Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33521 del 27/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 30/11/2018, dep. 27/12/2018), n.33521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13415/2012 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

S.I.T.A.T. Srl, rappresentata e difesa dall’avv. Gualtiero Cannavò,

elettivamente domiciliata presso il suo studio in Messina, via

Camiciotti n. 13.

– controricorrente, ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, sezione n. 26, n. 20/26/11, pronunciata il 26/01/2010,

depositata il 7/04/2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 novembre

2018 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate di Messina notificò, in data 17/12/2003, alla SITAT Srl, un avviso di accertamento che recuperava a tassazione, ai fini IRREG e ILOR, per l’annualità 1997, maggiore reddito d’impresa pari a lire 895.808.000 (Euro 462.646,22), sulla scorta di due processi verbali di constatazione (del 1998 e del 2000) della Guardia di Finanza che proponevano la ripresa fiscale di alcuni costi indeducibili e di componenti positivi non dichiarati, ossia: 1) due fatture, complessivamente di lire 44.820.140 (Euro 23.147,67), emesse dalla Griffe Ceramiche Snc per l’acquisto di beni non inerenti all’attività d’impresa; 2) l’importo di lire 13.468.000 (Euro 6.955,94) per spese fatturate da professionisti (arch. R.C.), perchè relative ad altra annualità (1996); 3) la fattura n. 1/97 del 2/01/1997, di lire 300.000.000 (Euro 154.937,06), emessa dalla ditta A.S., quale costo indeducibile perchè riguardante lavori ultimati nel 1996; 4) la fattura n. 2/97, di lire 33.333.333 (Euro 17.215,22), emessa dalla Saratoga Srl, quale costo indeducibile perchè relativo ad operazione soggettivamente inesistente, non disponendo la Saratoga Srl delle attrezzature, degli impianti, dei macchinari e delle maestranze necessari per eseguire i lavori fatturati; 5) la fattura, di lire 187.695.300 (Euro 96.936,53), emessa dalla ditta Mastroeni Tindara, quale operazione inesistente; 6) l’importo di lire 59.468.053 (Euro 30.712,68) registrato nel conto “Assicurazioni”, quale quota non di competenza del 1997; 7) la voce di lire 20.266.234 (Euro 10.466,63), registrata nel conto “Compensi ad Amministratori”, relativa alla quota dell’emolumento dell’organo amministrativo non corrisposta nel 1997; 8) l’importo di lire 178.647.400 (Euro 92.263,68), a titolo di interessi su finanziamenti fruttiferi concessi, nell’esercizio 1997, a società collegate;

SITAT Srl impugnò l’avviso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Messina che, con sentenza n. 747/08/2005, in parziale accoglimento del ricorso, riconobbe esclusivamente la legittimità della deduzione del corrispettivo pagato alla ditta A.S. e del compenso dell’amministratore;

tale decisione è stata impugnata, con appello principale, dall’Ufficio, con appello incidentale, dalla contribuente;

2. la Commissione tributaria regionale della Sicilia (in seguito: CTR), con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello dell’Agenzia e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale della società, ha confermato: “il solo recupero a tassazione degli interessi attivi sui finanziamenti alle ditte collegate.”;

3. per un verso, la CTR ha respinto l’appello dell’Ufficio ritenendo: a) legittima la deduzione del corrispettivo spettante alla ditta A.S. poichè, trattandosi d’appalto eseguito nel 1996, la certezza del costo poteva ritenersi acquisita solo dopo la verifica, da parte della committente, della regolare esecuzione delle opere, il che era avvenuto nel 1997; b) legittima la deduzione, nel 1997, del compenso dell’amministratore che, seppure non interamente corrisposto nella stessa annualità, era stato deliberato proprio nel 1997;

