Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3355 del 13/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3355 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

Ud. 13/12/2013

SENTENZA
PU

sul ricorso 5214-2008 proposto da:
AMICO TERESA, AMICO MARIA, AMICO ANGELO, AMICO
MICHELE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI
GRACCHI 187, presso lo studio dell’avvocato MAGNANO DI
SAN LIO GIOVANNI, che li rappresenta e difende giusta
procura speciale notarile del Dott. Notaio GIULIA
2013
2424

SEMINATORE in CALTANISSETTA del 19/12/2007 rep. n.
17645;
– ricorrenti contro

ZODA LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

1

Data pubblicazione: 13/02/2014

SALLUSTIO 9, presso lo studio dell’avvocato SPALLINA
BARTOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE
GERONIMO FEDERICO in 95124 CATANIA, VIA ANDRONE 34,
giusta delega in atti;
– controricorrente –

GENERALI ASSIC SPA , ASSIC ITALIA SPA ;
– intimati –

avverso la sentenza n. 215/2007 della CORTE D’APPELLO
di CALTANISSETTA, depositata il 19/07/2007 R.G.N.
185/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/12/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato GIOVANNI MAGNANO DI SAN LIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

2

non chè contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l.

Teresa,

Maria,

Alfonso,

Angelo e Michele Amico

convenivano in giudizio l’avvocato Luigi Zoda davanti al
Tribunale di Caltanissetta, chiedendo il risarcimento dei danni
asseritamente patiti a causa di negligenze professionali del

Il convenuto si costituiva chiedendo il rigetto della
domanda e chiamando in garanzia due società di assicurazioni.
Il Tribunale rigettava la domanda, dichiarando compensate le
spese di lite, mentre condannava l’avv. Zoda al pagamento delle
spese nei confronti delle due società di assicurazione.
2. La sentenza veniva appellata dagli Amico in via
principale e dall’avv. Zoda in via incidentale e la Corte
d’appello di Caltanissetta, con sentenza del 19 luglio 2007, in
parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava
interamente compensate le spese del giudizio di primo grado tra
il professionista e le società di assicurazione, confermando nel
resto l’impugnata sentenza.
Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora di
interesse in questa sede, che l’avv. Zoda aveva difeso gli
appellanti in due diversi giudizi, l’uno davanti alla Corte di
cassazione e l’altro davanti al TAR di Palermo, entrambi
conclusi con una pronuncia di inammissibilità per difetto di una
valida procura alle liti, avendo il difensore utilizzato un

3

medesimo.

mandato generale alle liti anziché un mandato speciale per ogni
singolo ricorso.
In relazione ad un entrambi i giudizi, tuttavia, il
Tribunale aveva dichiarato di non poter emettere una pronuncia
di condanna nei confronti del professionista, in quanto né l’uno

significative possibilità di accoglimento. Tanto valeva sia per
il giudizio di cassazione, avente ad oggetto una domanda di
riscatto agrario respinta sia in primo che in secondo grado, sia
per il giudizio amministrativo, avente ad oggetto l’impugnativa
di un provvedimento di sospensione e di un provvedimento di
annullamento di una concessione edilizia.
Rilevava la Corte territoriale che, per quanto concerneva le
presunte negligenze relative al giudizio di cassazione, l’atto
di appello aveva censurato solo una delle argomentazioni sulle
quali si fondava il rigetto della domanda risarcitoria degli
Amato, ossia l’effettiva sussistenza del diritto di proprietà
del dante causa degli Amato su di una particella di terreno,
diritto dal quale sarebbe derivato quello di riscatto. Pertanto,
non

essendo

state

oggetto

di

confutazione

le

altre

. argomentazioni addotte dal Tribunale, il merito dell’appello non
doveva essere esaminato, in quanto il rigetto della domanda
risarcitoria avrebbe tratto ugualmente il proprio fondamento
dalle altre ragioni di cui alla sentenza di primo grado.

4

\Ak’

né l’altro ricorso avrebbero avuto, ove esaminati nel merito,

In riferimento, poi, alle presunte negligenze nell’ambito
del giudizio davanti al TAR, la Corte nissena concordava col
giudice di primo grado nel senso che, poiché la concessione
edilizia di cui si trattava nel giudizio amministrativo si
fondava su di un evidente errore di fatto consistente in una

ricorso giurisdizionale proposto dall’avv. Zoda non avrebbe
avuto alcuna concreta possibilità di essere accolto.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta
propongono ricorso Teresa, Maria, Alfonso, Angelo e Michele
Amico, con un unico atto affidato a due motivi.
Resiste l’avv. Zoda con controricorso.
I ricorrenti hanno presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Rileva la Corte che i ricorrenti hanno preliminarmente
posto in evidenza che la sentenza di primo grado, con
accertamento da ritenere ormai passato in giudicato in quanto
non fatto oggetto di appello, avrebbe accertato l’esistenza di
una prova documentale del colpevole inadempimento dell’avv. Zoda
in relazione all’incarico professionale ricevuto; sicché il
giudizio sarebbe poi proseguito al solo scopo di accertare
l’esistenza di un danno risarcibile, e ciò sulla base delle
probabilità che i giudizi promossi dal professionista potessero
avere, o meno, un esito favorevole ove esaminati nel merito.

