Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3351 del 13/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3351 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: SESTINI DANILO

SENTENZA

sul ricorso 12012-2008 proposto da:
IMMOBILIARE LA CLAVA SRL gia AGENZIA PORTO QUADRO
VACANZE SRL 13369860153, in persona del suo legale
rappresentante in carica pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA RUGGERO FAURO 43, presso lo
studio dell’avvocato PETRONIO UGO, che la rappresenta
e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

DEIANA ROBERTO & FLORIS CARLO SNC, in persona del suo
legale rappresentante e Amministratore p.t. ROBERTO

Data pubblicazione: 13/02/2014

DEIANA,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALBERICO II 10, presso lo studio dell’avvocato
SCORSONE FRANCESCO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ZUARDI SCORSONE CATERINA
giusta delega in atti;
SISET

INCREMENTO

02163501006,

SVIL

EDILIZIO

TURISTICO

SRL

in persona del liquidatore legale

rappresentante in carica ANNA MARIA RICCI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q.VISCONTI,
61, presso lo studio dell’avvocato PACELLI MARIANNA,
rappresentata e difesa dall’avvocato MOCCI MAURO
giusta delega in atti;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 741/2007 della CORTE D’APPELLO
DI CAGLIARI SEZ.DIST. DI SASSARI, depositata il
30/11/2007 R.G.N. 460/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/12/2013 dal Consigliere Dott. DANILO
SESTINI;
udito l’Avvocato UGO PETRONIO;
udito l’Avvocato FRANCESCO SCORSONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilita’ del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società Agenzia Porto Quadro Vacanze s.r.l. conveniva in
giudizio avanti al Tribunale di Tempio Pausania la Deiana Roberto
e Floris Carlo s.n.c. e la SISET s.r.l. per sentir dichiarare la
risoluzione, per inadempimento delle convenute, dei contratti di
locazione che l’attrice aveva stipulato -in qualità di

al risarcimento dei danni.
Lamentava che le unità immobiliari ad essa locate non erano
risultate idonee all’uso previsto (ossia ad essere sublocate per
soggiorni estivi) e che ciò le aveva cagionato ingenti pregiudizi
(in quanto gli utili ricavati dalle ‘affittanze’ erano stati
inferiori ai notevoli costi sostenuti); aggiungeva che non aveva
potuto ricavare alcun utile neppure dalla vendita degli immobili,
per cui aveva ricevuto un espresso mandato dalle locatrici.
Entrambe le convenute si costutuivano in giudizio contestando
le domande (atteso che la conduttrice aveva preso visione delle
villette prima della sottoscrizione dei contratti e che l’azione
era motivata unicamente dal fatto che l’attrice non aveva ricavato
dalla sublocazione gli utili sperati) e richiedendo, in via
riconvenzionale, il pagamento dei canoni fino all’ottobre 1990.
Il Tribunale adito pronunciava sentenza parziale, con cui
accoglieva la domanda di risoluzione ed emetteva condanna generica
delle convenute al risarcimento del danno, cui faceva seguito la
sentenza definitiva, con la quale venivano quantificati gli
importi dovuti.
Proposto appello dalla Deiana Roberto e Floris Carlo s.n.c.,
si costituivano in giudizio la Agenzia Porto Quadro, che resisteva
alla domanda, e la SISET s.r.1., che aderiva alle tesi
dell’appellante principale e proponeva appello incidentale per
l’accoglimento della propria domanda riconvenzionale.
Disposta la sospensione della provvisoria esecuzione, la Corte
di Appello di Cagliari, Sezione Distaccata di Sassari riformava la

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conduttrice- con le anzidette società, con condanna delle stesse

sentenza impugnata, respingendo sia le domande dell’attrice che
quelle riconvenzionali e condannando la prima al pagamento
integrale delle spese del giudizio di primo grado e della metà
delle spese del giudizio di gravame.
Avverso detta sentenza (n. 741/2007) propone ricorso per
cassazione la soc. Immobiliare La Clava s.r.l. (già Agenzia Porto
Quadro Vacanze s.r.1.), affidandolo a otto motivi (oltre ad un

illustrati da memoria; le intimate resistono a mezzo di
controricorso.

moTrvI DELLA DECISIONE
l. Al ricorso in esame si applica -ratione temporis- il
disposto dell’art. 366 bis c.p.c., in quanto la sentenza è stata
depositata il 30.11.2007.
2. Con il primo motivo, la ricorrente deduce “violazione e
falsa applicazione degli artt. 2730 c.c. e 116 c.p.c. – omessa,
contraddittoria e insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio – art. 360 nn. 3 e 5
c.p.c”, formulando i seguenti “quesiti di diritto”: “I. se si
possa ritenere provata una circostanza di fatto (nella specie,
l’effettiva conoscenza dello stato dei luoghi e dei beni)
attraverso elementi indiziari contenuti in scritti difensivi
sottoscritti unicamente dal procuratore ad litem ma smentiti
completamente da altre risultanze probatorie documentali non prese
in esame”; “II. se si possa ritenere correttamente motivata una
sentenza che ritenga provata una circostanza di fatto (nella
specie, l’effettiva conoscenza dello stato doi luoghi
attraverso elementi indiziari contenuti in

