Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33516 del 27/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 30/11/2018, dep. 27/12/2018), n.33516

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25325/12 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

TEMACASA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore,

rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Tinelli, giusta procura

speciale a margine del controricorso, con domicilio eletto in Roma,

via delle Quattro Fontane, n. 15;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 605/1/11 depositata in data 19 settembre 2011

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30.11.2018

dal Consigliere dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello

Fatto

RILEVATO

che:

Con distinti ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, la Temacasa s.r.l. impugnava cinque avvisi di accertamento con i quali la Agenzia delle Entrate aveva provveduto ad accertare maggiori redditi ai fini Irpeg, Irap e Iva per le annualità 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005.

In particolare, l’Ufficio aveva rilevato che la società aveva effettuato pagamenti a favore della Cogeim s.r.l. per prestazioni che si ritenevano non inerenti all’attività svolta.

La contribuente eccepiva la nullità degli atti impositivi per vizio di motivazione e per illegittima applicazione dell’accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, su cui era fondata la pretesa fiscale.

I giudici di primo grado, disposta la riunione dei ricorsi, li ritenevano infondati e avverso la sentenza proponeva appello la Temacasa s.r.l. in liquidazione, lamentando che la Commissione provinciale aveva omesso di esaminare quanto dalla stessa esposto nella memoria depositata.

La Commissione regionale rigettava l’appello della contribuente, confermando la sentenza di primo grado.

La società Temacasa s.r.l. in liquidazione proponeva ricorso per revocazione della predetta sentenza ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, deducendo che i giudici di appello non avevano fatto alcun riferimento nella motivazione alla scrittura privata redatta con la Cogeim s.r.l. in un momento successivo alla stipula dell’atto notarile relativo all’acquisto di un terreno, con la quale le parti contraenti avevano concordato modalità di pagamento del corrispettivo diverse da quelle dichiarate nell’atto pubblico.

La Commissione tributaria regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva il ricorso per revocazione.

Dopo avere rilevato che l’Amministrazione finanziaria aveva proceduto a rettificare i ricavi dichiarati dalla società, ritenendo che tutti i movimenti finanziari in uscita dovessero considerarsi costi effettuati in nero D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, e che non potessero avere la natura di corrispettivo pattuito per la cessione del terreno, in ragione della dichiarazione resa dalla parte venditrice all’atto della compravendita e contenuta nell’atto notarile, osservava che l’esame delle scritture contabili e delle movimentazioni bancarie confermava, invece, l’esistenza di una obbligazione contrattuale assunta dalla società, formalizzata nella scrittura privata redatta successivamente all’atto pubblico, in cui la contribuente aveva riconosciuto di non avere pagato il corrispettivo pattuito e che i soci si erano accollati personalmente il debito contratto dalla società.

Motivava, altresì, che l’esame della documentazione consentiva di riconoscere una relazione tra i movimenti finanziari oggetto di rettifica da parte dell’Ufficio e l’effettivo beneficiario dei pagamenti, che doveva essere identificato nella Cogeim s.r.l., e che, di conseguenza, la rideterminazione del reddito imponibile era infondata, in ragione del superamento della presunzione operata dall’Amministrazione finanziaria; riteneva, quindi, fondato il motivo revocatorio ed annullava gli atti tributari emessi dall’Agenzia delle Entrate, con conseguente sgravio delle cartelle esattoriali emesse.

Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato a due motivi.

La Temacasa s.r.l. in liquidazione resiste mediante controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Premette, in fatto, che a seguito di accertamenti bancari aveva rilevato pagamenti di effetti cambiari e di assegni compiuti dalla contribuente in favore della società Cogeim s.r.l. e che le giustificazioni addotte dalla società, secondo le quali tali uscite dai conti correnti bancari si riferivano a pagamenti rateali dell’importo di 5,5 miliardi di lire dovuti alla Cogeim per l’acquisto di un terreno, erano state ritenute inattendibili, dato che nell’atto pubblico le parti avevano dichiarato che il prezzo era stato integralmente corrisposto, mentre la scrittura privata allegata dalla società a dimostrazione di un accordo successivo intercorso con la Cogeim sr.l. era priva di data certa.

Deduce che la Commissione regionale, pur trattandosi di un punto controverso e dibattuto dalle parti sia in primo che in secondo grado, ha erroneamente individuato l’errore revocatorio nel fatto che i giudici di merito hanno omesso di considerare la circostanza che le movimentazioni bancarie in uscita dai conti della società costituivano il pagamento rateale del prezzo d’acquisto del terreno sito in Pomezia, compravenduto con atto pubblico.

Ad avviso della ricorrente, il fatto su cui cade l’errore revocatorio ravvisato dalla C.T.R. con la sentenza impugnata è “interno” al giudizio, costituendone l’oggetto essenziale, e non è pertanto “supposto”, con la conseguenza che la sentenza sarebbe incorsa nella denunciata nullità.

