Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33463 del 17/12/2019
Cassazione civile sez. VI, 17/12/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 17/12/2019), n.33463
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6140-2019 proposto da:
C.M., R.V., M.F.L.,
G.M., P.L., RO.AL., C.A., V.C.,
RI.MA.GR., S.M.D.M.A.,
CA.EM., Z.C., RO.RO., VI.LI., O.N.,
MO.BE., MA.GI., RI.PA.,
CA.MA.AN., D.N.A., A.L., M.M.,
R.A., U.D., PI.AN., VI.AD.,
CR.CA., DI.GR.MA.AN., elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato FERRIOLO
GIOVAMBATTISTA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ABBATE FERDINANDO EMILIO giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto n. 2221/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositate il 18/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/07/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Fatto
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
La Corte d’appello di Perugia, con decreto n. 3008 del 18/7/2018 condannò il Ministero della Giustizia a pagare in favore di R.A., C.M., R.V., M.F.L., G.M., P.L., Ro.Al., C.A., V.C., Ri.Ma.Gr., S.M.D.M.A., Ca.Em., Z.C., Rossi Rossana, Vi.Li., O.N., Mo.Be., Ma.Gi., Ri.Pa., Ca.Ma.An., D.N.A., A.L., M.M., U.D., Pi.An., Vi.Ad., Cr.Ca., Di.Gr.Ma.An., la somma di Euro 1.167,00 pro capite a titolo d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo per la liquidazione dell’equo indennizzo celebratosi dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, nonchè le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 480,00, oltre spese vive ed accessori, distratte in favore dei difensori antistatari.
Avverso tale decreto le originarie parti istanti propongono ricorso, esponendo, con l’unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., art. 2233 c.c., comma 2 e delle previsioni di cui al D.M. n. 55/2014, in quanto la Corte di merito aveva liquidato il rimborso delle spese di lite al disotto del minimo legale.
L’Amministrazione non ha svolto difese in questa fase.
Il motivo è fondato.
Come già rilevato da questa Corte, e proprio con specifico riferimento alla liquidazione delle spese di lite nelle procedure di cui alla L. n. 89 del 2001 (Cass. n. 1018/2018), l’opinione secondo la quale il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del Decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”, non è condivisibile in quanto il D.M. n. 140 risulta essere stato emanato allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale.
Viceversa, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè, diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, non è il D.M. n. 140 evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente a prevalere, ma il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa.
Tornando al caso in esame la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessivi Euro 480,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal D.M. n. 55 (Euro 1.198,50 di cui Euro 255,00 per la fase di studio, Euro 255,00 per la fase introduttiva, Euro 283,50 per la fase istruttoria, Euro 405,00 per la fase decisionale, tenuto conto del valore della causa (da Euro 1.100,00 a Euro 5.200,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4, cit.), non emergendo nemmeno che la decisione gravata abbia motivato in merito all’applicabilità o meno dell’aumento ricollegato alla difesa di più parti.
Il provvedimento impugnato deve quindi essere cassato con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso e cassa la decisione impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019