Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33524 del 27/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 30/11/2018, dep. 27/12/2018), n.33524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22480/2012 R.G. proposto da

C.G., rappresentato e difeso dall’avv. Antonia De Lisio e

dall’avv. Massimo Ingravalle, elettivamente domiciliato in Roma, via

Fulcieri Paulucci Di Calboli n. 9, presso lo studio dell’avv.

Francesco de Leonardis.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, sezione n. 14, n. 26/14/12, pronunciata il 4/11/2011,

depositata il 10/02/2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 novembre

2018 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

RILEVATO

che:

1. G.C. ricorre, sulla base di due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia (in seguito: CTR), in epigrafe, che – nella causa avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento, per IRPEF, IRAP, ADD. REG., ADD. COM. che, in seguito ad indagini bancarie D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, all’esame della documentazione prodotta dall’interessato e alla notifica di un questionario, recuperava a tassazione, per l’anno d’imposta 2005, maggiori redditi non dichiarati, derivanti dall’attività di medico convenzionato coll’ASL esercitata dal contribuente – in parziale accoglimento dell’appello dell’Ufficio, ha quantificato in Euro 42.780,00 le somme, accreditate sui conti correnti del contribuente, della cui provenienza l’interessato non aveva fornito una plausibile giustificazione, quale base imponibile della ripresa fiscale;

in particolare, la CTR, per quanto ancora rileva, prima di esaminare nel merito la fondatezza della pretesa erariale e di rideterminarne l’ammontare, ha respinto l’eccezione del contribuente di nullità dell’avviso di accertamento perchè emesso senza la preventiva notifica del processo verbale di constatazione, in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12,comma 1, ritenendo la detta notifica del PVC non necessaria per tutti i tipi di accertamento, ma solo per quelli, diversi dall’atto impositivo in esame, che conseguono agli accessi, alle ispezioni e alle verifiche nei locali del contribuente;

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si denunciano la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, in cui sarebbe incorso la Commissione pugliese per avere escluso la necessità della notifica al contribuente, da parte dell’Organo di controllo, del processo verbale di constatazione, prima dell’emissione dell’atto impositivo;

1.1. il motivo è infondato;

come hanno chiarito, di recente, le sezioni unite di questa Corte, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini IRPEG ed IRAP, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini c.d. “a tavolino” (Cass. sez. un. 9/12/2015, n. 24823; in senso conforme, ex multis: Cass. 27/02/2018, n. 11560);

la CTR, uniformandosi a questo principio di diritto, ha negato la necessità che l’atto impositivo fosse preceduto dalla notifica al contribuente di un processo verbale, redatto dall’Amministrazione finanziaria, poichè non vi era stata alcuna verifica fiscale nei locali destinati all’esercizio dell’attività professionale dell’interessato, al quale l’avviso era stato notificato in seguito ad indagini “a tavolino”, consistite in verifiche sui conti correnti bancari del contribuente medesimo che, dal canto suo, aveva prodotto documentazione ed al quale l’Agenzia aveva inoltrato un questionario;

2. con il secondo motivo, sotto la rubrica: “Omessa/insufficiente motivazione, relativamente all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 12.” si fa valere l’omessa pronuncia, addebitabile alla CTR, sul rilievo riguardante il mancato rispetto, da parte dell’Ufficio, del termine dilatorio di 60 giorni, dalla conclusione delle operazioni di verifica, prima dell’emissione dell’atto impositivo;

2.1. il motivo è inammissibile;

per un verso, la doglianza che cumula in sè, in modo non consentito, due censure reciprocamente incompatibili quali l’omessa e l’insufficiente motivazione; per altro verso, sotto l’egida del vizio dell’apparato argomentativo della decisione, il ricorrente denuncia, in realtà, l’omessa pronuncia sulla questione di diritto (che egli asserisce di avere prospettato già nel giudizio di primo grado) della necessità di concessione, al contribuente, del termine dilatorio di 60 giorni, prima che sia emesso l’avviso di accertamento, in conformità della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7,;

3. ne consegue il rigetto del ricorso;

4. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a pagare all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.300,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018

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