Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3352 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. III, 12/02/2010, (ud. 24/11/2009, dep. 12/02/2010), n.3352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato

MANZI LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

BENVENUTI MARCO LUDOVICO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.R. (OMISSIS), M.R. in proprio

e quest’ultimo nella sua qualita’ di amministratore di sostegno e

rappresentante legale del figlio M.L., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI SAVORELLI 11, presso lo studio

dell’avvocato CHIOZZA ANNA, rappresentati e difesi dall’avvocato

TOSADORI MAURIZIO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

AZIENDA PROVINCIALE SERVIZI SANITARI PROVINCIA AUTONOMA TRENTO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 934/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

Sezione Quarta Civile, emessa il 30/01/2008, depositata il

11/06/2008; R.G.N.683/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

24/11/2009 dal Consigliere Dott. TALEVI Alberto;

udito l’Avvocato CARLO ALBINI per delega Avv. LUIGI MANZI;

udito l’Avvocato ANNA CHIOZZA per delega Avv. MAURIZIO TOSADORI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo e’ esposto come segue.

“Con atto di citazione notificato in data 5/06/1992 i coniugi M.R. e B.R., in proprio e per conto del figlio minore L., convenivano in giudizio, avanti il Tribunale di Rovereto, l’U.S.L. Alto Garda e Ledro nonche’ il dottor S. A. per ottenerne la condanna, in via solidale, al risarcimento del danno morale patito personalmente nonche’ del danno biologico e morale subito dal figlio minore il quale aveva riportato una grave ed irreversibile lesione cerebrale, a causa e seguito dell’imperito intervento medico ostetrico prestato in ospedale al momento del parto, in data (OMISSIS).

Si costituivano separatamente S.A. e l’U.L.S. convenuta, negando la responsabilita’ del medico e contestando l’ammontare della pretesa. La causa, istruita documentalmente e con l’espletamento di Consulenza Tecnica d’Ufficio (CUI) medico – legale, veniva decisa con sentenza n 294/94, in data 29/06 – 12/08/1994, con la quale il Tribunale adito accoglieva la domanda nei confronti della sola U.L.S, condannandola a pagare la complessiva somma di L. 1.060.000.000 – di cui L. 80.000.000 per il danno morale subito da ciascun genitore, L. 300.000.000 per danno biologico subito da M.L., L. 60.000.000 per il danno morale del minore, L. 540.000.000 per il danno emergente costituito dalle spese sostenute e da sostenere in futuro per la sua assistenza e cura – con l’ulteriore carico delle spese e competenze di lite anticipate dagli attori, gravati invece delle spese sostenute dal convenuto S..

Sia gli attori che l’U.L.S. proponevano separate e tempestive impugnazioni, di seguito riunite, e la Corte di Appello di Trento, con sentenza n. 200/97 in data 8/04 – 24/05/97, riformava parzialmente la sentenza appellata confermando il complessivo danno morale dei due genitori (L. 160 milioni), aumentando e liquidando l’ammontare del danno biologico subito dal minore in complessive L. 1.100.000.000, escludendo il danno da mancato guadagno del minore (perche’ non richiesto in termini dagli attori), nonche’ il danno patrimoniale emergente gia’ attribuito ai genitori (L. 540.000.000), non comprovato, nonche’ il danno morale per M.L., sul rilievo che, per le sue condizioni di totale invalidita’, il minore non sarebbe stato in grado di dolersi per il proprio stato ne’ di avvertire sofferenze per la propria menomazione.

L’appello degli attori inteso ad ottenere la rivalutazione monetaria e gli interessi sulle somme liquidate veniva respinto – quanto gli interessi monitori e corrispettivi – per la tardivita’ della relativa domanda, su cui la controparte non aveva accettato il contraddittorio, mentre gli interessi compensativi venivano conglobati nel danno biologico liquidato con riferimento all’attualita’.

