Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33503 del 27/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 29/11/2018, dep. 27/12/2018), n.33503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8212/2012 R.G. proposto da:

G.M., rappresentato e difeso, come da procura speciale a

margine del ricorso, dall’Avv. Nunzio Raimondi, elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’Avv. Sergio Castagna, sito in

Roma, Largo Toniolo n. 6;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Calabria n. 227/08/2011, depositata il 22 settembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 novembre

2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate emetteva due avvisi di accertamento nei confronti di G.M., commercialista, per gli anni 2003 e 2004, a seguito di accertamenti bancari compiuti ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, ai fini Irpef, Iva e Irap.

2. La Commissione tributaria provinciale rigettava i ricorsi riuniti.

3. La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello del contribuente, evidenziando, per quello che ancora qui rileva, che la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, era una presunzione legale, che la consulenza tecnica di parte, contenente valutazioni in ordine alla “differenze non giustificate” dall’Agenzia, quanto alle movimentazioni bancarie, prodotta nel giudizio di appello, non poteva essere acquisita agli atti e presa in considerazione, in quanto costituiva non un mezzo di prova, ma una semplice allegazione di contenuto tecnico, sicchè, quale semplice indizio, non vi era obbligo del giudice di tenerne conto.

4.Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il contribuente, che depositava memoria scritta.

5.Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce “Cassazione della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, in quanto la Commissione regionale non ha tenuto conto della perizia asseverata con indicazione analitica del “dettaglio dei versamenti effettuati”, sicchè “la corretta valutazione del fatto dedotto avrebbe determinato una diversa decisione, perfettamente aderente alla realtà”. Tra l’altro, i fatti oggetto della perizia di parte erano già stati dedotti in giudizio, tanto che i “conteggi analitici prospettati dal ricorrente non avevano trovato opposizione da parte della difesa dell’ufficio procedente”, essendo quindi non contestati ai sensi dell’art. 115 c.p.c., a dimostrazione che i versamenti affluiti sul conto corrente non erano ricollegabili ad introiti derivanti dall’esercizio della professione.

2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente chiede “Cassazione della sentenza di gravame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto”, in quanto l’effettiva natura dei versamenti, come risultante dalle deduzioni del contribuente, non era stata contestata dalla Agenzia delle entrate, rendendo i fatti pacifici ai sensi dell’art. 115 c.p.c.

2.1. I motivi primo e secondo, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono inammissibili.

2.2. Invero, si rileva, anzitutto, che, nel processo tributario, la perizia stragiudiziale, come pure le perizie estimative, prodotte, singolarmente o nel contesto di scritti difensivi, dal contribuente o da organi tecnici dell’amministrazione, hanno contenuto di allegazione difensiva a contenuto tecnico; ne consegue la loro producibilità nel contesto di memoria difensiva nel rispetto del termine di dieci giorni prima dell’udienza pubblica di discussione della causa in appello, del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 58, comma 2 e art. 32, comma 2, (Cass. Civ., 29 settembre 2017, n. 22965; Cass. Civ., 11 novembre 2011, n. 23590; Cass. Civ., 1 aprile 2016, n. 6351; Cass. Civ., 19 ottobre 2016, n. 21132; Cass. Civ. Sez. Un., 3 giugno 2013, n. 13902; Cass. Civ., 24 agosto 2017, n. 20347).

2.3. Inoltre, per questa Corte la perizia giurata depositata da una parte non è dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato. Non essendo prevista dall’ordinamento la precostituzione fuori del giudizio di un siffatto mezzo di prova, ad essa si può solo riconoscere valore di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, il cui apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito ma della quale non è obbligato in nessun caso a tenere conto (Cass. Civ., sez. 2, 19 maggio 1997, n. 4437).

2.4. Fatte queste necessarie premesse, deve affermarsi l’inammissibilità dei due motivi di ricorso, in quanto il ricorrente, da un lato, non ha trascritto il contenuto della perizia di parte, non consentendo alla Corte di conoscere la natura, la consistenza e la portata dei fatti ivi dedotti, e dall’altra, non ha indicato, quanto alla doglianza di mancata applicazione del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c., il contenuto esatto delle deduzioni del ricorrenti e la fase processuale in cui tali eventuali specifiche deduzioni siano state ritenute pacifiche in base alla condotta processuale della Agenzia delle entrate.

Infatti, in tema di ricorso per cassazione, quando il motivo di impugnazione si fondi sul rilievo che la controparte avrebbe tenuto condotte processuali di non contestazione, per consentire alla Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, il ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, deve sia indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese, sia contenere la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi (Cass. Civ., 9 agosto 2016, n. 16655; Cass. Civ., 13 ottobre 2016, n. 20637). Il principio di autosufficiente, quindi, impone al ricorrente, di indicare in quale atto sia stata allegata la circostanza che si assume come “pacifica” ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta non contestata (Cass. Civ., 12 ottobre 2017, n. 24062).

2.5.Tra l’altro, si osserva che, in sede di legittimità, non può essere dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo della controversia per la mancata considerazione di una perizia stragiudiziale, in quanto la stessa costituisce un mero argomento di prova (Cass. Civ., 9 aprile 2018, n. 8621, in fattispecie definita con sentenza di appello pubblicata dopo il D.L. n. 83 del 2012).

3. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente a rimborsare in favore dell’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 8.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 29 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018

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