Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3349 del 13/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3349 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 13389-2008 proposto da:
OMODEO

GIUSEPPE

MDOGPP4ORO3L7701,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo
studio dell’avvocato PANARITI BENITO PIERO,
rappresentato e difeso dall’avvocato DONDI ANNA
giusta delega in atti;
– ricorrente contro
MICHELA

BERNARDOTTI

in

qualità

di

legale

rappresentante della ANTITESI DI BERNARDOTTI MICHELA
& C. S.A.S. 01620030062, elettivamente domiciliata in

Data pubblicazione: 13/02/2014

ROMA, VIA PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato
ROMANELLI GUIDO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FRANCO PANERI giusta delega
in atti;
– controricorrente

di TORINO, depositata il 25/02/2008, R.G.N. 370/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato ALESSANDRO ARDIZZI per delega;
udito l’Avvocato LORENZO ROMANELLI per delega
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

avverso la sentenza n. 210/2008 della CORTE D’APPELLO

Ric.n. 13389/10 rg.

Svolgimento del processo.

1. Con atto di citazione notificato il 5 ottobre 2005, Giuseppe
Omodeo chiedeva che il tribunale di Alessandria accertasse la
illegittimità ex art.27 1.392/78 del recesso dalla locazione ad

dalla conduttrice Antitesi di Michela Bernardotti & c.sas in data
5.11.97; con conseguente condanna di quest’ultima al risarcimento
dei danni in misura di euro 6972,17, pari ai canoni contrattuali
relativi al periodo dal 15 maggio 98 (restituzione delle chiavi)
al 31 agosto 98 (data della stipulazione di un nuovo contratto di
locazione con terzi).
Il tribunale di Alessandria, con sentenza 132/07, dichiarava la
illegittimità del recesso ma respingeva la domanda risarcitoria
per insussistenza del danno lamentato.
Interposto gravame dall’Omodeo, interveniva la sentenza n.210
del 25.2.08 della corte di appello di Torino che confermava la
sentenza del tribunale.
Avverso tale decisione veniva dall’Omodeo proposto ricorso per
cassazione basato su tre motivi; resisteva con controricorso la
Antitesi sas.
L’Omodeo depositava memoria ex art.378 cod.proc.civ.
Motivi della decisione.

2.

Va preliminarmente rilevata la tardività della memoria

dell’Omodeo, in quanto non depositata (2 dicembre 2013) nel
rispetto del termine di legge (ud. 4 dicembre 2013). Né potrebbe
prendersi qui a riferimento la data di trasmissione della stessa
3

uso commerciale dell’immobile di sua proprietà, come comunicatogli

Ric.n. 13389/10 rg.

alla Cancelleria, dal momento che al deposito della memoria ex
art.378 cit. non è analogicamente applicabile – operando la

ratio

di assicurare al giudice ed alle altre parti un congruo ed
effettivo termine di disamina prima dell’udienza – il principio di
rilevanza della data di spedizione di cui all’art.134 disp.att

(Cass.ord.182/11; sent.17726/06).
3.1

Con il primo motivo di ricorso, si denuncia

violazione e

falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli
articoli 324 -112 cpc e 2909 cc, in ordine alla individuazione da
parte del giudice di appello della data di inizio della nuova
locazione a favore di terzi (non antecedente al 1^.9.98); nonché
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo
della controversia, insito nel collegamento tra la disponibilità
dell’immobile e l’ inizio effettivo del nuovo contratto di
locazione.
L’articolato motivo si correda dei seguenti quesiti di diritto
ex art.366 bis cpc:

“la sentenza che riconosce sussistente una

rilocazione a partire dal l” aprile 98 in contrasto con giudicato
esterno relativo alla cessazione della precedente locazione alla
data del 15 maggio 98 e giudicato interno relativo all’inizio
• della rilocazione di cui è causa alla data del l” settembre 98,
viola gli articoli 324 codice procedura civile e 2909 codice
civile in tema di giudicato ? – la sentenza che riconosce
sussistente una rilocazione, con relativa corresponsione del
canoni, a partire dal periodo antecedente la fine di altra
4

cod.proc.civ., relativo esclusivamente al ricorso e controricorso

Ric.n. 13389/10 rg.

locazione, viola il principio di cui all’articolo 112 cod.civ. ove
11 conduttore abbia chiesto unicamente il rigetto della domanda
risarcitoria adducendo la mera disponibilità dell’immobile da
parte della futura locatrice nell’intervallo temporale tra la fine
della precedente locazione e l’inizio, incontestato e coperto da

Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta violazione e falsa

giudicato, della successiva rilocazione?”

applicazione di norme di diritto, con riferimento agli articoli
324 cpc e 2909 cc in relazione al giudicato formatosi in relazione
alla data di cessazione della locazione tra le parti (15 maggio
98); nonché insufficiente e contraddittoria motivazione in
rapporto alla coesistenza, nello stesso periodo temporale, di due
contratti di locazione sullo stesso immobile. Il motivo si
conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: “è
conforme a diritto ritenere locato nello stesso periodo temporale
(1.4 -15.5.98) lo stesso immobile a due diversi conduttori con la
conseguente percezione di un doppio canone, in contrasto con
giudicato interno sulla sussistenza di contratto di locazione con
uno solo del predetti nel periodo considerato?” .
I motivi qui considerati sono suscettibili di essere trattati
unitariamente, perché entrambi incentrati – nella comune
prospettiva ex artt. 360, l^ co.nn.3) e 5) cod.proc.civ. – sulla
asserita violazione da parte della corte territoriale del
giudicato esterno ed interno formatosi tra le parti in ordine alla 4
successione temporale dei contratti di locazione relativ’Y
all’immobile in oggetto; nonché sulla conseguente inconciliabilità
5

(

Ric.n. 13389/10 rg.

della decisione qui censurata con le risultanze fattuali oggetto
dei suddetti giudicati. Il giudice di appello, in particolare, non
avrebbe considerato che sulla base della sentenza del tribunale di
Alessandria n.106/02 e della precedente sentenza della corte di
appello di Torino n.1676/02, recanti statuizioni passate in

stabilire che il conduttore doveva pagare il canone anche per il
periodo dal 1 maggio al 15 maggio 98, data di effettiva riconsegna
delle chiavi) era ormai assodato che la locazione originaria fosse
cessata il 15 maggio 98 con la riconsegna delle chiavi; mentre
dalla sentenza del tribunale di Alessandria n.132/07, non
impugnata sul punto specifico (giudicato interno), era ormai
assodato che la nuova locazione fosse stata stipulata il 1^
settembre 98, come da registrazione del contratto prodotto nel
giudizio poi definito con la suddetta sentenza della corte di
appello n.1676/02. La decisione qui impugnata non avrebbe inoltre
considerato (con ciò violando l’art.112 cpc) che nemmeno la
controparte aveva contestato che la nuova locazione fosse stata in
effetti stipulata soltanto il 1″ settembre 98.
3.2 Entrambi i motivi così proposti sono inammissibili, in quanto

assistiti da quesiti di diritto non rispondenti ai parametri
normativi desumibili dalla ormai consolidata interpretazione
‘ dell’articolo 366 bis cod.proc.civ., qui applicabile

ratione

temporis.
E’ costante orientamento di legittimità (tra le tante: Cass. ,
sez. un., 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., 17 luglio 2008, n.
6

giudicato tra le parti (giudicato esterno, intervenuto nello

Ric.n. 13389/10 rg.

19769; Cass., 30 settembre 2008, n. 24339; Cass., 25 marzo 2009,
n. 7197; Cass., 8 novembre 2010, n. 22704) che il quesito di cui
all’art.366 bis cit. – dovendo costituire un momento di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio generale – non può esaurirsi nella

presentare uno specifico collegamento con la fattispecie concreta.
Esso deve in altri termini raccordare la prima alla seconda, ed
entrambe alla decisione impugnata; di cui deve indicare la
discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto. Deve
pertanto ritenersi inammissibile il ricorso che contenga quesiti
di carattere generale ed astratto, privi di qualunque indicazione
sul tipo della controversia, sugli argomenti dedotti dal giudice
‘a quo’ e sulle ragioni per le quali non dovrebbero essere
condivisi.
Si è in particolare affermato (Cass. 19.11.13 n. 25903) che il
quesito di diritto

“deve essere formulato in modo tale da

esplicitare una sintesi logico-giuridica della questione, cosi da
consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris
suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori
rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata; in altri
termini, esso deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione
degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito (siccome
da questi ritenuti per veri, altrimenti mancando la critica di
pertinenza alla ratio decidendí della sentenza impugnata); b) la
sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel
7

mera enunciazione di una regola astratta, dovendo invece

Ric.n. 13389/10 rg.

giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del
ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Sicchè,
il quesito non deve risolversi in un’enunciazione di carattere
generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo
della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in

causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi altresì
desumere il quesito stesso dal contenuto del motivo o integrare il
primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto
articolo (Cass., sez. un., 11 marzo 2008, n. 6420)
Tanto premesso, nessuno dei quesiti qui in esame risponde ai
criteri anzidetti, in quanto dalla loro lettura – che, come detto,
deve assumere rilevanza autonoma, non potendo il quesito trovare
integrazione o specificazione nella narrativa di illustrazione del
motivo non è dato di individuare una regola di diritto
alternativa a quella applicata dal giudice di merito, ed idonea a
fondare una decisione differente da quella censurata. Questa
lacuna è addirittura autoevidente nel momento in cui ci si limita
a chiedere a questa corte se la valutazione operata dal giudice di
appello

‘sia conforme al diritto’,

senza specificare in quali

differenti termini giuridici il punto controverso doveva essere

deciso.
Questa modalità di formulazione dei quesiti – lungi dal
risultare carente solo sul piano formale ed espositivo – rivela un
difetto sostanziale di impostazione. Reso palese dal ripetuto
richiamo alla violazione del giudicato asseritamente formatosi
8

esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la

Ric.n. 13389/10 rg.

sulla data di stipulazione (1^.9.98) del nuovo contratto di
locazione a favore di terzi, la Vanità snc, nonostante che dalla
sentenza della corte di appello sia univocamente desumibile la
ragione per cui la valutazione sull’esistenza/inesistenza dei
danni risarcibili dovesse qui muovere da una circostanza

contratto di locazione; ed insita nella comprovata messa a
disposizione dei locali a favore della nuova parte conduttrice fin
dal maggio 98.
Osserva

la

sentenza

di

appello,

pag.27:

“si

deduce

ineluttabilmente la conclusione secondo cui sin dall’aprile 98 i
locali per cui è causa erano nella disponibilità della nuova
conduttrice Vanità snc necessariamente a titolo di locazione,
atteso che parte appellante non ha mai sostenuto che fosse
intervenuto tra le parti un titolo contrattuale diverso, e che non
può essere conseguito danno alcuno a parte appellante”.
I quesiti sono dunque, sotto questo profilo, astratti ed
inconferenti perché, nel richiamarsi in via assorbente ed
esclusiva alla violazione del giudicato:
mostrano di cogliere, la

a.

non censurano, né

ratio decidendi adottata dalla corte di

appello, secondo la quale, come detto, il risarcimento dei danni
doveva essere nella specie escluso per il solo fatto che la
proprietà aveva immesso la nuova conduttrice nella detenzione dei
locali ben prima ed indipendentemente della formalizzazione del
nuovo contratto di locazione;

non contraddicono – dandolo anzi

b.

per pacifico – che il preteso giudicato (tanto esterno quanto
9

tutt’affatto diversa dalla data di formale stipulazione del nuovo

Ric.n. 13389/10 rg.

interno; relativo tanto alla formalizzazione del nuovo contratto
di locazione quanto alla cessazione di quello precedente) non
abbia riguardato l’unico elemento reputato decisivo dalla corte di
appello, appunto insito nella consegna dei locali alla nuova
conduttrice fin dal maggio ’98.

anche là dove lamentano che il giudice di appello abbia violato
l’articolo 112 cod.proc.civ., nel momento in cui questi non
avrebbe considerato che la data di stipulazione al settembre 98
della nuova locazione non era stata contestata nemmeno dalla
controparte; si osserva infatti che, una volta individuata la
suddetta (diversa)

ratio decidendi,

tale successiva data di

stipulazione doveva risultare alla stessa maniera ininfluente
tanto se coperta da giudicato, quanto se fatta oggetto di mancata
contestazione nel presente giudizio.
4.

Con la terza censura ci si duole di violazione e falsa

applicazione di norme di diritto, ex articolo 360, 1″ co.n.3)
cod.proc.civ. con riferimento agli articoli 2697, 1218, 2727/2729,
in relazione agli articoli 2909 cc e 324 cpc; falsa applicazione
dell’articolo 116 cpc; nonché omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione, ex articolo 360, 1″ co.n.5) cpc , in
rapporto alla mancata valutazione di talune risultanze
istruttorie: – la visura camerale della controparte Antitesi sas;
– le ragioni della ritenuta inattendibilità delle socie della
nuova conduttrice Vanità snc; – la testimonianza Ravazzi.

10

Per le stesse ragioni, i quesiti appaiono ‘fuori bersaglio’

Ric.n. 13389/10 rg.