Avverso la sentenza della Corte del merito proponevano ricorso, con atto notificato il giorno 8/07/1998, i coniugi M. e B., deducendone a sostegno cinque motivi. Proponeva controricorso e ricorso incidentale, sulla base di tre motivi, la Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia di Trento (APSS), qualificandosi come ente subentrante alla soppressa U.S.L. dell’Alto Garda e Ledro.

Con sentenza n. 4970/01 in data 29/11/2000 – 4/04/2001, la Corte Suprema di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso incidentale della APSS e accoglieva il secondo motivo dedotto dai ricorrenti principali nonche’ il quarto, per quanto di ragione, cassando la sentenza impugnata limitatamente alle censure accolte e rinviando la causa all’intestata Corte, anche per la definizione delle spese.

Con atto notificato in data 4/04/2002 i coniugi M. – B. hanno provveduto a riassumere il giudizio citando avanti questa Corte l’APSS, la Provincia Autonoma di Trento in persona del Presidente legale rappresentante, ancora la Provincia Autonoma di Trento quale ente subentrato alla U.S.L., in persona dello stesso legale rappresentante pro tempore, sempre presso la sede di (OMISSIS).

Si costituiva l’APSS rappresentando la propria estraneita’ all’obbligazione risarcitoria in questione, in forza del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte.

Si costituiva la Provincia Autonoma di Trento (PAT) chiedendo che in via preliminare e pregiudiziale fossero accertati il proprio difetto di legittimazione passiva, la tardivita’ e l’irritualita’ nonche’ l’irregolarita’ della citazione, con la conseguente nullita’ dell’atto e del giudizio, e che fosse per il merito respinta ogni domanda ex adverso proposta nei propri confronti, nonche’ di essere autorizzata a chiamare in causa la propria compagnia assicuratrice, S.p.A. SAI, per esserne manlevata.

Precisate una prima volta le conclusioni, con ordinanza collegiale del 14/12/2005 causa e parti venivano rimessi avanti il Consigliere Istruttore per l’espletamento di CTU intesa ad accertare le condizioni psicofisiche del minore e “… le sue capacita’ di percezione con riguardo, in particolare, alle sofferenze fisiche e/o psichiche correlale alle menomazioni da cui e’ affetto dalla nascita”, con l’indicazione di ogni elemento utile ai fini della valutazione della domanda di risarcimento del danno morale richiesto a suo favore.

Con atto di intervento volontario depositato in data 22/01/2007, M.R. si e’ costituito in qualita’ di amministratore di sostegno provvisorio e legale rappresentatile del figlio M.L., nel frattempo divenuto maggiorenne, come disposto con decreto in data 7/09/2006 del Giudice Tutelare del Tribunale di Brescia.

Acquisita la relazione del CTU in data 3/08/2006 nonche’ le osservazioni scritte dei consulenti di parte, la causa veniva trattenuta all’odierna pubblica udienza – ai sensi dell’art. 352 c.p.c. previgente alla riforma di cui alla L. 26 novembre 1990, n. 353 – per la decisione sulle epigrafate conclusioni delle parti, dimesse all’udienza del 13/03/2007.”.

Con sentenza 30 gennaio – 11 giugno 2008 la Corte d’Appello di Venezia decideva come segue.

“Definitivamente decidendo, nel giudizio di rinvio iscritto al n. 683 2002 R.G. – per riassunzione a seguito della cassazione parziale, con sentenza n 4970/01 della Suprema Corte, della sentenza N. 200 del 1997 in data 8/04/97 – 24/05/97 della Corte di Appello di Trento – sull’appello proposto avverso la sentenza N. 294 del Tribunale di Rovereto in data 29/06 – 12/08/1994 e sulle conclusioni delle parti riportate in epigrafe, ferme restando le statuizione della menzionata sentenza della Corte di Appello di Trento coperte dal giudicato, in accoglimento delle domande proposte da M.R. e B.R., in proprio e per conto del figlio M. L., rappresentato in giudizio dal padre R., nei confronti della Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia di Trento, della Provincia Autonoma di Trento, in proprio e quale subentrante nei rapporti della soppressa U.L.S. “Comprensorio Alto Garda e Ledro”, e in conseguente parziale riforma della sentenza appellata, ogni diversa domanda ed eccezione disattese, cosi’ provvede:

