Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33498 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. I, 17/12/2019, (ud. 16/10/2019, dep. 17/12/2019), n.33498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22042/2018 proposto da:

T.M.E., elettivamente domiciliato in Roma, piazza

Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’Avvocato Lorenzo Trucco giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

(OMISSIS), Procura Generale Repubblica Corte Suprema Cassazione;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA depositato il 7/3/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/10/2019 dal Cons. Pazzi Alberto.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. con decreto depositato in data 31 maggio 2018 il Tribunale di Brescia respingeva il ricorso proposto da T.M.E., cittadino del Camerun, avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato politico, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 14 e ss. o alla protezione umanitaria previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

in particolare il Tribunale, dopo aver rilevato che la narrazione del ricorrente (il quale aveva dichiarato di aver lasciato il proprio paese di origine dopo aver investito, alla guida di un camion, due persone, uccidendole) non consentiva di individuare i presupposti per il diritto al rifugio ma era riconducibile al più agli estremi della protezione sussidiaria, riteneva che il racconto offerto, contraddittorio, non coerente e non credibile sotto molteplici profili, fosse totalmente inattendibile, rimanendo così precluso l’accoglimento della richiesta di protezione sussidiaria formulata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

il collegio di merito osservava poi che il migrante non aveva dedotto il ricorrere dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), aggiungendo, per completezza, che nella zona di provenienza del migrante non erano segnalati scontri;

infine, rispetto alla richiesta di protezione umanitaria, il Tribunale rilevava che il richiedente asilo non aveva dedotto a tal proposito fattori meritevoli di protezione diversi da quelli già esaminati e ritenuti inattendibili, riscontrando peraltro che le criticità del paese di provenienza non davano luogo a una emergenza umanitaria generalizzata o alla privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale;

2. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia T.M.E. al fine di far valere due motivi di impugnazione;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto alcuna difesa;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

3.1 il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica “in via preliminare: richiesta di sollevare una questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., e commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5; art. 117 Cost., comma 1, così come integrato dall’art. 46, paragr. 3 della Direttiva n. 32/2013 e dagli artt. 6 e 13 della CEDU, per quanto concerne la previsione del rito camerale ex art. 737 ss. c.p.c., e relative deroghe espresse dal legislatore, nelle controversie in materia di protezione internazionale”, assume che le disposizioni introdotte dalla L. n. 46 del 2017 imporrebbero una irragionevole compromissione del contraddittorio, del diritto a un giusto processo e del diritto alla difesa, dato che è stato previsto un contraddittorio puramente cartolare ed eventuale, senza fissazione di un’udienza per la comparizione del richiedente asilo unitamente al suo difensore e la sua audizione e con abrogazione della fase di impugnazione avanti alla Corte d’appello;

3.2 la questione è manifestamente infondata;

difatti non v’è alcun dubbio che il procedimento camerale, da sempre impiegato anche per la trattazione di controversie su diritti e status, sia idoneo a garantire l’adeguato dispiegarsi del contraddittorio con riguardo al riconoscimento della protezione internazionale, neppure potendo riconoscersi rilievo all’eventualità della soppressione dell’udienza di comparizione, sia perchè essa è circoscritta a particolari frangenti nei quali la celebrazione dell’udienza non si risolverebbe in un superfluo adempimento, tenuto conto dell’attività in precedenza svolta, sia perchè il contraddittorio è comunque pienamente garantito dal deposito di difese scritte (Cass. 17717/2018);

del pari è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l’ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile, in quanto è necessario soddisfare esigenze di celerità, non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado ed il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione (Cass. 27700/2018);

4.1 il secondo mezzo, sotto la rubrica “nel merito: violazione e/o erronea applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6, art. 19, ed in relazione all’art. 10 Cost., comma 3”, sostiene che il Tribunale avrebbe erroneamente escluso il ricorrere dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria pur in presenza di una situazione di vulnerabilità, stanti le gravi esperienze subite dal richiedente asilo e la sua giovane età, da apprezzarsi alla luce del percorso di integrazione compiuto sul territorio nazionale e tenendo conto delle diffuse violazioni dei diritti umani verificatesi in Camerun;

4.2 il motivo è inammissibile, a prescindere da ogni questione pertinente l’applicazione al caso di specie della disciplina normativa introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018;

esso infatti lamenta l’assenza di un giudizio comparativo fra la situazione personale del migrante nel paese di provenienza, teatro di diffuse violazione dei diritti umani, e la situazione di integrazione raggiunta nel contesto nazionale;

il che tuttavia è proprio quanto ha fatto il giudice del merito, il quale, una volta esclusa la veridicità delle dichiarazioni rese in sede di intervista, da una parte ha constatato come la situazione del Camerun non desse luogo a una emergenza umanitaria generalizzata o alla privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, dall’altra ha reputato che la fattiva volontà di inserimento nel contesto sociale nazionale non fosse indicativa del raggiungimento di una condizione di integrazione;

a fronte di tale giudizio di fatto, incensurabile in questa sede, il mezzo si fonda su argomentazioni del tutto generiche e di principio, inidonee a minare la ratio decidendi posta dal giudice di merito a base della decisione impugnata, e intende nella sostanza proporre una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito;

5. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto rigettato;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto che non sussistono – allo stato – i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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