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falsa rappresentazione della realtà, l’esame nel merito del

Tale rilievo preliminare, che non costituisce motivo di
ricorso, non trova, comunque, alcun riscontro nella sentenza
impugnata, la quale ha accertato il dato obiettivo della
irregolarità della procura che l’avv. Zoda si era fatto
rilasciare dagli odierni ricorrenti, senza che da tale elemento

su alcun punto relativo alla responsabilità professionale del
medesimo. Sicché l’osservazione compiuta dai ricorrenti è priva
di qualsivoglia valore ai fini che oggi interessano.
2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento
all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e
dell’art. 324 del codice di procedura civile.
Rilevano i ricorrenti, innanzitutto, che nell’unico motivo
di appello essi avevano fatto presente alla Corte territoriale,
in relazione alla causa di riscatto agrario patrocinata
dall’avv. Zoda, che il ricorso da questi proposto avrebbe avuto
la sostanziale certezza di essere accolto, anche perché non
sussisteva alcun contrasto di giurisprudenza sul punto.
Nonostante ciò, la Corte nissena non aveva esaminato il merito
del gravame, sul rilievo che i ricorrenti non avevano confutato,
nell’atto di appello, le argomentazioni ulteriori poste a
fondamento del rigetto della domanda. In tal modo, però, la
sentenza impugnata avrebbe dimenticato che il giudicato si forma
sui capi di una pronuncia non sottoposti a tempestiva
6

– fuori discussione – possa trarsi l’esistenza di un giudicato

impugnazione, e non sulle singole argomentazioni esposte
nell’unico capo di domanda.
Quanto al difetto di motivazione, i ricorrenti osservano che
la pronuncia della Corte d’appello avrebbe omesso ogni
motivazione circa il punto controverso, oggetto della causa di

in cui si colloca l’acquisto della proprietà da parte di chi
esercita il diritto di prelazione agraria.
3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.,
insufficiente motivazione su di un punto decisivo della
controversia.
Si afferma, in proposito, che la sentenza impugnata non
avrebbe dato conto in modo adeguato del perché il giudizio
amministrativo promosso dall’avv. Zoda davanti al TAR si sarebbe
concluso comunque in modo negativo per i ricorrenti. In
particolare, la motivazione sarebbe insufficiente in ordine al
punto costituito dal diritto dei ricorrenti di costruire in
aderenza, sul confine o a distanza inferiore da quella legale.
In altre parole, quindi, non poteva affatto dirsi pacifico che,
ove il professionista si fosse fatto rilasciare una valida
procura, ciò non avrebbe comunque condotto all’accoglimento del
ricorso giurisdizionale dal medesimo proposto davanti al TAR.

7

riscatto agrario patrocinata dall’avv. Zoda, relativo al momento

4.

I due motivi, da trattare congiuntamente poiché

affrontano i medesimi problemi, sono entrambi privi di
fondamento.
4.1. Questa Corte, con giurisprudenza ormai consolidata, ha
affermato che la responsabilità del prestatore di opera

svolgimento dell’attività professionale presuppone la prova del
danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed
il pregiudizio del cliente e, in particolare, trattandosi
dell’attività dell’avvocato, l’affermazione della responsabilità
per colpa professionale implica una valutazione prognostica
positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione
giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente
seguita; tale giudizio, da compiere sulla base di una
valutazione necessariamente probabilistica, è riservato al
giudice di merito, con decisione non sindacabile da questa Corte
se adeguatamente motivata ed immune da vizi logici (così, fra le
altre, le sentenze 9 giugno 2004, n. 10966, 27 marzo 2006, n.
6967, 26 aprile 2010, n. 9917, e 5 febbraio 2013, n. 2638).
Occorre soltanto aggiungere, in proposito, che nelle cause
di responsabilità professionale nei confronti degli avvocati, la
motivazione del giudice di merito in ordine alla valutazione
prognostica circa il probabile esito dell’azione giudiziale che
è stata malamente intrapresa o proseguita è una valutazione
diritto,

in

fondata su di una previsione probabilistica di
8

intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente

contenuto tecnico giuridico. Ma nel giudizio di cassazione tale
valutazione, ancorché in diritto, assume i connotati di un
giudizio di merito, il che esclude che questa Corte possa essere
chiamata a controllarne l’esattezza in termini giuridici.
Alla luce di questa giurisprudenza – che merita integrale