1) condanna la Provincia Autonoma di Trento – in persona de Presidente della Giunta, legale rappresentante pro tempore – al pagamento in favore di M.L., si’ come in giudizio rappresentato, a titolo di danno morale, della ulteriore somma complessiva di Euro 284.212,53, cosi’ liquidata ai valori attuali, con interessi compensativi al tasso legale di anno in anno maturati, dal giorno (OMISSIS), sulla iniziale somma di Euro 148.899,77 corrispondentemente rivalutata di anno in anno sulla base degli indici Istat fino ad oggi, e con gli ulteriori interessi legali maturandi, sulla somma di Euro 284.212,53, dalla pubblicazione di questa sentenza al saldo;

2) condanna la Provincia Autonoma di Trento – si’ come rappresentata in giudizio – al pagamento, in solidale favore di M.R. e di B.R., degli interessi compensativi al tasso legale maturati, dal giorno (OMISSIS), sulla iniziale somma di Euro 54.145,37 corrispondentemente rivalutata di anno in anno, sulla base degli indici Istat fino a tutto il maggio 1997, con gli ulteriori interessi legali maturati, sulla somma di Euro 82.633,10 dalla stessa data e maturandi fino all’effettivo soddisfo;

3) pone a carico della Azienda Provinciale per i Servizi Salutari della Provincia di Trento le spese e competenze di lite anticipate da M.R. e da B.R. per il giudizio avanti la Suprema Corte Cassazione, che liquida in complessivi Euro 6.600,00 di cui Euro 6.200,00 per onorari oltre spese generali e oneri di legge;

4) compensa interamente le spese e competenze di lite relative a questo giudizio di rinvio tra M.R., B.R. e M.L., da un lato, e la Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia di Trento e pone a carico della Provincia Autonoma di Trento siccome in giudizio rappresenta, le spese e competenze di lite anticipate per questo giudizio di rinvio da M.R. e B.R., che liquida in complessivi Euro 22.650.00, di cui Euro 4.300,00 per diritti, Euro 18.000,00 per onorari, il resto per spese borsuali, oltre alle spese generali e agli oneri di legge;

5) conferma per il resto la sentenza N. 294 del Tribunale di Rovereto in data 29/06 – 12/08/1994.

Contro questa decisione ha proposto ricorso per Cassazione la Provincia Autonoma di Trento.

Hanno resistito con controricorso B.R., e M. R. in proprio e quest’ultimo quale amministratore di sostegno e rappresentante legale del figlio M.L..

La Provincia Autonoma di Trento depositava dichiarazione di rinuncia al secondo motivo di ricorso.

Con decreto n. 17180/09 il Presidente di questa terza sezione civile della Corte Suprema di Cassazione dichiarava estinto il giudizio.

La Provincia Autonoma di Trento proponeva “…OPPOSIZIONE AL DECRETO…”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va anzitutto rilevato che la predetta opposizione della ricorrente va considerata come una richiesta di fissazione dell’udienza ex art. 391 c.p.c., comma 3. (anche se nell’atto vengono citati gli artt. 178 e 308 c.p.c.).

Coerentemente con la norma contenuta in tale art. 391 c.p.c., comma 3 il provvedimento presidenziale 8.9.09 ha fissato la pubblica udienza del 24.11.2009.

