Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33544 del 28/12/2018

Cassazione civile sez. II, 28/12/2018, (ud. 12/10/2018, dep. 28/12/2018), n.33544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7415-2016 proposto da:

A.A., rappresentata e difesa dall’Avvocato MICHELE

COLUCCI, ed elettivamente domiciliata, presso lo studio dell’Avv.

Luigi Patricelli, in ROMA, VIA ARCHIMEDE 143;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, e

PREFETTURA di FOGGIA, in persona del Prefetto in carica,

rappresentati e difesi ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE dello STATO

ed elettivamente domiciliati presso i cui uffici in ROMA, VIA dei

PORTOGHESI 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 233/2015 del GIUDICE di PACE di LUCERA,

depositata il 16/06/2015; e avverso l’ordinanza R.G. n. 2015/5241

del TRIBUNALE di FOGGIA, resa il 13.01.2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2018 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato in data 20.3.2015, ai sensi dell’art. 205 del C.d.S., avanti al Giudice di Pace di Lucera, A.A. proponeva opposizione all’ordinanza-ingiunzione n. 5775/2015, emessa dalla PREFETTURA di FOGGIA in data 24.2.2015, con la quale si disponeva la sospensione della patente di guida dell’opponente per 12 mesi, ai sensi dell’art. 223 C.d.S., comma 1, ordinando la sottoposizione della medesima a visita medica ai sensi dell’art. 119 C.d.S..

Con sentenza n. 233/2015, depositata in data 16.6.2015, il Giudice di Pace di Lucera rigettava il ricorso e per l’effetto confermava il decreto prefettizio, compensando le spese di lite.

Avverso detta sentenza A.A. proponeva appello avanti al Tribunale di Foggia, che con ordinanza del 13.1.2016, comunicata via pec il 18.1.2016 e notificata il 10.3.2016, dichiarava l’inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c.condannando l’appellante alle spese di lite, liquidate in Euro 4.487,00, oltre spese generali, IVA e CPA.

Avverso la sentenza n. 233/2015 del Giudice di Pace di Lucera e avverso l’ordinanza del 13.1.2016 resa dal Tribunale di Foggia, propone ricorso per cassazione A.A. sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria; resistono il Ministero dell’Interno e la prefettura di Foggia con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la “Nullità per motivazione apparente della sentenza del Giudice di Pace (per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, poichè la sentenza di primo grado non sarebbe motivata e comunque sarebbe stata adottata sulla base di una motivazione meramente apparente, talmente succinte sono le ragioni poste a fondamento.

1.2. – Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la “Nullità per omessa motivazione della sentenza del Giudice di Pace (nullità per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, là dove la sentenza impugnata omette ogni motivazione circa la carenza di responsabilità della ricorrente nell’incidente stradale, verificatosi a causa delle particolari condizioni atmosferiche (grandine).

1.3. – Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la “Manifesta e irriducibile contraddittorietà della sentenza del Giudice di Pace (nullità per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” in quanto la sentenza gravata opera una paese confusione nel ricondurre il provvedimento prefettizio all’art. 223 C.d.S., comma 1, che disciplina gli incidenti stradali che abbiano causato lesioni personali, mentre la fattispecie rientrerebbe nel comma 2 della citata norma; la sentenza fa quindi rientrare l’ipotesi dedotta in giudizio tra quelle per le quali l’intervento dell’autorità amministrativa costituisce un atto dovuto che impone la sospensione della patente, quando così non è.

1.4. – Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta la “Nullità per omessa pronuncia dell’ordinanza del Tribunale in sede di appello (nullità della sentenza o del procedimento, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”. Secondo la ricorrente la nullità della sentenza di primo grado dovrà travolgere anche l’ordinanza del Tribunale di Foggia, della quale rileva la nullità, in quanto erroneamente ritiene sussistenti le condizioni per dichiarare l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., apparendo – a suo dire – palesemente infondato il motivo di gravame con cui l’appellante ha eccepito che il Giudice di primo grado non avrebbe acquisito la prova certa della commissione del reato di cui all’art. 187 C.d.S., per la cui integrazione, oltre al risultato positivo dell’esame delle urine, sarebbe stata necessaria la constatazione di dati sintomatici dello stato di alterazione delle condizioni psico-fisiche provocato dall’assunzione di sostanze stupefacenti.