4. per altro verso, in merito all’appello incidentale di SITAT Srl, il giudice di secondo grado ha riconosciuto la legittimità della deduzione: a) del costo rappresentato dalle fatture emesse dalla ditta Mastroeni Tindara, per l’esistenza di un precedente giudicato, della stessa Commissione regionale (sentenza n. 16/26/2009), che statuiva il regolare utilizzo delle fatture, a prescindere dalla circostanza che la stessa ditta avesse commesso delle irregolarità che, comunque, non erano addebitabili a SITAT Srl; b) del costo di cui alla fattura emessa dalla Saratoga Srl, sul presupposto, accertato con una perizia tecnico-contabile d’ufficio, che la contribuente avesse effettivamente sostenuto i relativi esborsi; c) dei costi di cui alla fattura emessa dalla Griffe Ceramiche, per rifiniture ed accessori degli immobili commercializzati; d) del costo per prestazioni professionali dell’arch. R.C.; d’altro canto, invece, la stessa decisione ha confermato il recupero a tassazione degli interessi attivi maturati su finanziamenti fruttiferi che SITAT Srl aveva concesso, nel 1997, a società collegate, valorizzando un precedente giudicato dello stesso giudice regionale (sentenza n. 108/26/2008);

5. per la cassazione ricorre l’Agenzia delle entrate, sulla base di nove motivi; SITAT SrI resiste con controricorso; a sua volta, la contribuente propone ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo;

la società ha depositato una memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c.;

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso principale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 75 T.U.I.R. (vigente ratione temporis), con riferimento al recupero fiscale delle opere fatturate da A.S., sul presupposto che le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute alla data in cui le prestazioni sono ultimate (art. 75 T.U.I.R., comma 2, lett. b) e che, conseguentemente, le opere, ultimate nel 1996, erano di competenza di quell’anno d’imposta, non già del 1997;

1.1. il motivo è infondato;

in tema d’imputazione dei componenti negativi del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 1, (nel testo vigente “ratione temporis”), in assenza di diverse disposizioni specifiche, nel caso di incertezza nelran” o di indeterminabilità nel “quantum” di detti componenti, si applica, in deroga al generale principio di competenza, il principio di cassa, secondo cui gli stessi possono essere imputati all’esercizio in cui ne diviene certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, qualora di tali qualità fossero privi nel corso dell’esercizio di competenza (Cass. 24/05/2017, n. 13048);

la CTR si è uniformata a questo principio di diritto e, dopo avere stabilito, alla stregua di un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità (se non sotto il diverso profilo del vizio di motivazione), che il valore contrattuale delle opere oggetto dell’appalto si potesse determinare con certezza solo nel 1997, sebbene esse fossero state ultimate nel 1996, ha correttamente ravvisato l’applicabilità del principio di cassa, in luogo del generale principio di competenza;

2. con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si deduce il difetto assoluto di motivazione o la motivazione solo apparente, con riferimento al recupero del corrispettivo per prestazioni professionali dell’arch. R.C., rispetto al quale la CTR si sarebbe laconicamente uniformata all’appello incidentale della contribuente senza illustrare alcuna ratio decidendi;

2.1. il motivo è fondato;

la CTR, con riferimento a tale ripresa fiscale, senza dare conto delle ragioni del proprio convincimento, ha aderito, in modo acritico, alla linea difensiva esposta dalla contribuente nel proprio atto di gravame;

in altri termini, il percorso argomentativo della decisione impugnata è rimasto inespresso, il che impedisce il necessario controllo sulla coerenza logica del ragionamento della Commissione regionale, poichè il giudice di merito, come ha già avuto modo di affermare questa Corte, non può limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perchè questo è il solo contenuto “statico” della decisione, ma deve anche descrivere il processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della decisione stessa.” (Cass. sez. un. 19/12/2016, n. 26127);

3. con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si fa valere, in subordine, rispetto al precedente mezzo, la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 75 T.U.I.R. (vigente ratione temporis), sul presupposto che le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute alla data in cui le prestazioni sono ultimate (art. 75 T.U.I.R., comma 2, lett. b) e che, nella specie, le prestazioni professionali dell’arch. R.C. vennero rese nel 1996, per cui il corrispettivo pagato dalla società era di competenza di quell’esercizio e non del 1997;

3.1. il motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento del precedente mezzo;