Cio’ premesso va anzitutto confermato il seguente principio di diritto: “In tema di giudizio di cassazione, l’art. 391 c.p.c., comma 3, come novellato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 15, nel prevedere che il decreto presidenziale di estinzione del processo abbia efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chieda la fissazione dell’udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione, attribuisce alle parti in causa, che non ritengano esaustivo il provvedimento presidenziale di estinzione emanato a seguito della rinunzia, la possibilita’ di chiedere alla Corte di pronunciarsi sulla controversia, senza imporre l’onere di indicare i motivi di tale richiesta. Tale disposizione, infatti, non configurando un rimedio di carattere impugnatorio, consente alle parti di chiedere il passaggio ad una fase successiva per un esame completo della controversia, nell’ambito della quale la Corte puo’ valutare se la pronuncia sull’istanza di estinzione sia stata correttamente emanata oppure, in caso contrario, procedere all’esame del ricorso per Cassazione”. (Cass. Sentenza n. 15817 del 06/07/2009).

Questa Corte deve dunque ora procedere ad un esame completo della controversia, valutare se la pronuncia sull’istanza di estinzione sia stata correttamente emanata; e, in caso contrario, procedere all’esame del ricorso per Cassazione.

Detta pronuncia non e’ stata correttamente emanata.

Infatti la rinuncia riguardava solo il secondo motivo di ricorso per Cassazione.

Dunque la richiesta contenuta nel predetto atto di “opposizione” (volta ad ottenere che si provveda “…per la modifica o comunque per la sostituzione dell’emesso decreto con la sola rinuncia al secondo motivo di ricorso…”) e’, nella sostanza, fondata.

Quindi il decreto in questione va revocato e si deve considerare venuto meno per rinuncia solo il secondo motivo di ricorso (la rinuncia ad uno o piu’ motivi di ricorso e’ rimessa alla discrezionalita’ tecnico – professionale del difensore; cfr. tra le altre Cass. 15.5.2006 n. 11154).

Si deve ora passare ad esaminare i residui motivi.

Con il primo motivo la Provincia Autonoma di Trento denuncia “Violazione di legge: violazione dell’art. 111 c.p.c., comma 1;

violazione degli artt. 394 e 102 c.p.c.; omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” esponendo doglianze che vanno riassunte come segue. Nel caso di specie la Corte di Cassazione, in riferimento alla particolarita’ del territorio trentino (ove vi e’ il subentro non delle AUSL, ma della APSS – Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia di Trento), con la sentenza 4970/2001 aveva statuito che si trattava, anche in questo territorio, di una successione a titolo particolare (tra USL e Provincia Autonoma di Trento) e che percio’ “…il ricorso per Cassazione del M. e della B. e’ stato….

correttamente proposto nei confronti della USL comprensorio Alto Garda e Ledro nei cui confronti (attraverso l’apposita gestione stralcio) il presente giudizio prosegue a norma dell’art. 111 c.p.c., comma 1” (pag. 7). Ora, pero’, stante questa statuizione, i signori M. e B. in sede di giudizio di rinvio non hanno ritenuto di poter piu’ citare la parte originaria USL. comprensorio Alto Garda e Ledro, avendo citato soltanto come chiamata in causa la succeduta Provincia Autonoma di Trento e la subentrata A.P.S.S., ne’ la Corte ha provveduto alla integrazione del contraddittorio. Dunque si ritiene sia mancata la partecipazione in giudizio della USL “…, attraverso l’apposita gestione stralcio…” (come insindacabilmente espressamente statuito dalla Corte di Cassazione: pag. 7 sentenza rescindente 4970/2001); ed e’ mancata conseguentemente la possibilita’ di procedere comunque al contraddittorio con essa anche per verificare la sua reale esistenza e competenza e disponibilita’ economica attraverso la gestione stralcio, oltre che per procedere ad una sua eventuale estromissione dal giudizio, il tutto anche in evidente difetto di motivazione. Inoltre la Corte veneta non ha rilevato che il contraddittorio doveva essere integrato nei confronti della USL comprensorio Alto Garda e Ledro; e che il giudizio di rinvio era stato esteso dai riassumenti M. e B. alla Provincia Autonoma di Trento in proprio, oltre che alla Provincia Autonoma di Trento quale subentrante della USL, tra l’altro con la conseguenza che nel dispositivo si e’ provveduto alla condanna della Provincia Autonoma di Trento senza la doverosa precisazione che essa veniva condannata quale subentrante alla USL (e non in proprio).