2. Con il secondo motivo di ricorso, la difesa erariale denuncia “nullità della sentenza per violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”

Sostiene che il giudice della revocazione ha accolto la doglianza della società, la quale aveva sostenuto che il Giudice non aveva avuto contezza dell’esistenza di documenti rilevanti ai fini della decisione, e pone in rilievo che i documenti asseritamente pretermessi consisterebbero in brani dell’appello della società stessa, riprodotti nel ricorso per revocazione, i quali avrebbero dovuto far emergere la finalità economica delle uscite bancarie, ossia la dedotta operazione di pagamento rateale del prezzo di acquisto del terreno.

3. I due motivi, che possono essere trattati unitariamente, sono fondati.

4. Ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, ” le sentenze pronunciate in grado di appello o un unico grado possono essere impugnate per revocazione….se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare “.

5. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno tracciato il confine dell’errore di fatto rispetto alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali o processuali, precisando che l’errore di fatto riguarda solo l’erronea presupposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non potendosi far rientrare nell’area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, perchè siffatto tipo di errore, se fondato, costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto (Cass. Sez. U., n. 30994 del 27/12/2017; Cass. n. 8984 del 11/4/2018).

6. L’errore revocatorio non può dunque consistere in un errore di giudizio, ma deve consistere in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale porta il giudice a motivare la sua decisione sulla base dell’affermazione dell’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa, o, al contrario, dell’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulta positivamente accertato (Cass. n. 14267 del 19/6/2007).

7. Nel caso di specie, i giudici di appello, con la sentenza impugnata con il ricorso per revocazione, hanno confermato la legittimità dell’accertamento sul presupposto che dalla verifica delle scritture contabili e degli estratti conto bancari forniti dalla società risultavano, per gli anni d’imposta in contestazione, pagamenti in favore della Cogeim s.r.l. a fronte dei quali quest’ultima non aveva mai rilasciato documenti giustificativi che comprovassero la fornitura di beni o servizi, nè aveva mai emesso fatture per importi corrispondenti.

8. Con il ricorso per revocazione, ritrascritto nel ricorso per cassazione in omaggio al principio di autosufficienza, la Temacasa s.r.l. ha sostenuto che il giudice di appello “non ha avuto contezza della esistenza di documenti rilevanti ai fini della decisione”, ed in particolare della scrittura privata non registrata, con la quale la Cogeim s.r.l. ha dichiarato di non avere ricevuto il pagamento del prezzo di compravendita del terreno al momento della stipula dell’atto pubblico, mentre i soci della Temacasa s.r.l. si sono accollati personalmente il pagamento del debito contratto dalla società partecipata, concordando che il corrispettivo pattuito dovesse essere esposto nelle scritture contabili della Temacasa s.r.l. come finanziamento soci. Ha, inoltre, evidenziato che attraverso l’accordo sancito con la scrittura privata ha inteso realizzare una specifica finalità economica non percorribile attraverso la dichiarazione nell’atto pubblico della reale modalità di estinzione del debito originato dall’acquisto del terreno.

8. Poichè l’errore revocatorio, quale errore di percezione, non può che sostanziarsi in una statuizione del giudice che afferma o nega un certo fatto, in contrasto con le evidenze di causa, nel caso di specie, diversamente da quanto ritenuto dalla C.T.R. in sede di revocazione, deve escludersi la sua sussistenza dal momento che il giudice di merito non ha negato, ai fini della motivazione del proprio convincimento, la esistenza di un fatto la cui sussistenza risultava dagli atti in modo evidente, ossia la stipula della scrittura privata non registrata, ma ha semplicemente omesso di valutare tale documento ai fini della prova dei fatti in contestazione, pur trattandosi di un elemento probatorio che, secondo l’assunto difensivo della contribuente, era decisivo perchè idoneo a giustificare tutte le movimentazioni bancarie in uscita dai conti correnti ad essa intestati ed a dimostrare il pagamento rateale del prezzo di compravendita del terreno in favore della Cogeim s.r.l. in data successiva alla stipula dell’atto notarile del 3.8.2000.

Ne consegue che l’errore denunziato dalla contribuente si traduce nella censura che il giudice, nel risolvere la questione controversa, avrebbe omesso di esaminare un elemento probatorio decisivo, ma tale errore, per sua natura, può dar luogo ad un vizio di motivazione, ma non ad un vizio revocatorio.

Il ricorso va, pertanto, accolto, con conseguente cassazione della sentenza e, decidendo nel merito, va dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo della contribuente.

Avuto riguardo allo svolgimento del processo, si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito.

Alla soccombenza segue la condanna della controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa interamente tra le parti le spese relative ai gradi del giudizio di merito. Condanna la controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 18.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018

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