Q

scritti

dei beni)
difensivi

sottoscritti unicamente dal procuratore ad litem ma che siano
smentiti completamente da altre risultanze probatorie documentali
non prese in esame”.
2.1. Il motivo, benché dedotto come ‘misto’ -sotto i distinti
profili di cui al n. 3 e al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.- prospetta,
in realtà, soltanto un vizio di motivazione, giacché, per quanto

4

altro -non numerato- in coda ai motivi quattro e cinque)

emerge dal consolidato orientamento di questa Corte (richiamato
dalla stessa ricorrente), può essere ipotizzato un vizio di
violazione di legge in relazione all’art. 2730 c.c. soltanto
quando il giudice attribuisca valore confessorio agli scritti
difensivi sottoscritti unicamente dal procuratore ad litem, mentre
è configurabile esclusivamente un vizio di motivazione “allorché,
mancando la sottoscrizione della parte, il giudice si limiti a

costituito dalla ammissione del procuratore, tralasciando
completamente altre risultanze istruttorie” (Cass. n. 6750 del 5
maggio 2012); è ciò che ricorre nel caso in esame, atteso che la
ricorrente lamenta proprio che sia stato dato rilievo preminente
ad un’affermazione contenuta nell’atto di citazione, trascurandosi
completamente altre risultanze probatorie.
2.2. Ciò detto, deve rilevarsi come difetti la formulazione
del ‘momento di sintesi’ del fatto controverso prescritta
dall’art. 366 bis c.p.c. e, altresì, come manchi del tutto la
specifica indicazione (ex artt. 366 n. 6 c.p.c..) degli atti
processuali e dei documenti sui quali si fonda la censura, ossia
delle altre risultanze istruttorie che si assumono “tralasciate” e
che, secondo la prospettazione della ricorrente, avrebbero dovuto
determinare il giudice di merito ad una diversa valutazione: il
motivo risulta pertanto inammissibile.
3.

Ad identiche conclusioni deve pervenirsi in ordine al

secondo motivo, che censura anch’esso la sentenza impugnata per il
fatto di avere desunto elementi indiziari contrari alla tesi
dell’attrice dal contenuto di un capitolo di prova articolato
dalla stessa deducente: anche in questo caso, la denuncia del
vizio (prospettabile unicamente ai sensi dell’art. 360 n. 5) non è
assistita dalla necessaria ‘sintesi fattuale’

e difetta

dell’indicazione specifica degli elementi documentali su cui la
stessa si fonda.
4. Col terzo motivo -assistito da cinque quesiti di dirittosi deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e

5

fondare il proprio convincimento sull’elemento indiziario

112, 324, 342 e 346 c.p.c. – omessa, contraddittoria e
insufficiente motivazione – art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.”:
dall’illustrazione del motivo e dai quesiti, si evince che la
ricorrente censura la Corte territoriale per avere ritenuto
inammissibili (uno totalmente e l’ altro parzialmente) due
capitoli di prova -dedotti dalla stessa attrice- che erano stati
ammessi dal giudice di prime cure e in ordine ai quali le

primo grado né avevano proposto motivi di appello: la Corte di
Appello avrebbe pertanto violato il giudicato formatosi sul punto
e, altresì, i principi “della corrispondenza tra chiesto e
pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. e della completezza
dell’appello di cui all’art. 342 c.p.c.”.
4.1. Il motivo, pur richiamando le ipotesi di cui ai nn. 3 e 5
dell’art. 360 c.p.c., cumula -in realtà- censure relative a
violazione di legge (quanto alla dedotta inosservanza del
giudicato ex artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c.), ad errores in
procedendo (art. 112, 342 e 346 c.p.c.) e a vizi motivazionali.
4.2. La censura relativa alla violazione del giudicato che si
sarebbe formato sull’ammissibilità della prova testimoniale non è
assistita da uno specifico quesito di diritto e risulta, pertanto,
inammissibile.
4.3. La prospettazione della violazione degli artt. 112, 342 e
346 c.p.c. non risulta inquadrata -come avrebbe dovuto esserenell’ambito dell’error in procedendo di cui al n. 4) dell’art. 360
c.p.c.: ne consegue, anche in questo caso, l’inammissibilità.
4.4. Il vizio motivazionale illustrato dai quesiti da V a IX
(che, sebbene formulati alla stregua di quesiti di diritto,
contengono un’adeguata sintesi del fatto ‘processuale’
controverso), afferente alla mancata utilizzazione di prove
testimoniali ammesse in primo grado, risulta infondato.
4.5. Premesso che dalla sentenza impugnata emerge che la parte
appellante aveva contestato l’ammissibilità della prova “sia prima
che dopo il provvedimento ammissivo ed aveva ribadito tale

