Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33499 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. I, 17/12/2019, (ud. 16/10/2019, dep. 17/12/2019), n.33499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22188/2018 proposto da:

D.A.O., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Andrea Cannata giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA depositato il 2/7/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/10/2019 dal cons. PAZZI Alberto.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. con decreto depositato in data 2 luglio 2018 il Tribunale di Brescia respingeva il ricorso proposto da D.A., cittadino della Guinea, avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato politico, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 14 e ss. o alla protezione umanitaria previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; in particolare il Tribunale, dopo aver sottolineato le incongruenze presenti nel racconto del migrante (il quale aveva dichiarato di aver lasciato il proprio paese di origine a seguito di un’aggressione subita per motivi politici e dopo l’assassinio, per le medesime ragioni, di un suo amico), riteneva che non fossero emersi elementi da cui fosse possibile trarre la conclusione che la vita del migrante potesse essere in pericolo in caso di rimpatrio, rimanendo così precluso l’accoglimento della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria formulata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

il collegio di merito escludeva poi il ricorrere dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), dato che l’attuale situazione del paese di origine non era caratterizzata da una generalizzata e indiscriminata violenza derivante da conflitto armato;

infine, rispetto alla richiesta di protezione umanitaria, il Tribunale, rilevato che il richiedente asilo non aveva dedotto fattori soggettivi di vulnerabilità, osservava che le criticità del paese di provenienza non davano luogo a una emergenza umanitaria generalizzata, di modo che l’eventuale integrazione nel paese ospitante non era elemento di per sè idoneo a riconoscere il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

2. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia D.A. al fine di far valere due motivi di impugnazione;

resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

3.1 il primo motivo di ricorso deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in quanto il Tribunale avrebbe fondato la propria valutazione negativa in ordine alla credibilità delle dichiarazioni del ricorrente su parametri diversi da quelli normativi, tralasciando di considerare i riscontri oggettivi relativi alla situazione generale esistente in Guinea, dove le violazioni dei diritti umani erano diffuse in tutto il territorio;

3.2 il ricorrente, nell’assumere che il Tribunale non abbia calato la vicenda personale del ricorrente nella situazione generale del paese così implicitamente denunciando la violazione del disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), secondo cui le dichiarazioni del richiedente asilo sono ritenute veritiere, anche se non suffragate da prove, ove risultino coerenti, plausibili e non in contraddizione con le informazioni generali pertinenti al suo caso -, prescinde dal contenuto del provvedimento impugnato, che non solo ha valutato le informazioni generali disponibili sui contrasti fra gruppi etnici, con implicazioni politiche, verificatisi in Guinea, ma ha anche ritenuto che, al di là delle incongruenze del racconto, non fossero emersi elementi da cui potesse trarsi l’esistenza di un pericolo per vita del ricorrente in caso di rimpatrio, dato che l’aggressione da questi subita e la morte in circostanze misteriose dell’amico militante nel suo stesso partito politico apparivano vicende del tutto scollegate fra loro;

ne discende l’inammissibilità della doglianza, in primis perchè priva di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata e come tale assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.p., comma 1, n. 4), (Cass. 20910/2017);

d’altra parte la questione non è di nessuna decisività, perchè il giudice di merito ha rigettato la domanda fondando la propria decisione non tanto sulla non credibilità soggettiva del migrante, seppur ravvisata, ma piuttosto sull’impossibilità di individuare nella situazione rappresentata i presupposti necessari per riconoscere le forme di protezione richieste;

4.1 il secondo mezzo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in quanto il Tribunale, chiamato a verificare la presenza di una condizione di vulnerabilità da proteggere alla luce degli obblighi costituzionali e internazionali gravanti sullo Stato italiano, avrebbe omesso di valorizzare diritti coinvolgenti la sfera personale e umana del migrante, quali il diritto alla salute e all’alimentazione, alla luce del percorso di integrazione da questi compiuto nel contesto sociale del paese di accoglienza;

4.2 il ricorrente assume che il Tribunale non abbia valorizzato, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, la situazione esistente nel paese di origine, inidonea a garantire il suo diritto alla salute e all’alimentazione;

il decreto impugnato tuttavia non fa il minimo cenno a una simile questione, che dalla lettura decisione non risulta fosse stata posta dal ricorrente;

nè dalla narrativa del ricorso per cassazione, come pure dallo svolgimento dei motivi, risulta che il reclamante, nel corso del giudizio di merito, avesse allegato – posto che la domanda diretta a ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 27336/2018) – che un eventuale rimpatrio avrebbe compromesso il suo diritto alla salute e all’alimentazione;

sicchè trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni comportanti accertamenti in fatto di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 13/3/2018 n. 6089, Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675);

5. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.100 oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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