Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33496 del 27/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 28/11/2018, dep. 27/12/2018), n.33496

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4173/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, in persona del Direttore p.t., con domicilio

eletto presso gli uffici della predetta Avvocatura, in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Mandragonese Project Arredobagni s.r.l., in persona del suo legale

rappresentante p.t., con sede in Napoli, via Trav. Corradino di

Svevia n. 10;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania depositata il 12 gennaio 2011 n. 12/39/11.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 novembre

2018 dal Cons. Leuzzi Salvatore.

Fatto

RILEVATO

che:

– L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe, di accoglimento solo parziale dell’appello proposto dall’Ente contro la sentenza della Commissione tributaria regionale summenzionata; la Commissione tributaria provinciale di Caserta aveva, a sua volta, parzialmente accolto il ricorso del contribuente, avente ad oggetto l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), mediante il quale venivano recuperati a tassazione, relativamente all’annualità fiscale 2004, per un verso, ai fini delle imposte dirette, ricavi non dichiarati e non contabilizzati e variazioni in diminuzione indeducibili in quanto scaturite da un’operazione di acquisto di un’associazione in partecipazione in realtà inesistente; per altro verso, l’ammontare dell’IVA indebitamente detratta in relazione ad un’operazione fatturata, da considerarsi inesistente, re confronti di Eight Wonders Italia s.r.l.;

– Il ricorso erariale e affidato a un solo motivo;

– Il contribuente è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con l’unico motivo del ricorso principale, l’Agenzia delle Entrate denuncia a violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo i giudici della Commissione tributaria regionale del tutto omesso di pronunciarsi sulla censura d’appello formulata dall’ufficio avuto riguardo al recupero dell’IVA indebitamente detratta in relazione alla fattura n. (OMISSIS) del 26 ottobre 2004, di acquisto correlato alla cessione parziale di un contratto di associazione in partecipazione da parte di Eight Wonders Italia s.r.l., ancorchè detta operazione fosse da ritenersi oggettivamente inesistente;

– Il motivo è infondato e va accolto;

– L’Agenzia delle entrate, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, ha riportato il contenuto dell’appello nella parte in cui deduceva la genericità della decisione di primo grado sulla lamentata operazione inesistente, contabilizzata mediante la fattura sopra esposta, segnatamente evidenziando che: “l’Amministrazione finanziaria ribadisce la legittimità e la correttezza dell’azione accertatrice che si è concretizzata nel recuperare l’IVA indebitamente detratta sull’operazione inesistente contabilizzata con la fattura di acquisto del “Corrispettivo per cessione parziale contratto di associazione in partecipazione” (fattura n. (OMISSIS) del 26 ottobre 2004 della Eight Wonders Italia srl…;”; “dagli elementi acquisiti dall’Anagrafe Tributaria non risultano atti che legittimano, in capo alla Eight Wonders l’acquisizione e quindi la titolarità dei diritti ceduti”; “è stata posta in essere un’operazione imponibile IVA che consente all’acquirente di crearsi una detrazione o un credito IVA”;

– A fronte di una censura d’appello perspicuamente mirata a porre in risalto l’inesistenza dell’operazione cui si collegava la detrazione IVA operata dalla contribuente, i giudici di seconde cure si sono limitati a condensare la motivazione della sentenza sulla questione dei costi di carburante, testualmente osservando che “in relazione all’appello incidentale proposto dall’Agenzia, lo stesso va accolto limitatamente alla richiesta di non detraibilità dei costi carburante. Invero, detti costi, D.P.R. n. 444 del 2007, ex art. 6, sono deducibili solo ed esclusivamente da parte delle imprese che operano nel settore trasporli a nulle valendo fatto che la società appellante sia intestataria di un parco autocarri iscritti all’albo trasportatori. Il recupero a tassazione di detti costi è, dunque, del tutto legittimo”;

– Con ogni evidenza non v’è traccia, nella motivazione della pronuncia, della trattazione del gravame di merito erariale in punto di indebita detrazione dell’IVA sulla fattura di acquisto per la cessione parziale del contratto di associazione in partecipazione; in nessuna parte della motivazione della sentenza impugnata si rinviene argomentazione riferibile alla questione de qua, nè si può ricavare che la stessa sia stata definita ab implicito dalla Commissione tributaria regionale;

– Ne deriva che il giudice d’appello ha indubbiamente violato il principio di diritto per cui “Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia accoglimento o di rigetto” (Cass. 11 maggio 2012, n. 7268; v. anche Cass. 12 gennaio 2016, n. 329);

– In definitiva, il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello è configurabile allorchè manchi – come in effetti è mancato completamente nella fattispecie – l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado (v. ex multis Cass. 14 gennaio 2015, n. 452; Cass. 25 settembre 2012, n. 15254);

– Il ricorso va, in definitiva, accolto e la sentenza cassata, con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, per un nuovo esame e per il governo delle spese di lite anche in relazione alla presente fase.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributarla regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 28 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018

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