6

controparti non avevano rassegnato conclusioni istruttorie in

opposizione anche in sede di precisazione delle conclusioni,
nonostante ciò non risulti dalle conclusioni trascritte nella
sentenza appellata (vedi verbale udienza del 17.2.2005)”, e
considerato -altresì- che la presunzione di rinuncia prevista
dall’art. 346 c.p.c. non si estende anche alle istanze istruttorie
quando sia stata impugnata in toto la sentenza (in quanto la loro
riproposizione è insita nella richiesta di accoglimento

è stata ammissione di prove precedentemente rigettate, ma è stata
ritenuta inutilizzabile (in tutto, per un capitolo, e in parte,
per altro capitolo) una prova testimoniale ammessa dal primo
giudice che la Corte di Appello ha invece considerato
inammissibile (trattandosi di capitolo “intriso di valutazioni” e
“generico”): ciò era sicuramente consentito alla Corte, in quanto
il giudice di appello può legittimamente ritenere “non
utilizzabile ai fini della sua decisione” una prova testimoniale
che ritiene “erroneamente ammessa in primo grado” (Cass. n. 15480
del 14.9.2012).
5.

Il quarto motivo (che deduce “violazione e falsa

applicazione dell’art. 116 c.p.c.. Omessa, contraddittoria e
insufficiente motivazione circa un punto decisivo della
controversia – art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.”), pur articolato in modo
misto, introduce esclusivamente una censura di vizio motivazionale
e si sostanzia in un’inammissibile richiesta di rivalutazione dei
fatti, come si evince dallo stesso tenore dei quesiti X e XI, che
si limitano a sollecitare l’adesione della Corte alla censura
proposta.
6. Altrettanto deve dirsi per il quinto motivo ((“violazione e
falsa applicazione dell’art. 116 C.P.C., nonché violazione e falsa
applicazione dell’art. 12 delle preleggi e dell’art. 1362 c.c. Omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione circa un punto
decisivo della controversia – art. 360 nn. 3 e 5 C.P.C.”) e per un
ulteriore motivo (indicato senza numero progressivo) in cui,
0 e il 5 ° motivo
secondo la ricorrente, “si risolvono” il 4

7

dell’impugnazione), deve rilevarsi che, nel caso in esame, non vi

(“violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 c.c.-Risollibilità
del contratto per inadempimento, dell’art. 1455 c.c.-Importanza
dell’inadempimento, dell’art. 1456 c.c.-Clausola risolutiva
espressa”): anche con questi i motivi, la ricorrente sollecita una
ricostruzione del fatto diversa da quella effettuata dalla Corte
territoriale, senza prospettare -in modo specifico e documentatole circostanze che -se effettivamente e correttamente valutate-

7. In ordine al sesto motivo (con cui si contesta, ex art.
360, nn. 3 e 5 c.p.c., la scelta della Corte territoriale di non
tenere in alcun conto gli esiti della C.T.U. in quanto “veramente
esplorativa” e “ammessa dal primo giudice in assenza di ogni
presupposto legale”) valgono le considerazio ni svolte al punto 4.5
circa la possibilità del giudice dell’appello di rivalutare
liberamente il materiale probatorio acquisito in primo grado, a
prescindere dall’assenza di contestazioni in merito all’ammissione
della consulenza; deve aggiungersi che la mancata specifica
indicazione degli atti processuali rilevanti (quali il verbale
contenente i quesiti sottoposti al consulente e la relazione di
C.T.U.) non consente alla Corte di verificare l’esistenza del
vizio motivazionale denunciato: ne consegue anche in questo caso
l’inammissibilità del motivo.
8. Anche il settimo e l’ottavo motivo (che denunciano la non
corretta interpretazione dei contratti intercorsi fra le parti in
relazione al mandato a vendere conferito alla ricorrente e
l’erronea conclusione che il contratto di locazione doveva
considerarsi risolto per mutuo consenso sin dal gennaio 1990)
deducono -nella sostanza- soltanto vizi motivazionali, presentano
quesiti (che dovrebbero essere “di fatto”, ma risultano formulati
come “quesiti di diritto”) meramente assertivi e difettano della
compiuta specificazione degli atti processuali (in primo luogo, le
scritture contrattuali) sui quali sono necessariamernte fondati:
anche per essi si impone la declaratoria di inammissibilità
9. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

8

avrebbero determinato un diverso esito del giudizio.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a
rifondere alle controparti le spese del grado, liquidate in C
12.200,00 (di cui C 200,00 per spese) in favore della Deiana
Roberto e Floris Carlo s.n.c. ed in C 7.200,00 (di cui C 200,00
per esborsi) in favore della SISET s.r.1., il tutto oltre
accessori.

Il Consigliere est.
Il Presidente

Roma, 9.12.2013

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