4. con il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 , n. 5, si censura il difetto assoluto di motivazione o la motivazione solo apparente, con riferimento al recupero delle due fatture emesse dalla Griffe Ceramiche Snc, per l’acquisto di beni non inerenti all’attività dell’impresa, rispetto al quale la CTR si sarebbe limitata a concordare coll’appello incidentale della contribuente, senza esporre le ragioni del proprio convincimento;

4.1. il motivo è fondato;

valgono al riguardo le medesime considerazioni svolte in precedenza (cfr. p. 2.1.), poichè, anche in relazione a questa ripresa fiscale, la CTR ha omesso di esporre l’iter logico che l’ha condotta a condividere gli argomenti sottesi al gravame della società;

5. con il quinto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si lamenta la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. in quanto la CTR, nel confermare il solo recupero a tassazione degli interessi attivi sui finanziamenti alle imprese collegate, avrebbe implicitamente annullato il recupero dei costi registrati nel conto “Assicurazioni” che non era mai stato impugnato dalla contribuente, con ciò incorrendo nel vizio d’ultrapetizione, con la conseguente nullità, in parte qua, della sentenza;

5.1. il motivo è inammissibile;

esso non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale nulla ha statuito in merito alla ripresa fiscale relativo al conto “Assicurazioni”, che non è stato oggetto del tema del decidere del giudizio di merito;

6. con il sesto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si addebita alla sentenza impugnata la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 75 T.U.I.R., e dell’art. 2697 c.c. in quanto la CTR, pur avendo affermato che le fatture emesse dalla ditta Mastroeni Tindara erano soggettivamente inesistenti, visto che i lavori erano stati eseguiti da tale Z., ha ravvisato la deducibilità del costo sebbene la contribuente, gravata del relativo onere probatorio, non avesse dimostrato che le opere erano state effettivamente realizzate dall’apparente cedente”, ditta Mastroeni, il che rendeva lo stesso costo privo dei requisiti normativi della “certezza” e della “determinatezza” (o “determinabilità”);

6.1. il motivo è infondato;

la CTR, con un accertamento di fatto, ad essa insindacabilmente rimesso, ha ricostruito che le fatture in contestazione riguardavano opere “effettivamente realizzate, fatturate e legittimamente pagate” (cfr. pag. 6 della sentenza), con l’unica particolarità che dette opere erano state eseguite da tale ” Z.”, socio di fatto della Mastroeni, onde alla committente (SITAT Srl) non potevano essere addebitate eventuali irregolarità, ascrivibili, semmai, alla medesima società di fatto;

7. con il settimo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si critica l’omessa motivazione della CTR su un fatto controverso e decisivo, con riferimento alla fattura n. 2/97, emessa dalla Saratoga Srl che, però, come accertato in sede di verifica fiscale, non disponeva dei mezzi e delle maestranze per svolgere i lavori fatturati;

l’Agenzia assume che, nel giudizio penale per reati tributari a carico dell’amministratore della Saratoga Srl, era stata espletata una perizia tecnico-contabile d’ufficio, che aveva consentito d’accertare l’effettività dei lavori sugli immobili di proprietà di SITAT Srl, ragione per cui il GIP aveva emesso un decreto d’archiviazione in merito alla contestata falsa fatturazione;

tuttavia, secondo la tesi erariale, nel presente giudizio tributario, restava controversa l’individuazione dell’effettivo esecutore dei lavori fatturati dalla Saratoga Srl e tale profilo, sul quale la Commissione regionale non aveva preso posizione, era essenziale ai fini della deducibilità del costo, atteso che i componenti negativi di reddito, ai sensi dell’art. 75 T.U.I.R. (attuale 109), devono rispondere ai requisiti della “certezza” e della “determinatezza” o “determinabilità”;

8. con l’ottavo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si denuncia, in subordine, rispetto al precedente mezzo, l’errore di diritto della sentenza impugnata che avrebbe trascurato che, in tema di deducibilità dei costi, ai fini dell’imposta sul reddito, spetta al contribuente dimostrare la loro “certezza” e “inerenza”, laddove le fatture soggettivamente inesistenti non sono deducibili perchè non vi è certezza dell’entità degli imponibili in esse riportati;

