatti suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesione e morte di degenerare in patologia e dare luogo al danno biologico.

A ristoro di tale sofferenza il Giudice dovrà correttamente riconoscere e liquidare il danno tenendo conto della gravità dell’offesa e della serietà del pregiudizio.

2) Danno morale dell’attore.

Parte ricorrente ritiene eccessiva la contrazione operata dal Giudice di secondo grado e censurabile l’operato di tale Giudice risultando detta liquidazione, come ridotta, del tutto irrisoria e simbolica.

Per contro ritiene che è del tutto legittima la liquidazione del danno morale riconosciuta in primo grado. Il motivo è fondato.

I parenti della vittima possono infatti far valere iure proprio il danno ingiusto, patrimoniale e non patrimoniale, e possono domandarlo come danno conseguenza, valorizzando le prove indiziarie ed i fatti di comune esperienza in relazione ad un rapporto parentale costituzionalmente tutelato.

La misura di tale danno non può essere irrisoria e simbolica e dovrà tener conto della notevole gravità della perdita e della rilevante serietà del pregiudizio.

3) Danno biologico patito da M.G., iure proprio, in conseguenza della morte del padre.

La corte concorda con la decisione del primo giudice il quale non ha ritenuto sufficientemente provato tale danno, in mancanza di idonea documentazione e del rifiuto opposto dall’istante a farsi esaminare dal Ctu.

Il motivo deve essere accolto, tenuto conto che quello lamentato dal M. costituisce danno morale in senso ampio, quale individuato dalle Sez. un. 26972/08, che copre le sofferenze provate negli anni successivi alla morte del padre.

Compete infatti al familiare sopravvissuto il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, subito sia nel momento in cui la perdita stessa è percepita (danno da lutto) sia con riguardo al tempo di sofferenza che accompagna la vittima secondaria (elaborazione del lutto) posto che tali sofferenze sono componenti del complesso pregiudizio integralmente ed unitariamente considerato.

Danno morale subito dalla madre del M. prima della morte avvenuta nel (OMISSIS).

Sostiene parte ricorrente che sia dovuto il risarcimento di tale danno.

Il motivo deve essere accolto dovendo ritenersi che tale danno sia entrato nel patrimonio della madre e si trasferisca in capo al figlio.

Danno patrimoniale subito da M.G..

Sostiene il ricorrente incidentale che il padre provvedesse ancora al suo sostentamento e che alla morte del genitore egli fu costretto a provvedere a sè stesso. Inoltre fu costretto a sottoporsi a terapia psicoanalitica ed affrontò altre spese in conseguenza della condotta del convenuto, Il motivo è infondato. Non risulta infatti provato, come sostiene la Corte d’Appello, il nesso causale fra le suddette spese e la morte del padre, da un lato, e le perdite economiche indicate dal M. G., dall’altro.

In conclusione la Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, accoglie nei sensi di cui in motivazione il ricorso incidentale (escludendo le poste di danno patrimoniale iure proprio).

Cassa in relazione (con vincolo di conformarsi al richiamato principio nomofilattico delle Sez. Unite 26972/2008) e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale ed accoglie per quanto di ragione il ricorso incidentale. Cassa in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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