Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33510 del 27/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 29/11/2018, dep. 27/12/2018), n.33510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28213/2012 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

EDES SRL, rappresentata e difesa dall’avv. Mauro Umiltà, dall’avv.

Raffaella Muroni e dall’avv. Antonio Rizzo, con domicilio eletto

presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Toscana n. 10.

– controricorrente, ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, sezione n. 38, n. 53/38/12, pronunciata il 3/04/2012,

depositata il 10/04/2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 novembre

2018 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La controversia riguarda l’impugnazione, da parte della Edes Srl, dell’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione, ai fini IRES e IRAP, per anno d’imposta 2006, per quanto ancora rileva, dal conto “Provvigioni agenti” della società, Euro 11.984,00, quali costi indeducibili in quanto non di competenza dell’esercizio 2006, dai conti “Compenso amministratori” e “Contributi previdenziali amministratori”, rispettivamente Euro 114.516,00 ed Euro 12.876,00, quali costi indeducibili perchè privi dei requisiti della certezza e della determinabilità;

2. la Commissione tributaria provinciale di Varese, con sentenza n. 207/07/2010, accolse parzialmente il ricorso (limitatamente ad altri rilievi, ormai estranei al thema decidendum), ma rigettò l’opposizione con riferimento alle suindicate riprese a tassazione;

3. la contribuente ha impugnato la sentenza in relazione ai capi a sè sfavorevoli e la Commissione tributaria regionale della Lombardia (in seguito: “CTR”), con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello riconoscendo la deducibilità dei compensi e dei contributi previdenziali degli amministratori, mentre ha rigettato il gravame in punto di deducibilità dei costi per provvigioni (passive);

per un verso, la Commissione lombarda ha ravvisato la deducibilità del costo riconoscendone i requisiti dell’inerenza e della certezza, poichè dalla documentazione esibita dalla contribuente in fase di verifica, il pagamento agli amministratori dei compensi, dei contributi previdenziali e la loro entità figuravano nella nota integrativa al bilancio 2006 e nel verbale assembleare del 30/04/2007; per altro verso, invece, la CTR ha reputato che la provvigione dovuta all’agente è di competenza dell’esercizio in cui viene stipulato il contratto tra il proponente (la società) e il cliente, ossia, nella specie, dell’esercizio 2005, in quanto le fatture emesse dagli agenti per provvigioni, spesate nel 2006, riguardavano vendite perfezionatesi nel 2005, a prescindere dalla pattuizione, nel contratto d’agenzia, del differimento dell’accredito delle stesse provvigioni alla data dell’effettivo pagamento degli ordini procacciati dall’agente;

4. l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo; resiste la contribuente con controricorso, nel quale svolge ricorso incidentale, sulla base di tre motivi;

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo del ricorso principale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Ufficio denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 109 T.U.I.R., comma 1, dell’artt. 2364,2389 c.c., in quanto, posto che la Edes Srl ha portato in deduzione, per l’anno 2006, il costo dei compensi (e dei connessi contributi previdenziali) degli amministratori, non previsti nel loro ammontare dallo statuto sociale e non deliberati con apposita decisione assembleare, ma inseriti, quale voce specifica, nel bilancio d’esercizio, approvato all’unanimità dall’assemblea dei soci, la CTR avrebbe riconosciuto contra legem la legittimità di tali deduzioni ponendosi in contrasto coll’orientamento delle Sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. 29/08/2009, n. 21933);

1.1. il motivo è fondato;

si osserva che non vi sono ragioni per discostarsi dai principi di diritto affermati dalla Corte (con la sentenza appena richiamata), secondo cui: “Con riferimento alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell’art. 2389 c.c., comma 1 (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003), qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall’essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell’interesse pubblico al regolare svolgimento dell’attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall’assemblea (art. 2630 c.c., comma 2, abrogato D.Lgs. n. 61 del 2002, art. 1); la distinta previsione delle delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364 c.c., n. 1 e 3); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 c.c.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393 c.c., comma 2). Conseguentemente, l’approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dal citato art. 2389 c.c., salvo che un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori.”;

è il caso di precisare – il che consente di superare le censure d’inammissibilità mosse dalla contribuente alla doglianza dell’Ufficio innanzitutto, che il decisum delle Sezioni unite si riferisce, in generale, alle società di capitali e non, come ventila la società, alle sole Spa (nel caso in esame la contribuente è una Sri); in secondo luogo, che la circostanza che la CTR abbia affermato che il pagamento dei compensi agli amministratori ed il loro importo risultasse dalla nota integrativa del bilancio 2006 e dal verbale d’assemblea del 30/04/2007, non costituisce un’autonoma ratio decidendi, non impugnata dall’Ufficio e che, semmai, rappresenta il sostrato fattuale della censura dell’Amministrazione finanziaria secondo cui, appunto, era incontestato, da un lato, che il quantum del compenso spettante agli amministratori non era stato fissato nello statuto, dall’altro, che il compenso dell’organo amministrativo non era stato deciso con la specifica deliberazione assembleare, ma era stato deciso, dall’assemblea totalitaria, congiuntamente all’approvazione del bilancio 2006;