1.5. – Con il quinto motivo, la ricorrente deduce la “Nullità per erronea liquidazione delle competenze legali da parte dell’ordinanza del Tribunale (violazione o falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, poichè sarebbero state liquidate competenze per attività non svolte, e lo stesso Giudicante ha precisati di aver liquidato le fasi di studio, introduttiva e di trattazione, mentre il procedimento non si è spinto oltre la fase preliminare a quella introduttiva.

2. – Pregiudizialmente, va rilevato che la ricorrente ha impugnato congiuntamente in cassazione sia la declaratoria di inammssibilità dell’appello (in mancanza di una ragionevole probabilità che questo fosse accolto) pronunciata dal Tribunale di Foggia con ordinanza ai sensi degli artt. 348 bis e ter c.p.c., sia la sentenza di primo grado del Giudice di Pace di Lucera, giusto il disposto del terzo comma del citato art. 348 ter c.p.c.

2.1. – Quanto al provvedimento del Tribunale, sovviene il principio secondo cui l’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 ter c.p.c. non è ricorribile per cassazione, nemmeno ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, attesa la natura complessiva del giudizio “prognostico” che la caratterizza, necessariamente esteso a tutte le impugnazioni relative alla medesima sentenza ed a tutti i motivi di ciascuna di queste, ponendosi, eventualmente, in tale ipotesi, solo un problema di motivazione (Cass. sez. un. n. 1914 del 2916). Nella specie, l’ordinanza del giudice d’appello non contiene critiche alla decisione di primo grado, riferite all’eventuale inesattezza della motivazione, ovvero alla sostituzione di diversa argomentazione in punto di fatto o di diritto, o alla formulazione di diverse rationes decidendi; pertanto essa non possiede quel contenuto sostanziale decisorio di sentenza di merito, che ne consentirebbe l’autonoma impugnazione in cassazione nella parte in cui abbia aggiunto ed integrato la motivazione del giudice di prime cure (cfr. Cass. n. 5655 del 1918; cfr. Cass. n. 3023 del 2018).

Di conseguenza deve essere dichiarato inammissibile il ricorso in cassazione contro di essa, con ciò determinandosi la correlata conseguente inammissibilità dei motivi quarto e quinto del ricorso, in quanto riguardanti profili di dedotta illegittimità della sola ordinanza del Tribunale in appello.

2.2. – Quanto al congiunto ricorso contro la sentenza di primo grado, la proponibilità dello stesso è, viceversa, espressamente prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 3 che prevede che, allorquando sia pronunciata l’inammissibilità dell’appello, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, a norma dell’art. 360 c.p.c., ricorso per cassazione; in tal caso, il termine per il ricorso medesimo decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità, applicandosi l’art. 327 in quanto compatibile.

Orbene, nella specie, a fronte della comunicazione alla parte dell’ordinanza del Tribunale (che la ricorrente indica avvenuta via PEC in data 18/1/2016), nonchè della notificazione (in data 10/3/2016: v. ricorso pag. 1) risulta tempestiva e rituale la notifica del ricorso in cassazione a mezzo posta il 30/3/2016, effettuata presso la sede centrale dell’Avvocatura Generale dello Stato.

3. – In ragione della connessione logico-giuridica dei motivi primo, secondo e terzo del ricorso (v. sub 1.1., 1.2. e 1.3.) gli stessi vanno congiuntamente esaminati e decisi.

3.1. – Gli stessi non sono fondati.

3.2. – Il Giudice di Pace di Lucera motiva la dichiarata infondatezza della impugnata ordinanza-ingiunzione sull’assunto che “risulta dal complesso degli atti prodotti dalle parti che la Prefettura di Foggia ha legittimamente applicato l’art. 223 C.d.S., comma 1 che impone la sospensione della patente di guida nel momento in cui gli organi accertatori intervenuti a verificare le condizioni psico-fisiche di un soggetto che si trova alla giuda di un autoveicolo, ipotizzino l’esistenza di un reato. Nel caso di specie i risultati delle analisi affettuate, praticamente nella immediatezza dei fatti, da parte di una struttura sanitaria, risultano inequivocabili avendo attestato la positività all’uso di sostanze stupefacenti”.