Il motivo è assistito dai seguenti quesiti di diritto: ”

a

fronte di contratto di locazione registrato, prodotto in atti in
procedimento conclusosi con sentenza resa tra le parti avente
valore di giudicato esterno, è conforme al dettato degli articoli
2697 codice civile e 1218 codice civile porre a carico del

antecedentemente alla data di inizio della locazione indicato in
contratto e coperto da giudicato interno ? nell’ipotesi di recesso
illegittimo del conduttore e di rilocazione successiva di alcuni
mesi, grava sul conduttore inadempiente o sul locatore l’onere
probatorio relativo alla inesistenza del danno del locatore ? in
presenza di giudicato esterno relativo alla data di risoluzione
del contratto della precedente locazione (15 maggio 98) e di
giudicato interno relativo all’inizio della nuova locazione (l
settembre 98) è consentito al giudice ritenere non provate tali
date e superabile il valore del giudicato interno ed esterno con
presunzioni semplici ?.
Valgono anche per questi quesiti le già svolte considerazioni
di inammissibilità.
Va in proposito ancora osservato che i quesiti qui in esame
appaiono mal formulati non soltanto perché erroneamente assumono a
loro volta la decisività del giudicato formatosi sulla tempistica
del successivo contratto di locazione, ma anche perché censurano nel richiamarsi all’inesatto governo della regola sull’onere
probatorio da parte del giudice di merito – un aspetto diverso da
quello posto dalla corte di appello a fondamento della decisione.
11

locatore l’onere probatorio di non aver percepito canone

Ric.n. 13389/10 rg.

Nell’assumere che

“erroneamente la sentenza attribuisce

l’onere probatorio di dimostrare l’assenza
danno al locatore appellante”,

(nde: sussistenza) de/

con conseguente violazione degli

articoli 2697 e 1218 cod.civ., il ricorrente tralascia di
considerare che la sentenza di appello ha posto a carico del

negativo, a carico del conduttore inadempiente) bensì quella del
nesso causale:

“neppure parte appellante ha dato la minima prova

del nesso di causalità tra l’illegittimità del recesso ed il
preteso danno” (sent., pag.24).
E’ vero che tutti indistintamente i motivi di ricorso
peraltro privi del necessario momento di sintesi o ‘quesito di
fatto’ richiesto dalla 2^ parte del 1^ co.dell’art.366 bis cit.intendono far valere, ex articolo 360, l^ co.n.5) cod.proc.civ.,
anche un vizio di tipo prettamente logico-motivazionale, ma si
deve in proposito osservare che alla cassazione della sentenza per
vizio della motivazione può pervenirsi solo se risulti che il
ragionamento del giudice di merito su un aspetto decisivo, come
risultante dalla sentenza stessa, sia incompleto, incoerente ed
illogico; non anche quando il giudice del merito abbia
semplicemente attribuito agli elementi considerati un valore ed un
• significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte
(da ultimo: Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013). Ne
deriva che il controllo di legittimità non può riguardare il
convincimento del giudice di merito sulla rilevanza e valutazione
probatoria degli elementi considerati, ma solo il fatto che questi
12

locatore appellante non già la prova del danno (ritenuta, in

Ric.n. 13389/10 rg.

abbia indicato le ragioni del proprio convincimento con una
motivazione immune da vizi logici e giuridici.
Ebbene, nel caso di specie la corte di appello ha congruamente
e compiutamente motivato il proprio convincimento circa
l’inesistenza di danni risarcibili asseritamente prodottisi a

dalla precedente conduttrice Antitesi sas. E ciò ha fatto
richiamando una serie di risultanze probatorie (la collocazione
della sede legale di Vanità snc nei locali in questione fin dall’8
aprile 98; l’esecuzione di sopralluoghi delle socie di Vanità snc,
fin dall’aprile 98, con l’architetto del franchisor Stefanel; la
dichiarazione di intenti 21 aprile 98 delle socie medesime circa
l’inizio dei lavori di ristrutturazione già nel maggio 98; la
deposizione Ravazzi che ha riferito dell’inizio dei lavori di
ristrutturazione a partire dalla stessa data) la cui
rivisitazione, per le appena esposte ragioni, è in questa sede
preclusa.
Ne segue l’inammissibilità del ricorso, con condanna di parte
ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio
liquidate, come in dispositivo, ai sensi del DM Giustizia
20.7.2012 n.140.

Pqm

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del

presente giudizio di cassazione che liquida in euro 2000,00, di

13

seguito e per effetto del recesso illegittimamente comunicato

Ric.n. 13389/10 rg.

cui euro 1.800,00 per compensi professionali ed il resto per
esborsi; oltre accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile

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