Quesito di diritto: dica la Corte se nel caso in esame non ha errato il giudice di merito nel non riscontrare la mancanza di completezza del contraddittorio ai sensi dell’art. 111 c.p.c., comma 1 e di un litisconsorzio necessario processuale ai sensi degli artt. 394 e 102 c.p.c., in presenza di un avvenuto trasferimento, in corso di causa, del diritto controverso a titolo particolare dalla USL alla Provincia Autonoma di Trento, senza per di piu’ alcuna comunque sufficiente motivazione in merito al fatto preliminare controverso se il rapporto obbligatorio fosse effettivamente entrato in carico al successore a titolo particolare e non piuttosto alla subentrata APSS. Il primo motivo non puo’ essere accolto.

Infatti nella sentenza n. 4970/01 Corte Suprema ha affermato tra l’altro quanto segue: “…onde il processo instaurato nei confronti di una U.S.L prima della sua soppressione prosegue tra le parti originarie, e la legittimazione ad impugnare la sentenza nei confronti della U.S.L. spetta non alla Azienda subentrante, bensi’ alla U.S.L. soppressa (la cui soggettivita’, come si e’ detto, continua nella gestione stralcio per tutta la fase liquidatoria) ovvero alla Regione, in ipotesi di intervento o chiamata in causa di essa nella sua qualita’ di successore a titolo particolare (art. 111 c.p.c., comma 3). Tali principi, affermati dalle Sezioni unite di questa Corte con riferimento all’ordinamento generale, valgono anche per la Provincia autonoma di Trento.

Da tale brano, inquadrato nel contesto della decisione, si evince che secondo quest’ultima, la legittimazione in questione si trasferisce alla gestione stralcio della U.S.L. soppressa ovvero (in linea generale) alla Regione, in ipotesi di intervento o chiamata in causa di essa nella sua qualita’ di successore a titolo particolare; e, nel caso de quo, alla gestione stralcio ovvero alla Provincia Autonoma di Trento in ipotesi di intervento o chiamata in causa di essa nella sua qualita’ di successore a titolo particolare.

Tale affermazione non poteva piu’ essere oggetto di valutazione o modifiche da parte del Giudice del rinvio (cfr. Cass. Sentenza n. 15952 del 13/07/2006: “La sentenza di cassazione vincola il giudice di rinvio non solo in ordine ai principi di diritto affermati, ma anche ai necessari presupposti di fatto che il principio di diritto affermato presuppone come pacifici o come gia’ accertati definitivamente in sede di merito. Pertanto, i limiti del giudizio di rinvio non sono soltanto quelli che derivano dal divieto di ampliare il “thema decidendum”, prendendo nuove conclusioni, ma altresi’ quelli inerenti alle preclusioni che discendono dal giudicato implicito formatosi con la sentenza di cassazione”); ne’ puo’ esserlo nella presente sede.

Dunque, una volta definitivamente assodato che detta legittimazione poteva spettare anche alla provincia predetta alternativamente alla gestione stralcio (notare la cong. disgiuntiva “…ovvero…” nel sopra riportato brano della sentenza n. 4970/01) ben potevano i signori M. e B. in sede di giudizio di rinvio citare non la parte originaria USL comprensorio Alto Garda e Ledro, ma soltanto la succeduta Provincia Autonoma di Trento.

