Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33543 del 18/12/2019
Cassazione civile sez. VI, 18/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 18/12/2019), n.33543
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25319-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (OMISSIS), in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
CONCERIA FRATELLI ROSATI SRL, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VICO
GIAMBATTISTA 22, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO
FRUSCIONE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MARCO TURCI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1010/25/017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di GENOVA, depositata il 11/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 23/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO
DELLA PRISCOLI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
l’Agenzia delle dogane emetteva nei confronti della Conceria Fratelli Rosati s.r.l., della CAD La Spezia s.r.l. e della Franco Vago s.p.a. un atto di contestazione tributaria per violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, – conseguente ad avviso di rettifica dell’accertamento emesso dall’Ufficio per la mancata introduzione fisica delle merci nel deposito fiscale della società Franco Vago;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società contribuente avverso il suddetto avviso di contestazione, dichiarando dovuta la sanzione nella misura prevista del D.Lgs. n. 471 del 1997, artt. 6 e 9 bis – determinandola in Euro 5.049,38;
la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle dogane ritenendo che in assenza di frode, se un soggetto passivo abbia beneficiato del regime agevolato versando l’imposta tramite reverse charge all’atto dell’estrazione dei beni in deposito e non in dogana al momento dell’importazione, si configura la violazione di un obbligo di natura formale consistente nel tardivo versamento dell’imposta, che non mette in discussione il diritto alla detrazione e merita di essere punito con sanzione proporzionata alla natura e alla gravità dell’illecito (individuata nel caso di specie nel 3% del tributo, ritenendo eccessiva quella del 30% applicata dall’Agenzia delle dogane), conformemente all’insegnamento di Cass. n. 17814 del 2015, la quale a sua volta ha recepito i principi della sentenza C-272-13 della Corte di Giustizia;
l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso affidato ad un motivo mentre la società contribuente si costituiva con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 9 bis, e art. 13, ritenendo che in caso di ritardo nel versamento dell’imposta la sanzione amministrativa dovuta sia quella prevista dal citato art. 13;
considerato che, secondo questa Corte:
l’utilizzo da parte dell’importatore dei depositi fiscali in via meramente virtuale per finalità solo contabili, pur non consentendo il recupero dell’imposta, anche ove tardivamente assolta, con il meccanismo del “reverse charge”, legittima, in ragione dello scarto temporale tra la dichiarazione e l’autofatturazione, l’applicazione della sanzione ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, nel rispetto però del principio di proporzionalità, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, in C-272/13 (Cass. n. 24447 del 2018);
l’Amministrazione finanziaria non può pretendere il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 50-bis, comma 4, lett. b), conv., con modif., dalla L. n. 427 del 1993, qualora costui abbia già provveduto all’adempimento, sebbene tardivo, dell’obbligazione tributaria nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile mediante un’autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite, atteso che la violazione del sistema del versamento dell’IVA, realizzata dall’importatore per effetto dell’immissione solo virtuale della merce nel deposito, ha natura formale e non può mettere, pertanto, in discussione il suo diritto alla detrazione, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, in C-272/13, a tenore della quale detta violazione può essere punita, in relazione allo scarto temporale tra la dichiarazione e l’autofatturazione, con una specifica sanzione del D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13, per il ritardo – non fissa e che può consistere anche nel computo degli interessi di mora, purchè sia rispettato il principio di proporzionalità la cui adeguata determinazione, implicando un accertamento di fatto, compete al giudice di merito (Cass. nn. 12506 e 12507 del 2019; n. 28725 del 2018; n. 21275 del 2017);
la sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, applicabile all’importatore che si sia avvalso del sistema di sospensione del versamento dell’imposta all’importazione senza immettere materialmente la merce nel deposito fiscale, deve essere disapplicata per contrarietà al diritto comunitario, così come interpretato dalla Corte di Giustizia nella sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13 Equoland, ove ecceda, in ragione della percentuale fissata per la maggiorazione e dell’impossibilità di graduarne la misura alle circostanze concrete, il limite necessario per assicurare l’esatta riscossione ed evitare l’evasione, atteso che, tenuto conto della natura formale della violazione, potrebbero costituire un’adeguata sanzione anche i soli interessi moratori (nella specie, la Cassazione ha cassato la sentenza con cui il giudice di merito aveva confermato la sanzione irrogata dall’ufficio ed ha rimesso al giudice di rinvio la valutazione della proporzionalità della sanzione, Cass. 17814 del 2015);
ritenuto che la CTR non si attenuta ai suddetti principi laddove, nel fare applicazione di quello di proporzionalità della sanzione, ha però adottato quale sanzione base quella diversa prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, artt. 6 e 9 bis, anzichè quella di cui al citato art. 13;
considerato peraltro che, insieme al controricorso, il contribuente ha prodotto copia della distinta di un bonifico dell’importo di 10.968,15 Euro pagato dalla Franco Vago s.p.a. destinato al pagamento della stessa sanzione di cui era oggetto il contribuente ma ovviamente il pagamento da parte di uno dei coobbligati solidali estingue il debito anche nei confronti degli altri (Cass. n. 3105 del 2019 e Cass. n. 21686 del 2017) solo se l’importo pagato sia corretto, ossia corrisponda a quanto effettivamente occorra pagare, mentre nella specie ciò non è in quanto tale pagamento si riferisce alla sanzione determinata dalla CTR ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, artt. 6 e 9 bis, anzichè quella di cui all’art. 13 stesso testo normativo, cosicchè non può accogliersi la richiesta di dichiarazione di cessazione della materia del contendere contenuta nel controricorso;
ritenuto pertanto che il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019