Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33471 del 27/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 25/10/2018, dep. 27/12/2018), n.33471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19583/2013 R.C. proposto da:

M.M., rapresentato e difeso dall’Avv. Marco

Menconi e dall’Avv. Adolfo Zini, elettivamente domiciliato nello

studio di quest’ultimo, in Roma, via Crescenzio n. 2;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentate e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, in persona del Direttore p.t., con domicilio

eletto presso gli uffici della predetta Avvocatura, in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana depositata il 17 gennaio 2013 n. 7/1/13.

Udita la reazione svolta nella Camera di consiglio del 25 ottobre

2018 dal Cons. Salvatore Leuzzi.

Fatto

RILEVATO

che:

– M.M. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe, di rigetto dell’appello da lui proposto in relazione alla sentenza della Commissione tributaria di Siena, che ne aveva respinto il ricorso avente ad oggetto l’avviso di accertamento che, in riferimento all’anno di imposta 2006, aveva rettificato il reddito d’impresa dichiarato avuto riguardo ai maggiori ricavi riscontrati, procedendo al recupero di maggiori importi dovuti a titolo di IRPEF, IRAP e IVA;

– Il ricorso è affidato a due motivi;

– L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso, il contribuente denuncia la “violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 132 c.p.c., n. 4” e la “nullità della sentenza per difetto assoluto ai motivazione (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4)”, per essersi limitata, la Commissione tributaria regionale, a fornire una motivazione apparente, “senza esplicitare in alcun modo nè quale sarebbe la pluralità di supporti indiziari apprezzati e nè tanto meno le ragioni per le quali la documentazione rinvenuta dalla G.d.F. non può essere ritenuta una raccolta di preventivi” e basandosi per di più su “un’argomentazione inespressa e incomprensibile”;

– Con il secondo motivo, il contribuente lamenta la “violazione dell’art. 112 c.p.c. per mancato esame di talune domande e motivi di appello (in relazione all’art. 360, n. 4 e/o n. 5) nonchè insufficienza della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5”, per avere, il giudice d’appello, totalmente omesso di esaminare punti decisivi della controversia e segnatamente la questione afferente la mancata allegazione del processo verbale della Guardia di Finanza all’avviso di accertamento e la mancanza dei presunti elementi extracontabili; quella afferente la nullità, annullabilità e illegittimità della verifica di magazzino in assenza del titolare; quella relativa alla qualificazione alla stregua ricavi delle somme e note afferenti i preventivi periodici che la ditta elaborava in favore dei clienti; quella relativa al mancato riconoscimento dei prelevamenti siccome indirizzati al sostentamento della famiglia del titolare della ditta e all’illegittima considerazione quali ricavi degli accrediti della pensione INPS del padre di quest’ultimo; quella, infine, dell’illegittimità dell’accertamento presuntivo dei ricavi senza la deduzione dei prelevamenti equivalenti o correlati ai costi ai fini delle imposte sul reddito e dell’IVA;

– Le due censure, a motivo del deficit motivazionale della sentenza impugnata che, parimenti, lamentano, s’offrono ad un esame congiunto; esse sono fondate e vanno accolte;

– La sentenza della Commissione tributaria regionale reca la seguente, stringata e criptica motivazione: “L’appello deve però essere rigettato in quanto l’avviso di accertamento è sorretto da idonei supporti indiziari. In primo luogo dalle risultanze della contabilità in nero che non può essere considerata, come vorrebbe l’appellante, una mera raccolta di preventivi. E’ poi pacifico che le movimentazioni bancarie su conti correnti riferibili all’impresa, ancorchè formalmente intestati al titolare, nel caso di specie è stato fatto riferimento conto corrente di M.G. (padre del titolare) che operava nella ditta”;

– Con ogni evidenza, la pronuncia si mostra acritica e assiomatica, riducendosi ad un avallo disargomentato della decisione emessa dalla Commissione tributaria provinciale e, a monte, dell’atto impositivo che si assume – tautologicamente – “sorretto da idonei supporti indiziari”;

– Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito – con condivisibile avviso, cui si ritiene di dare continuità – che “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass. n. 22232 del 2016);

– Nella specie, la motivazione è caratterizzata dalla succinta menzione di profili oggettivamente incongrui e inappaganti rispetto alle questioni prospettate in appello dal contribuente, profili utilizzabili, al più, come materiale di base per altre successive argomentazioni, idonee a sorreggere la decisione e che, tuttavia, sono mancate;

– Va richiamato il principio, del pari espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, ove il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si riassume nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass., sez. un. n. 8053 del 2014);

– Secondo la sedimentata giurisprudenza di questa Corte Regolatrice, si è, segnatamente, in presenza di una “motivazione apparente” allorchè – come prima accennato – la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè si sostanzia in argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice; sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnatati, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Cass. n. L6599 del 2015; Cass. n. 4891 del 2000; Cass. n. 1756 e n..1:4985 del 2006; Cass. n. 20112 del 2009);

– Nel caso di specie, il giudice a quo, ha ritenuto di respingere l’appello sulla base di “idonei supporti probatori” dell’avviso di accertamento, del tutto genericamente evocati nonchè arbitrariamente ritenuti validi e dirimenti; dell’apodittica asserzione secondo cui le risultanze, anch’esse imprecisate, della contabilità in nero non potrebbero essere considerate “una mera raccolta di preventivi”; della considerazione secondo cui le movimentazioni bancarie poggerebbero su conti solo “formalmente non intestati al titolare”, mentre consterebbe un “riferimento al conto corrente di M.G.”;

– Siffatta motivazione non esplicita in maniera comprensibile le ragioni logiche e giuridiche poste a base della decisione e si risolve in una pedissequa, “telegrafica” e recettiva manifestazione di “gradimento” dell’atto impositivo avversate dal contribuente, senza che di siffatta condivisione si lascino scrutare in alcun modo le ragioni;

– Il ricorso va in conclusione accolto e la sentenza cassata, avuto riguardo ad ambedue motivi di ricorso; ne consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, per un nuovo esame e per il governo delle spese di lite della presente fase” alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia per un nuovo esame alla Commissione Tributaria regionale della Toscana in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018

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