Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33490 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2019, (ud. 11/10/2019, dep. 17/12/2019), n.33490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. DELL’OFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23593-2018 proposto da:

B.M.M., elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. Donata De Nittis del foro di Rimini che lo rappresenta e

difende

– Ricorrente –

MINISTERO DELL’INTERNO (92087690407), in persona del Ministro

pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi,

n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta

e difende ope legis

– Resistente –

avverso il decreto n. 1580/2018 del Tribunale di Bologna (c.c.

16/5/2018, dep. 11/6/2018)

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/10/2019 dal consigliere relatore Dott. Giovanni

Ariolli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.M.M., cittadino del Gambia ha proposto opposizione avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Bologna, Sezione Forlì-Cesena, che ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale e di protezione umanitaria.

2.Con decreto depositato l’11/6/2018, il Tribunale di Bologna ha rigettato l’opposizione.

3. B.M.M. ricorre per cassazione avverso il suddetto provvedimento; svolgendo cinque motivi ne chiede l’annullamento.

4. Il Ministero dell’Interno non si è costituito nel presente grado di giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con i primi due motivi il ricorrente denuncia: 1) “l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in relazione alle presunte difformità tra il racconto fatto in commissione e quello fatto davanti al giudice: imprecisione sulle date”; 2) “l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in merito alle supposte dichiarazioni scarsamente plausibili fatte dal richiedente”.

Entrambi i motivi sono inammissibili, trattandosi di doglianze che – lungi dal risolversi in una denunzia di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ovvero di mancanza assoluta di motivazione (ovvero di motivazione apparente o del contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o della motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile – Sez. 1, ord. n. 3340 del 5/2/2019, Rv. 652549) – attengono al percorso argomentativo seguito dal giudice di merito in relazione alla valutazione del racconto ed alla credibilità del ricorrente e che, pertanto, non sono più deducibili in sede di legittimità a seguito della modifica del numero 5 dell’art. 360 c.p.c. introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modif. L. n. 134 del 2012 (nel senso che non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, vedi ex multis S.U., n. 8053 del 7/4/2014, Rv. 629830 e S.U., n. 22598 del 25/9/2018, Rv. 650880).

6. Con il terzo motivo il ricorrente deduce “l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in relazione alle presunte difformità in relazione al fatto accaduto e alla ricostruzione della legge gambiana applicabile. Violazione di legge in relazione all’onere di collaborazione del giudice. Omessa motivazione sui rischi connessi ai rimpatri”.

Il motivo è inammissibile. Il Tribunale ha infatti ritenuto che le vicende riferite dal ricorrente – il quale ha riferito di avere subito ingiustamente un arresto operato da guardie addette alla sicurezza dei turisti perchè creduto erroneamente omosessuale mentre spalmava della crema appena venduta ad un turista – non siano credibili, sia pure nell’ambito dell’onere probatorio c.d. attenuato in quanto il racconto reso era generico, contraddittorio, lacunoso e privo di qualsiasi riscontro (non risultando quanto accaduto neppure formalizzato all’Autorità) e, pertanto, stante la non credibilità della narrazione della vicenda personale resa dal ricorrente, doveva escludersi l’esistenza di una situazione di pericolo legata alla posizione individuale dell’istante, anche in considerazione della mancanza di un concreto timore di subire, in caso di rientro in Patria, atti persecutori, considerato che le minacce sono cessate (non sono stati riferiti atti di violenza) e la condizione di omosessualità negata. Inammissibile, quindi, si mostra la censura, espressa in ricorso, circa la mancata attivazione nella specie dei poteri ufficiosi di indagine, tenendo presente che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c): tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr.tra molte: Cass.n. 340/19); qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (cfr. ex multis: Cass.n. 16925/18; n. 28862/18), ipotesi che nella specie non ricorre.

Quanto ai rischi connessi al rimpatrio, se ne è esclusa la sussistenza avuto riguardo alla generale situazione del Gambia in relazione alla previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c): il Tribunale ha accertato, mediante il ricorso a fonti internazionali aggiornate, che si tratta di uno Stato sotto il pieno controllo del Governo ed in cui non è in atto alcun conflitto armato, nè una situazione di violenza generalizzata in situazione di conflitto armato. Il motivo, pertanto, anche su tale aspetto si rileva inammissibile in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale.

7. Il quarto motivo con cui il ricorrente deduce “l’omessa, insufficiente, motivazione in merito al riconoscimento della protezione sussidiaria, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14” è inammissibile poichè non consentito laddove deduce il vizio di insufficiente motivazione e manifestamente infondato quanto agli altri profili dedotti. La doglianza, che attiene al profilo relativo alla sussistenza delle condizioni di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), è del tutto generica quanto al primo aspetto (lett. a), in quanto non risultano neppure enunciati i riferimenti fattuali da cui il giudice del merito avrebbe dovuto trarre in concreto l’esistenza di tale forma di pericula; quanto al secondo profilo (lett. b), il Tribunale, con apprezzamento adeguato, ha escluso che il ricorrente possa correre, in caso di rientro in Patria, il rischio di un danno grave alla persona stante l’assenza di indici fattuali concreti e specifici e non potendosi concretizzare tale condizione in presenza di un timore di carattere meramente ipotetico.

8. Anche il quinto motivo con cui il ricorrente deduce “l’insufficiente, contraddittoria motivazione dell’ordinanza impugnata sulla fondatezza della richiesta di protezione umanitaria” è inammissibile. La doglianza, infatti, non consentita quanto alle censure di insufficiente e contraddittoria motivazione, risulta generica e manifestamente infondata quanto alla prospettazione – nella sua articolazione – del vizio di omessa motivazione sull’assenza dei motivi che legittimerebbero la speciale forma di protezione richiesta. Al riguardo, infatti, il Tribunale, a prescindere dalle conclusioni raggiunte in tema di protezione internazionale, ha apprezzato tutti gli elementi fattuali scaturenti dalla vicenda al fine di verificare se potessero integrare quel catalogo aperto di situazioni di vulnerabilità che possono dare luogo alla richiesta di rilascio dello speciale permesso e ne ha motivatamente escluso la ricorrenza in osservanza dei principi di diritto enunciati da questa Corte in materia espressamente richiamati.

9. In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

10. Non luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione del Ministero dell’Interno.

11. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U., 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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