Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33489 del 27/12/2018
Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 28/11/2018, dep. 27/12/2018), n.33489
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI Maria Giulia – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12157/2012 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con
domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
contro
C.O.N.I (comitato olimpico nazionale italiano) in persona del suo
legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso giusta
delega in atti dall’avv. Andrea Segato ed elettivamente domiciliato
in Roma, via Udine n. 6 presso il ridetto procuratore giusta delega
in atti;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio
n. 228/01/11 depositata il 30/03/2011, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del
28/11/2018 dal consigliere Roberto Succio.
Fatto
RILEVATO
che:
– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha respinto il gravame dell’Agenzia delle Entrate e confermato la pronuncia di prime cure che aveva accolto del contribuente annullando la cartella impugnata per IVA, IRPEF ed IRAP 2004;
– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione l’Amministrazione Finanziaria con atto affidato a un unico motivo; resiste il contribuente con controricorso illustrato da memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che:
– con il solo motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, D.Lgs. n. 212 del 2000, art. 7, L. n. 241 del 1990, art. 3 e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR illegittimamente confermato la sentenza di prime cure che aveva annullato la cartella per vizio di motivazione;
– il motivo è fondato;
– questa Corte, con orientamento al quale si intende in questa sede dare adesione e continuità, ha ritenuto che (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 21804 del 20/09/2017; conforme Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11612 del 11/05/2017) in tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicchè, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perchè essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa;
– è evidente infatti che quando la pretesa si sovrapponga alla dichiarazione del contribuente, ricalcandola, l’onere di motivazione dell’atto impugnato è correttamente assolto mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima, poichè il contribuente si trova nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale avendo egli stesso predisposto l’atto dal quale essi derivano;
– nel caso che ci occupa infatti, si tratta di cartella meramente liquidatoria, con la quale sono richieste imposte indicate in dichiarazione (nel caso, il mod. 770 riepilogativo delle ritenute operate e che dovevano esser versate all’Erario);
– risulta poi del tutto irrilevante (oltre a non esserne ammissibile l’esame in questa sede in quanto profilo di mero fatto) la circostanza relativa poi alla particolare e capillare diffusione sul territorio delle strutture riferibili al ricorrente è del tutto irrilevante, in quanto la dichiarazione risulta presentata da un unico soggetto ed è a questi (in difetto di autonomia giuridica delle sue articolazioni) che esse e le sue conseguenze anche quanto alla riscossione vanno attribuite in modo diretto e univoco;
– conseguentemente il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio in diversa composizione che provvederà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018