La motivazione (per vero sintentica, ma non già apparente, nè immotivata, nè contraddittoria) risulta viceversa completa quanto alla affermazione della configurabilità di tutti i presupposti necessari per la irrogazione della sanzione amministrativa accessoria (e cautelare) della sospensione provvisoria della patente di giuda, in coerenza con quanto disposto dall’art. 223 C.d.S., comma 1, ai sensi del quale “Nelle ipotesi di reato per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione o della revoca della patente di guida, l’agente o l’organo accertatore della violazione ritira immediatamente la patente e la trasmette, unitamente al rapporto, entro dieci giorni, tramite il proprio comando o ufficio, alla prefettura-ufficio territoriale del Governo del luogo della commessa violazione. Il prefetto, ricevuti gli atti, dispone la sospensione provvisoria della validità della patente di guida, fino ad un massimo di due anni. Il provvedimento, per i fini di cui all’art. 226, comma 11, è comunicato all’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida”.

3.3. – Risulta pertanto evidente che la sospensione della patente, nelle ipotesi di reato per le quali è prevista come sanzione amministrativa accessoria, costituisce atto dovuto, svincolato da qualsiasi valutazione di merito in relazione all’evento che ha causato l’incidente occorso (che potrebbe, come nella specie, non essersi verificato); laddove, in ragione del carattere cautelare del provvedimento, questo non è (e non potrebbe essere) basato sulla certezza della responsabilità (che riguarda i provvedimenti adottati successivamente in sede penale) ma sulla sussistenza dei presupposti da parte degli organi accertatori.

Nella specie, dunque, si configura prima facie quantomeno l’ipotesi del reato di cui all’art. 187 C.d.S., comma 1 in base al quale è punito “Chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope (…). All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni”. L’esistenza di detti elementi è correttamente richiamata nella sentenza impugnata. Laddove, poi, la contravvenzione di cui al citato art. 187, comma 1, costituisce presupposto della relativa sospensione provvisoria, ai sensi dell’art. 223 c.p.c., comma 1, per il sol fatto della guida in stato di alterazione per assunzione di stupefacenti, a prescindere dall’essersi verificato o meno un sinistro in ragione di ciò; sicchè le pur ampie considerazioni svolte dalla ricorrente in ordine alla assenza di propria responsabilità nel sinistro occorso non assumono rilievo e non inficiano il corretto richiamo alla sussistenza dei presupposti necessari per l’adozione della misura cautelare.

4. – Questa Corte ha affermato che il provvedimento di sospensione provvisoria della patente integra gli estremi dell’atto dovuto, la cui discrezionalità è limitata alla durata della misura, e da cui esula ogni valutazione sull’elemento soggettivo, essendo consentito al Prefetto il solo accertamento che la violazione contestata rientri fra i reati previsti dalle norme citate. Del tutto indipendente dalla prognosi sull’accertamento della responsabilità penale del soggetto utente della strada, il provvedimento in questione ha natura di misura provvisoria di polizia a contenuto cautelare. Essa prescinde, per sua stessa definizione, dall’accertamento dell’illecito penale nei suoi elementi costitutivi, in quanto, essendo strumentale all’applicazione della sanzione della sospensione o della revoca, è volta ad impedire nel frattempo al conducente di costituire fonte di ulteriori pericoli per la circolazione (Cass. n. 27559 del 2014; cfr. Cass. n. 10176 del 2001, non massimata). Rimane dunque privo di conseguenze di sorta ai fini in questione l’esito del processo penale svoltosi a carico della ricorrente, documentato dalla sentenza d’assoluzione, prodotta con la memoria ex art. 378 c.p.c.In disparte l’inammissibilità della produzione (non consentita con la memoria illustrativa del ricorso, con la quale può prodursi solo la documentazione necessaria a provare il giudicato esterno), resta non scalfita la perfetta autonomia tra la misura cautelare di polizia emessa dal Prefetto e l’accertamento della responsabilità penale dell’utente della strada, la prima producendo i propri effetti immediati a prescindere dall’esito del processo penale (Cass. n. 27559 del 2014).

5. – Pertanto, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso contro l’ordinanza del Tribunale di Foggia, nonchè la conseguente inammissibilità dei motivi quarto e quinto del ricorso medesimo. Va rigettato il ricorso contro la sentenza del Giudice di Pace di Lucera, nei motivi primo, secondo e terzo. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va emessa altresì la dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto contro l’ordinanza del Tribunale di Foggia, nei motivi quarto e quinto. Rigetta il ricorso contro la sentenza del Giudice di Pace di Lucera, nei motivi primo, secondo e terzo. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 800,00 per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2018

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