Quanto al rilievo che “…nel dispositivo si e’ provveduto alla condanna della Provincia Autonoma di Trento senza la doverosa precisazione che essa veniva condannata quale subentrante alla USL (e non in proprio)…. “, va osservato che si e’ di fronte ad una doglianza inammissibile per le seguenti ragioni, ciascuna delle quali decisiva pure da sola: -A) nel dispositivo, prima dei capi di condanna della Provincia, si legge: “…in accoglimento delle domande proposte….nei confronti della…..Provincia Autonoma di Trento, in proprio e quale subentrante nei rapporti della soppressa U.L.S. “Comprensorio Alto Garda e Ledro”….; il fatto che una condanna “come subentrante” in concreto (se si interpreta correttamente tale punto del dispositivo in relazione al contesto) sussista rende la doglianza non congrua rispetto al reale contenuto del provvedimento impugnato;

-B) la parte ricorrente inoltre non chiarisce ritualmente quale interessa concreto abbia a proporre la doglianza (cfr. tra le altre cass. Sentenza n. 13373 del 23/05/2008: “L’interesse all’impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 c.p.c. – va apprezzato in relazione all’utilita’ concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame e non puo’ consistere in un mero interesse astratto ad una piu’ corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata; sicche’ e’ inammissibile, per difetto d’interesse, un’impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico”; -C) comunque una ulteriore autonoma ragione di inammissibilita’ va ravvisata pure nell’insussistenza di un corrispondente, specifico e rituale quesito sul punto.

Sulla base di quanto sopra esposto, e rilevato che non sussistono nel motivo ulteriori doglianze ammissibili (in quanto dotate dei necessari requisiti di specificita’ e ritualita’) il motivo medesimo va respinto.

Con il terzo motivo la parte ricorrente denuncia “Violazione di legge: violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 11: motivazione insufficiente e contraddittoria” esponendo doglianze da riassumere come segue, La sentenza viene impugnata anche per mancata compensazione delle spese. Nel caso di specie, non solo la sentenza non ha sostanzialmente esplicitato quali erano i giusti motivi, che pure aveva indicato a presupposto della ripartizione delle spese per compensare le spese tra parte originaria attrice e convenuta APSS, ma soprattutto non ha minimamente invece indicato la mancanza di giusti motivi per non compensarle nei riguardi della Provincia Autonoma di Trento. La Provincia Autonoma di Trento era stata chiamata dalla originaria parte attrice solo nel grado di rinvio (citandola non chiaramente: “in proprio e anche quale subentrante alla USL Alto Garda e Ledro”). Inoltre, ben avrebbe dovuto la originaria parte attrice citare comunque nel giudizio di rinvio, la USL comprensorio Alto Garda e Ledro, parte comunque necessaria del giudizio di rinvio.

Quesito di diritto: dica la Corte se nel caso in esame non doveva il giudice di merito ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 11, valutare con motivazione sufficiente e non contraddittoria la giustezza di una compensazione delle spese dei giudizio di rinvio nei riguardi dell’ente succeduto e chiamalo in causa in relazione alta distribuzione delle spese con le altre parti.

Anche il terzo motivo non puo’ essere accolto.

Infatti la mancata compensazione predetta e’ chiaramente (pur se in modo parzialmente implicito) stata basata sulla sostanziale soccombenza della Provincia; e dunque in modo ineccepibile.

E quanto alla compensazione predetta (tra parte originaria attrice e APSS) una prima ragione di inammissibilita’ e’ costituita dalla circostanza che la parte ricorrente non chiarisce ritualmente quale interessa concreto abbia a proporre la doglianza; ed una seconda autonoma ragione di inammissibilita’ va ravvisata pure nell’insussistenza di un corrispondente (specifico e rituale) quesito sul punto.

Il ricorso va dunque respinto.

Le vicende processuali in questione sono particolarmente complesse in fatto ed in diritto (la successione tra gli enti in questione e’ stata oggetto di valutazioni non sempre coincidenti in dottrina e giurisprudenza); sussistono quindi giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Revoca il decreto n. 17180/09 del Presidente della Sezione; rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso a Roma, il 24 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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