Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33554 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 18/12/2019), n.33554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31297-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.R., nella qualità di erede di C.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 771/4/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 19/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

all’allora contribuente, ora deceduto, C.A., veniva notificato nel 2011, in qualità di socio ed amministratore della società “Trademilia” s.r.l., cancellata dal registro delle imprese nel 2005, un avviso di accertamento intestato alla predetta società e riguardante IRPEG, IRAP e IVA per l’anno d’imposta 2004;

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente rilevando l’illegittimità dell’avviso impugnato perchè fondato su di un atto indirizzato nei confronti di un soggetto estinto;

la Commissione Tributaria Regionale, respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate, ritenendo che la stessa CTR, in altro procedimento, ha dichiarato l’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso a carico della società “Trademilia” s.r.l. per l’anno d’imposta 2003 e poichè l’avviso di accertamento oggetto del presente giudizio fonda sul precedente atto emesso a carico della società, deve concludersi che anche quest’ultimo sia illegittimo per derivazione;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a tre motivi mentre la parte contribuente non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle entrate denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., in quanto la CTR basa la propria decisione su una sua sentenza che ha già dichiarato l’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso a carico della società “Trademilia” s.r.l. per l’anno d’imposta 2003, ma tale sentenza è stata tempestivamente impugnata dall’Avvocatura dello Stato e quindi non è passata in giudicato;

Considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 2495 e 36, in quanto con la cancellazione della società i debiti si trasferiscono ai soci ed è pertanto corretta l’intestazione dell’atto a nome della società cessata;

considerato che con il terzo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 2495 e 36, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38,39 e 41 bis, nonchè degli artt. 2263 e 2727 c.c. in quanto con la cancellazione della società i debiti si trasferiscono ai soci ed è pertanto legittima la condotta dell’Ufficio che, dopo aver emesso un avviso di accertamento nei confronti della società contribuente ormai estinta, abbia successivamente notificato al socio un avviso di responsabilità conseguente alla presunzione di percezione di utili extracontabili in società a ristretta base sociale, atto autonomo rispetto all’avviso di accertamento nei confronti della società, sia pure se notificato al socio;

considerato che il primo motivo di ricorso è fondato perchè dal momento che la sentenza impugnata non afferma il passaggio in giudicato della sentenza della CTR dell’Emilia Romagna nel procedimento R.G. n. 1725/04 su cui fonda il nucleo essenziale della sua motivazione in quanto l’avviso impugnato sarebbe illegittimo per derivazione proprio in virtù di tale sentenza di cui non afferma il passaggio in giudicato e considerato che il ricorrente da un lato nega che tale sentenza sia passata in giudicato e dall’altro che egli non aveva alcun interesse a non impugnare tale sentenza – quest’ultima non può rappresentare un “giudicato esterno” nel presente procedimento, poichè è appunto per lo meno dubbio che sia passata in giudicato;

considerato peraltro che, nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne solo i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo (Cass. n. 25516 del 2019) e che dalla sentenza della CTR non si evince a quali imposte si riferisca la sentenza della CTR dell’Emilia Romagna nel procedimento RG n. 1725/04;

considerato poi, quanto al secondo e terzo motivo di ricorso che possono essere affrontati congiuntamente dal momento che prospettano sostanzialmente la stessa doglianza – che dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (Cass., SU, 12 marzo 2013, n. 6070; Cass. 15 gennaio 2016, n. 23269);

in tema di effetti della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti, il disposto dell’art. 2495 c.c., comma 2, implica che l’obbligazione sociale non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione (Cass. 15474 del 2017);

considerato inoltre che:

in tema di riscossione, la responsabilità dei liquidatori e degli amministratori per le imposte non pagate con le attività della liquidazione, prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, trova la sua fonte in un’obbligazione civile propria “ex lege” in relazione agli artt. 1176 e 1218 c.c., sicchè, non avendo natura strettamente tributaria, a carico dei predetti non vi è alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari per effetto della cancellazione della società dal registro delle imprese (Cass. n. 17020 del 2019);

ritenuto che la CTR non si è attenuta a tali principi laddove da un lato, senza sforzarsi di attribuire alla vicenda una interpretazione conforme alla ratio dell’art. 2495 c.c. (evitare che dall’estinzione di una società discenda l’ingiusto sacrificio dei creditori sociali: cfr. Cass., S.U., 6070 del 2013), ha arbitrariamente affermato che l’estinzione della società precluderebbe accertamenti successivi alla sua cancellazione dal registro delle imprese con la conseguenza che nessun accertamento poteva essere emesso a carico del soggetto estinto o a carico dei soci e dall’altro ha ritenuto che la ristrettezza della base sociale costituisse una presunzione semplice di per sè non sufficiente a provare la circostanza della distribuzione degli utili ai soci quando invece la ristretta base sociale è di per sè sola, in assenza di una prova contraria da parte del contribuente, sufficiente a provare tale distribuzione di utili, così eludendo l’applicazione dei principi secondo cui alla cancellazione dal registro delle imprese non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società di capitali estinta, determinandosi un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società (nella specie l’IRPEF relativo al 2003) non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione ma senza che l’aver rivestito la carica di amministratore determini una estensione di tale responsabilità per i debiti tributari oltre tali limiti;

ritenuto dunque che tutti i motivi di impugnazione sono fondati, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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