Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33488 del 17/12/2019
Cassazione civile sez. I, 17/12/2019, (ud. 11/10/2019, dep. 17/12/2019), n.33488
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. CAIAZZO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23927/2018 proposto da:
B.E., elettivamente domiciliato presso l’avv. Rosaria
Tassinari che lo rappres. e difende, con procura speciale in calce
al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., elett.te domic.
presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappres. e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di Bologna, depositato il
20/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’11/10/2019 dal Cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
CHE:
Con decreto del 20.6.18 il Tribunale di Bologna rigettò il ricorso proposto da B.E., cittadino del Gambia, avverso il provvedimento della Commissione territoriale di rigetto della domanda di protezione internazionale e umanitaria, osservando che: le dichiarazioni rese dal ricorrente erano incoerenti e non credibili, nonchè contraddittorie rispetto a quanto poi narrato in fase giudiziaria rispetto a quanto dichiarato innanzi alla Commissione; era dunque da escludere il riconoscimento dello status di rifugiato; l’esame delle più recenti ed accreditate COI non evidenziava in Gambia la sussistenza di una violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, idonea a creare pericolo per i civili, considerando altresì il nuovo corso politico-economico iniziato con l’insediamento del nuovo presidente Ba. in ordine ai diritti politici ed umani; non erano ravvisabili situazioni di vulnerabilità idonei a giustificare il permesso umanitario, avendo il ricorrente avviato soltanto un percorso d’integrazione con un breve periodo lavorativo nel corso del 2018.
Il B. ricorre in cassazione con tre motivi.
Resiste il Ministero con controricorso.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
CHE:
Con il primo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 14, artt. 8 e 27, 2 e 3 Cedu, nonchè difetto di motivazione e omesso esame di fatti decisivi, per non aver il Tribunale esercitato i poteri ufficiosi ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.
Con il secondo motivo è denunziata la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, per non aver il Tribunale ritenuto la sussistenza di una minaccia grave alla sua vita derivante da una situazione di violenza indiscriminata, non avendo considerato quanto emerge dal sito ministeriale e da quello di Amnesty International del 2016, emergendo comunque anche dalle fonti consultate dal Tribunale una situazione di sistematica violazione dei diritti umani in Gambia, pur dopo l’insediamento del nuovo Presidente.
Con il terzo motivo è denunziata la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1988, art. 5, comma 6, per non aver il Tribunale esaminato compiutamente i requisiti per la protezione umanitaria, avendo omesso la verifica della situazione di vulnerabilità, mediante una valutazione comparativa tra la condizione d’integrazione raggiunta in Itala e quella che vi sarebbe in caso di rientro (con riferimento a Cass., n. 4455/18).
Il primo motivo è inammissibile.
La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, invero, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti. In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona (Cass. n. 16925/2018; Cass., n. 28862/2018; Cass., n. 3340/2019.
Nel caso concreto, il Tribunale ha diffusamente ed adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali la narrazione dell’istante non è credibile, caratterizzata da incoerenze e contraddizioni ben evidenziate.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto il Tribunale ha esaminato vari recenti report (UNHCR; EASO) dai quali si evince che nel Paese di provenienza del ricorrente non ricorreva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato tale da porre in pericolo la popolazione civile.
Il terzo motivo è parimenti inammissibile, non avendo il ricorrente allegato specifiche situazioni integranti i presupposti della protezione umanitaria, genericamente lamentando un’omessa verifica, da parte del Tribunale, della situazione personale di vulnerabilità.
Al riguardo, questa Corte ha affermato che la protezione umanitaria, nel regime vigente ratione temporis, tutela situazioni di vulnerabilità anche con riferimento a motivi di salute – da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico” (Cass., n. 3681/19; n. 27336/18).
Le spese seguono la soccombenza. Va osservato che l’istanza di liquidazione a spese dello Stato presentata dal difensore del ricorrente è inammissibile in sede di legittimità, poichè deve essere depositata presso il giudice del merito.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 2100,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
non è credibile, caratterizzata da incoerenze e contraddizioni ben evidenziate.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto il Tribunale ha esaminato vari recenti report (UNHCR; EASO) dai quali si evince che nel Paese di provenienza del ricorrente non ricorreva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato tale da porre in pericolo la popolazione civile.
Il terzo motivo è parimenti inammissibile, non avendo il ricorrente allegato specifiche situazioni integranti i presupposti della protezione umanitaria, genericamente lamentando un’omessa verifica, da parte del Tribunale, della situazione personale di vulnerabilità.
Al riguardo, questa Corte ha affermato che la protezione umanitaria, nel regime vigente ratione temporis, tutela situazioni di vulnerabilità anche con riferimento a motivi di salute – da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass., n. 3681/19; n. 27336/18).
Le spese seguono la soccombenza. Va osservato che l’istanza di liquidazione a spese dello Stato presentata dal difensore del ricorrente è inammissibile in sede di legittimità, poichè deve essere depositata presso il giudice del merito.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 2100,00 alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019