8.1. il settimo e l’ottavo motivo, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono fondati;

è il caso di ricordare che, con riferimento alla detrazione dell’IVA, è radicato l’orientamento della Corte per il quale: “In ipotesi di fatturazione per operazione soggettivamente inesistente risolventesi nella diretta acquisizione della prestazione da soggetto diverso da quello che ha emesso fattura e percepito l’IVA in rivalsa, la prova che la prestazione non è stata effettivamente resa dal fatturante, perchè sfornito di dotazione personale e strumentale adeguata alla sua esecuzione, costituisce, di per sè, idoneo elemento sintomatico dell’assenza di “buona fede” del contribuente, poichè l’immediatezza dei rapporti (cedente o prestatore – fatturante – cessionario o committente) induce ragionevolmente ad escluderne l’ignoranza incolpevole circa l’avvenuto versamento dell’IVA a soggetto non legittimato alla rivalsa, nè assoggettato all’obbligo del pagamento dell’imposta; con l’effetto che, in tal caso, sarà il contribuente a dover provare di non essere a conoscenza del fatto che il fornitore effettivo del bene o della prestazione era, non il fatturante, ma altri, altrimenti dovendosi negare il diritto alla detrazione dell’IVA versata.” (Cass. 13/03/2013, n. 6229; in senso conforme: 18/06/2014, n. 13803; 9/09/2016, n. 17818; 14/09/2016, n. 18118; 15/05/2018, n. 11873; 21/06/2018, n. 16469; 24/08/2018, n. 21104; 30/10/2018, n. 27566);

per quanto attiene alla materia del contendere, ossia alla deducibilità, ai fini delle imposte dirette, dei costi di cui alle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, secondo il fermo indirizzo della Corte: “In tema di imposte sui redditi, ai sensi della L. 24 dicembre 1993, n. 537, dell’art. 14, comma 4 bis, (nella formulazione introdotta con il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 1, conv. in L. 26 aprile 2012 n. 44), che opera, in ragione del precedente comma 3, quale “jus superveniens” con efficacia retroattiva “in bonam partem”, sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una “frode carosello”), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo. (Nella specie la S.C. ha stabilito che, in relazione ai costi sostenuti per l’acquisto di molluschi, utilizzati non per commettere reati, bensì per essere commercializzati, doveva accertarsi in sede di merito se fossero stati effettivi e correttamente imputati al conto economico dell’esercizio di competenza, ai fini della loro deducibilità, a prescindere dall’eventuale falsità ideologica delle relative fatture).” (Cass. 17/12/2014, n. 26461);

nel caso di specie, la CTR ha imperniato la propria decisione sul contenuto di una consulenza tecnico-contabile – espletata nei procedimenti connessi, tra le stesse parti, trattati dal giudice regionale nella medesima udienza e conclusisi con il rigetto degli appelli dell’Ufficio – che aveva offerto una ricostruzione analitica della contabilità della società verificata ed aveva consentito di ritenere dimostrata, anche per l’anno d’imposta 1997, l’effettività dei lavori sottesi alle contestate fatture della Saratoga Srl;

la Commissione siciliana, nel negare la legittimità della ripresa a tassazione, non si è attenuta ai principi appena richiamati e, perciò, è incorsa nell’errore di diritto e nel correlato deficit argomentativo prospettati dall’Agenzia delle entrate;

infatti, posto che l’Ufficio aveva dedotto (senza essere smentito) che i lavori fatturati non erano stati eseguiti dalla Saratoga Srl, che era priva di adeguati mezzi e maestranze, incombeva sulla contribuente l’onere di dimostrare l’effettività, l’inerenza, la certezza, la competenza, la determinatezza o la determinabilità dei costi, ai fini della loro deducibilità;

