Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33556 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 18/12/2019), n.33556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17433-2018 proposto da:

G.P. SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO

BUCO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), AGENZIA DELLE ENTRAT,

(OMISSIS), in persona dei rispettivi Direttori pro tempore,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 10201/25/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMAPANIA, depositata il 04/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La società P.G. srl ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Campania indicata in epigrafe che, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato il ricorso della contribuente contro l’avviso di accertamento relativo all’anno 2010, basato su studi di settore.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza per mancanza di motivazione. La CTR avrebbe omesso di esaminare le doglianze difensive esposte dalla contribuente a dimostrazione della illegittimità dei risultati espressi dall’ufficio sulla base degli studi di settore, appiattendosi sulla posizione dell’Agenzia.

Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in combinato disposto con la L. n. 212 del 2000, art. 7, e l’art. 2697 c.c.. La CTR avrebbe errato nel fondare la decisone sul valore probatorio degli studi di settore, spettando comunque all’Ufficio l’onere di dimostrare la grave incongruenza tra ricavi, compensi dichiarati e derivati dagli studi stessi.

Con il terzo motivo si deduce, infine, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36, comma 1, lett. d), in combinato disposto con la L. n. 212 del 2000, art. 7, e l’art. 2697 c.c.. La CTR avrebbe tralasciato di esaminare la documentazione prodotta in primo grado, attestante le ragioni che giustificavano lo scostamento dagli studi di settore.

Il primo motivo è infondato.

E’ noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia – cfr. Cass., S.U., n. 8053/2014 -.

Orbene, nel caso di specie la CTR ha fondato la decisione di accoglimento dell’appello sul presupposto che la parte contribuente non aveva dimostrato l’erroneità dei risultati ai quali era pervenuto lo studio di settore, espressamente evidenziando che il dato rappresentato dal dedotto calo di ordinativi di grandi operatori del settore era smentito dall’esistenza di risultati omologhi per gli anni precedenti. Nè la censura coglie nel segno nella parte in cui prospetta il vizio di motivazione contraddittoria, ormai espunto dalla disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dopo la novella dell’anno 2012.

Non si tratta, pertanto, di motivazione apparente, la stessa rispondendo ai requisiti fissati da questa Corte per il c.d. minimo costituzionale.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato, non ravvisandosi alcun error turis nella motivazione della sentenza che, per converso, la società contribuente ha aggredito ponendo in discussione le valutazioni in fatto operate dal giudice di merito, senza che queste possano essere oggetto di rivisitazione da parte del giudice di legittimità.

Non vi è, infatti, alcun errore di diritto posto a base della decisione. La CTR, invero, in coerenza con gli insegnamenti di questa Corte – da ultimo Cass. n. 769/2019 -, ha ribadito che al fine di superare la presunzione di reddito determinata dalla procedura standardizzata, grava sul contribuente l’onere di dimostrare, attraverso informazioni ricavabili da fonti di prova acquisite al processo con qualsiasi mezzo, la sussistenza di circostanze di fatto tali da far discostare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento e giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale in virtù di detta procedura.

A tali canoni esegetici si è pienamente attenuto il giudice di merito.

Il terzo motivo di ricorso è inammissibile. Con tale censura la ricorrente deduce l’omesso esame di elementi probatori che la stessa ha omesso specificamente di indicare, tralasciando peraltro di considerare la motivazione della sentenza impugnata che ha, per converso, specificamente preso in considerazione le censure relative al dedotto calo di ordini considerandole inidonee a superare gli studi di settore.

Sulla base delle superiori considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi pure esposti in memoria dalla ricorrente, il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore della controricorrente in Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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