giova, altresì, rimarcare che il dictum delle Sezioni unite è stato, di recente, riaffermato da questa Corte, nei seguenti termini, che ben si attagliano alla presente controversia: “(…) l’approvazione in sè del bilancio, pur se contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori, non è idonea ai predetti fini, salvo che un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori – cfr. Cass. n. 20265/2013; Cass. n. 22761/2014; Cass. n. 17673/2013; Cass. sez. un., 29 agosto 2008, n. 21933; Cass. n. 28243/2005. Tali principi, ribaditi di recente da Cass. n. 5349/2014, che ha pure sottolineato come la necessità della preventiva delibera assembleare è funzionale alla certezza del costo, sono stati ulteriormente confermati da questa Corte con la sentenza n. 21953/2015, esaminando incidentalmente, con motivazioni che devono intendersi qui integralmente richiamate, la questione circa l’applicabilità della disciplina codicistica (art. 2389 c.c.) in tema di compensi degli amministratori di società di capitali agli amministratori di s.r.l, anche in seguito alla riforma del diritto societario conseguente al D.Lgs. n. 6 del 2003 che non pare potersi escludere anche in assenza di esplicito richiamo alla disciplina in tema di spa, risultando peraltro dallo stesso statuto societario (p. 19) la competenza assembleare a decidere i compensi all’amministratore (…).” (Cass. 8/06/2016, n. 11780);

tornando alla materia del contendere, la CTR si è discostata da tali canoni giuridici ed ha riconosciuto la deducibilità dei costi dei compensi (e dei relativi contributi previdenziali) degli amministratori, perchè (non solo “inerenti”, ma anche) “certi” in quanto riportati nel bilancio 2006 (recte: nella nota integrativa al detto bilancio), approvato dall’assemblea totalitaria dei soci, senza, tuttavia, verificare se lo stesso consesso avesse o meno espressamente e specificamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei medesimi emolumenti;

2. con il primo motivo di ricorso incidentale condizionato, sotto la rubrica: “1) in via condizionata all’accoglimento del motivo di cassazione avversario, per difetto di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, per omissione di pronuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4 e n. 3, per violazione o falsa applicazione dell’art. 95, comma 5, in combinato disposto con l’art. 109 T.U.I.R.”, la contribuente deduce l’omessa pronuncia, da parte della CTR, sulla questione, sollevata dalla società, secondo cui la deducibilità dei compensi può essere effettuata nel rispetto del principio di cassa;

3. con il secondo motivo, sotto la rubrica: “2) in via condizionata all’accoglimento del motivo di cassazione avversario, per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 546 del 1992, art. 8, ex art. 360 c.p.c., n. 4, e comunque ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 1, comma 2, e del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 32,comma 2, in materia di sanzioni IRES e IRAP per dichiarazioni infedeli.”, la contribuente chiede la disapplicazione delle sanzioni poichè la soluzione della vertenza, secondo la sua prospettazione, sarebbe dipesa dal mutamento dell’indirizzo della giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. un. 29/08/2009, n. 21933);

4. entrambi i motivi sono assorbiti per effetto dell’accoglimento del ricorso principale dell’Agenzia in quanto le doglianze in essi contenute potranno essere esaminate dalla Corte territoriale nel giudizio di rinvio;

5. con il terzo motivo, rubricato: “in ogni caso, per difetto e contraddittorietà di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, o comunque ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 109 T.U.I.R., comma 2, in relazione all’art. 1748 c.c., comma 4, nella parte in cui viene rigettato il primo motivo di appello relativo alla deducibilità dei costi per provvigioni agenti (…).”, la contribuente addebita alla Commissione lombarda di avere confermato l’indeducibilità dei costi per provvigioni degli agenti, in ragione del principio di competenza, senza considerare che, se di regola il diritto dell’agente alla provvigione sorge quando l’operazione è stata conclusa, tuttavia, i detti articoli prevedono una deroga nel caso in cui sia diversamente pattuito e, in effetti, nella specie, era stato contrattualmente previsto che le provvigioni fossero riconosciute: “con decorrenza dalla data in cui si è verificato il totale pagamento degli ordini evasi”;

5.1. il (complesso) motivo, nella duplice prospettazione della violazione di legge e del vizio di motivazione, è fondato;

s’intende dare continuità al fermo indirizzo della Corte, secondo cui: “In tema di imposte sui redditi, e con riferimento alla determinazione del reddito d’impresa, il principio, desumibile del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 (attuale 109), comma 1, secondo il quale è esclusa la deducibilità delle provvigioni spettanti all’agente non ancora dovute nè determinate nel loro ammontare, in quanto contrattualmente condizionate al buon fine delle prestazioni, e, dunque, non ancora sorrette dal requisito della certezza, normativamente prescritto ai fini dell’imputabilità ai costi di esercizio, trova applicazione anche nell’ipotesi in cui le parti legittimamente pattuiscano, alla luce della nuova formulazione dell’art. 1748 c.c., ed in deroga alla previsione generale, che il diritto dell’agente alle provvigioni maturi solo “al buon fine” dell’affare e non nel momento in cui il proponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo.” (Cass. 30/07/2014, n. 17302);

nella specie, la CTR non si è uniformata a tale regula iuris e, erroneamente, non ha applicato il principio di cassa enunciato da questa Corte;

6. alla stregua di tali considerazioni, accolto l’unico motivo del ricorso principale, accolto il terzo motivo del ricorso incidentale, assorbiti il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale, la sentenza è cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui è demandato anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità;

PQM

la Corte accoglie il ricorso principale dell’Agenzia delle entrate e il terzo motivo del ricorso incidentale della contribuente; dichiara assorbiti il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza, in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018

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