9. con il nono motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, infine, si critica la CTR per la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 62 T.U.I.R., comma 3, poichè, in ordine al conto “Compensi ad Amministratori”, l’Ufficio avrebbe legittimamente recuperato a tassazione l’importo di lire 20.266.234, quale costo non deducibile ai sensi del detto articolo, che stabilisce che i compensi agli amministratori delle società sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti;

nella specie, prosegue l’Agenzia, pur essendo stato deliberato un compenso di lire 26.500.000, la somma effettivamente versata all’amministratore (Annamaria Ragno), era stata pari a lire 6.233.766, come l’interessata aveva confermato nella fase amministrativa;

9.1. il motivo è fondato;

sulla scia del chiaro indirizzo della Corte (Cass. 29/07/2016, n. 15822), si osserva che, in tema d’imposte sui redditi e con riferimento alla determinazione del reddito d’impresa, l’art. 62 T.U.I.R., comma 3 (ora 95, comma 5), prevede che i compensi spettanti agli amministratori delle società sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti, sicchè ha errato la CTR nel ritenere che la remunerazione dell’organo amministrativo rilevasse come componente negativo di reddito nell’annualità (appunto, il 1997) nella quale il compenso era stato deliberato dall’assemblea dei soci, a prescindere dalla circostanza che esso non fosse stato corrisposto nello stesso periodo d’imposta;

10. con l’unico motivo di ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, SITAT Srl denuncia: “il difetto di motivazione relativamente al fatto controverso, rappresentato dal recupero a tassazione della somma di lire 178.647.400 quali presunti interessi sui finanziamenti iscritti nel bilancio della società accertata verso altre società.” ed assume che la sentenza impugnata avrebbe riconosciuto l’omessa contabilizzazione degli interessi maturati sui finanziamenti fruttiferi concessi dalla contribuente, nel 1997, ad altre società consociate, motivando per relationem ad altra pronuncia della stessa Commissione regionale (sentenza n. 108/2008), riguardante l’identica questione degli interessi su finanziamenti a società consorelle (per l’annualità 1996);

tanto premesso, soggiunge che detta sentenza sarebbe sfornita di una specifica ratio decidendi, ciò che, per quanto qui rileva, renderebbe carente, sotto il profilo della trama argomentativa, la decisione d’appello di cui è chiesta la cassazione;

10.1. il motivo è fondato;

è ius receptum che: “La motivazione della sentenza “per relationem” è ammissibile, purchè il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle argomentazioni delle parti e dell’identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio. (Nella specie, la S.C. ha cassato, con rinvio, la sentenza di appello che non aveva neppure sinteticamente, risposto alle censure proposte con l’atto di appello).” (Cass. 11/09/2018, n. 21978; in senso conforme: Cass. 3/07/2018, n. 17403);

fatta questa precisazione, sul versante della regola di diritto, nella presente vicenda tributaria la CTR ha condiviso, in modo acritico, la summenzionata sentenza d’appello (che, in ossequio al canone dell’autosufficienza, è stata riprodotta, nei passi salienti, nel ricorso per cassazione), che, preme sottolinearlo, a sua volta, richiamava la sentenza di primo grado (che, con riferimento al punto di motivazione che ora rileva, è stata trascritta nel ricorso per cassazione), priva di una nitida ratio decidendi;

in tal modo, però, la sentenza impugnata ha omesso di misurarsi (come, invece, sarebbe stato necessario) con la tesi difensiva della contribuente, circa il carattere infruttifero dei finanziamenti che, pertanto, non avevano generato interessi suscettibili di tassazione quali componenti positivi del reddito d’impresa;

11. in conclusione: accolti il secondo, il quarto, il settimo, l’ottavo e il nono motivo del ricorso principale; rigettati il primo e il sesto motivo; inammissibile il quinto motivo; assorbito il terzo motivo; accolto l’unico motivo del ricorso incidentale, la sentenza è cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;

PQM

la Corte accoglie il secondo, il quarto, il settimo, l’ottavo e il nono motivo del ricorso principale; rigetta il primo e il sesto motivo del ricorso principale; dichiara inammissibile il quinto motivo; dichiara assorbito il terzo motivo; accoglie l’unico motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018

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