territoriale non è affatto incorsa nella violazione di legge che
i ricorrenti prospettano col primo motivo di ricorso.
4.2. Va osservato, intanto, che, avendo il presente giudizio
ad oggetto la responsabilità professionale relativa a due
diverse cause promosse dall’avv. Zoda in favore degli odierni
ricorrenti, la violazione di legge di cui al primo motivo
riguarda solo uno di tali giudizi, ossia quello di riscatto
agrario. La sentenza impugnata, secondo i ricorrenti, avrebbe
violato le norme in tema di giudicato, in quanto non avrebbe
tenuto presente che il medesimo si forma sui singoli capi di una
pronuncia e non sulle singole argomentazioni ivi contenute.
In realtà, invece, la Corte territoriale non è affatto
incorsa in tale errore. Essa ha affermato – con motivazione
correttamente argomentata e priva di vizi logici – che nell’atto
di appello gli odierni ricorrenti si erano limitati a censurare
solo una delle rationes decidendi contenute nella pronuncia di
primo grado, ossia quella relativa al momento in cui avviene
l’acquisto del diritto di proprietà in favore del soggetto che
esercita la prelazione agraria. Ed infatti su tale argomento i
9

,9j-

“1-

conferma nella sede odierna – la sentenza della Corte

ricorrenti ritornano ampiamente anche nella sede odierna; non
tenendo presente che la sentenza impugnata, nel condividere
quella di primo grado, ha evidenziato che la scarsa probabilità
di accoglimento del ricorso per cassazione redatto dall’avv.
Zoda derivava anche da una serie di ulteriori ed autonome

mezzadro che non aveva rinunciato alla prosecuzione del rapporto
nonché la mancanza di prova, da parte degli odierni ricorrenti,
del possesso degli altri requisiti di legge per esercitare il
riscatto agrario. Non avendo gli appellanti censurato tali
ulteriori argomentazioni della sentenza di primo grado, la Corte
di Caltanissetta ha ritenuto di potersi esimere dall’esame del
relativo motivo di gravame.
Non c’è, quindi, alcuna lesione dei principi in tema di
giudicato; la Corte d’appello non ha sostenuto che si fosse
formato il giudicato sulle

argomentazioni poste dal giudice di

primo grado, ma solo che l’appello conteneva una contestazione
parziale delle ragioni sulle quali il Tribunale aveva respinto
la domanda contro il professionista, sicché essa si poteva
esimere dall’esaminare il merito della censura. Da quanto detto
deriva l’infondatezza del primo motivo, perché la censura in
diritto – come si è visto – è insussistente, come pure non
esiste alcun vizio di motivazione, giacché la Corte non è
incorsa in una omissione totale, come pretendono i ricorrenti.

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circostanze, quali la presenza sul terreno in oggetto di un

5. Quanto, invece, alle censure di cui al secondo motivo di
ricorso – avente ad oggetto il giudizio promosso dall’avv. Zoda
davanti al TAR di Palermo – rileva il Collegio che le medesime,
oltre a non contenere alcun momento di sintesi necessario ai
sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile alla
ratione temporis,

si

risolvono comunque nel

tentativo di ottenere da questa Corte un

diverso

giudizio

prognostico circa il probabile esito del ricorso giurisdizionale
proposto dal professionista in favore degli odierni ricorrenti.
La Corte territoriale, infatti, ha premesso che l’avv. Zoda
aveva intrapreso, in favore degli odierni ricorrenti, due
giudizi che avevano ad oggetto l’annullamento del provvedimento
di sospensione di una concessione edilizia e l’annullamento del
provvedimento di revoca della medesima. Ciò posto, con una
valutazione che, secondo quanto detto in precedenza, è di
merito, ancorché di contenuto giuridico, la Corte nissena è
pervenuta alla conclusione che il provvedimento di concessione
si basava su di un erroneo presupposto di fatto, ossia che gli
Amico avessero diritto di costruire in aderenza poiché la
costruzione dei vicini si trovava sul confine; il che implicava
che i ricorsi giurisdizionali davanti al TAR sarebbero stati
quasi certamente respinti.
Si tratta, com’è evidente, di una valutazione di merito
correttamente argomentata e priva di vizi logici, la quale

11

9J

fattispecie

dimostra l’infondatezza dell’odierna censura posta in termini di
vizio di motivazione.
6. In conclusione, il ricorso è rigettato.
A tale pronuncia segue la condanna dei ricorrenti, in solido
fra di loro, al pagamento delle spese del giudizio di

dal decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, sopravvenuto a
disciplinare i compensi professionali.
PER QUESTI moTrvI
La Corte

rigetta

il ricorso e

condanna

i ricorrenti in

solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate in complessivi euro 5.200, di cui euro 200 per spese,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 13 dicembre 2013.

cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti

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