Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33548 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 18/12/2019), n.33548

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30998-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE C.F. (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

e contro

A.R., nella qualità di erede di C.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 768/24/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, depositata il 19/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

all’allora contribuente, ora deceduto, C.A., veniva notificato nel 2011, in qualità di socio della società “Trademilia” s.r.l., cancellata dal registro delle imprese nel 2005, un avviso di accertamento intestato alla predetta società e riguardante l’IVA e l’IRES relativi al 2004;

nel 2012 gli veniva notificato, in qualità di socio e amministratore della predetta società cancellata, un atto di accertamento di responsabilità D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 36, oggetto del presente giudizio, con il quale l’Ufficio chiedeva il pagamento delle imposte e delle sanzioni addebitate alla società con il precedente avviso di accertamento, in proporzione alla quota di partecipazione alla società cessata (90% del capitale sociale);

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente;

la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate, ritenendo che l’avviso notificato nel 2011, in quanto emesso a carico di una società ormai già estinta, sia illegittimo e conseguentemente lo è per derivazione quello notificato nel 2012 al socio, perchè nessun atto poteva essere emesso in capo alla società cancellata dal registro delle imprese e di conseguenza il successivo atto di accertamento della responsabilità del socio è privo di qualsiasi fondamento;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un unico motivo mentre la parte contribuente non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 2495 e 36, in quanto con la cancellazione della società i debiti si trasferiscono ai soci ed è pertanto legittima la condotta dell’Ufficio che, dopo aver emesso un avviso di accertamento nei confronti della società contribuente ormai estinta, abbia successivamente notificato al socio un avviso di responsabilità, atto autonomo rispetto all’avviso di accertamento nei confronti della società, sia pure se notificato al socio;

considerato che dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (Cass., SU, 12 marzo 2013, n. 6070; Cass. 15 gennaio 2016, n. 23269);

in tema di effetti della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti, il disposto dell’art. 2495 c.c., comma 2, implica che l’obbligazione sociale non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione (Cass. n. 15474 del 2017);

considerato inoltre che:

in tema di riscossione, la responsabilità dei liquidatori e degli amministratori per le imposte non pagate con le attività della liquidazione, prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, trova la sua fonte in un’obbligazione civile propria “ex lege” in relazione agli artt. 1176 e 1218 c.c., sicchè, non avendo natura strettamente tributaria, a carico dei predetti non vi è alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari per effetto della cancellazione della società dal registro delle imprese (Cass. n. 17020 del 2019);

ritenuto che la CTR non si è attenuta a tali principi laddove ha arbitrariamente attribuito rilevanza ad un precedente avviso di accertamento notificato al socio ma erroneamente intestato alla società ormai da tempo estinta facendone immotivatamente derivare l’illegittimità della successiva notifica dell’atto di accertamento al socio, così eludendo l’applicazione dei principi secondo cui alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società di capitali estinta, determinandosi invece un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società (nella specie l’IVA e l’IRES relativi al 2004, quando la società non era ancora estinta) non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione e senza che l’aver rivestito la carica di amministratore determini una estensione di tale responsabilità per i debiti tributari oltre tali limiti;

ritenuto dunque che il motivo è fondato e pertanto il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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