Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3346 del 13/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3346 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: ARMANO ULIANA

SENTENZA

sul ricorso 1372-2008 proposto da:
GRAN CATAI DI PASQUINI GERMANO & C. S.A.S. 02653500245
in persona del

socio

accomandatario e

legale

rappresentante pro tempore Sig. GERMANO PASQUINI, WANG
XIAOCHANG WNGXHN7OR18Z210Y, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 29, presso lo studio
2013
2261

dell’avvocato MILLI MARINA, rappresentati e difesi
dall’avvocato MORGIA GIUSEPPE giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

GRIGOLETTO

MICHELE

GRGMHL55H21A703S,

1

GRIGOLETTO

Data pubblicazione: 13/02/2014

MARTINO GRGMTN58S11A7030, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA DELLA GIULIANA 44, presso lo studio
dell’avvocato NUZZACI VITTORIO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FABRIS LODOVICO giusta
delega in atti;

avverso la sentenza n. 620/2007 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 28/05/2007, R.G.N. 392/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/12/2013 dal Consigliere Dott. ULIANA
ARMANO;
udito l’Avvocato VITTORIO NUZZACI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso Wang Xiaochang e per il
rigetto del l ° motivo, accoglimento del 2 ° motivo e
del 3 ° motivo del ricorso Gran Catai;

2

– controricorrenti

Svolgimento del processo
Wang Xiaochang e la soc. Gran Catai S.a.s. hanno proposto davanti al
Pretore di Bassano del Grappa domanda di risoluzione per
inadempimento del contratto preliminare di locazione concluso con
Norma Fasolato, avente ad oggetto un immobile ad uso bar – ristorante,
oltre domanda di risarcimento per i danni subiti.
Il Tribunale di Bassano del Grappa,a cui è stata trasferita la causa, ha

Fasolato a risarcire i danni liquidati a favore dello Wang e della soc.
Gran Catai S.a.s. in complessive £ 151.016.000, oltre interessi .
A seguito dell’impugnazione della Fasolato, la Corte d’appello di Venezia
ha accolto per quanto di ragione il gravame, dichiarando il difetto di
legittimazione attiva della soc. Gran Catai S.a.s e

la risoluzione del

preliminare solo nei confronti di Wang Xiaochang, liquidando in favore
di quest’ultimo la somma di £ 7.920.000 per danni.
La sentenza della Corte di appello è stata cassata con rinvio dalla
Suprema Corte in relazione alla statuizione di difetto di legittimazione
attiva della soc. Gran Catai S.a.s ,sul rilievo che era stata accolta
un’eccezione di merito dedotta per la prima volta in grado di appello.
La soc. Gran Catai di Pasquini Germano & C. S.a.s. e Wang Xiaochang
hanno provveduto alla riassunzione del giudizio nei confronti di Michele
e Martino Grigoletto,in qualità di figli ed eredi di Norma Fasolato,
deceduta in data 16.5.2003 .
Michele e Martino Grigoletto nel costituirsi nel giudizio di rinvio hanno
eccepito di aver rinunziato all’eredita della madre con atto notarile del
24-1-2005.
La Corte di appello di Venezia , con sentenza depositata il 28-5-2007,
fermi i capi coperti da giudicato, ha rigettato la domanda .
Propongono ricorso la soc. Gran Catai S.a.s. di Pasquini Germano & c e
Wang Xiaochang con quattro motivi.
Resistono Michele e Martino Grigoletto .
Motivi della decisione
1.Preliminarmente deve dichiararsi la inammissibilità del ricorso di
Wang Xiaochang

in quanto proposto da difensore in base a procura

speciale alle liti

rilasciata in data 17-11-2004 ,data anteriore alla

sentenza impugnata con ricorso per cassazione che è stata depositata in

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dichiarato risolto il contratto preliminare di locazione e condannato la

data 28-5-2007.
2. Si ricorda che la procura per il ricorso per cassazione ha, ex art. 365
cod. proc. civ., carattere necessariamente speciale, dovendo riguardare il
particolare giudizio di legittimità sulla base di una specifica valutazione
della sentenza da impugnare, per cui tale procura è valida solo se
rilasciata in data successiva alla sentenza impugnata;Cass. Sentenza n.
17145 del 24/06/2008
3.Con il primo motivo si denunzia omessa e insufficiente motivazione e

5 c.p.c
Sostiene la società ricorrente che il giudizio davanti alla Corte di appello
è stato legittimamente riassunto nei confronti di Michele e Martino
Grigoletto , figli della Fasolato e pertanto suoi eredi legittimi ,i quali
hanno rinunziato all’eredità della madre solo in data 24-1-2005,
quando il ricorso in riassunzione era stato già depositato.
Assumono che nel processo del lavoro, applicabile alla controversie di locazioni ex art.
447 bis c. p. c., la riassunzione del processo da vanti al giudice del rinvio ex art. 392 c.
p. c., si ha per eseguita con il deposito del ricorso in cancelleria. Ne consegue che, in
caso di morte della parte nei cui confronti il processo debba essere riassunto,
l’eventuale rinuncia all’eredità di coloro i quali sono chiamati a succedergli è opponibile
alla parte che riassume il processo solo se è stata eseguita e pubblicata prima del
deposito del ricorso per riassunzione.
4.Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione di norme di
diritto (artt. 519 c.c. in rapporto con l’art. 52 disp. att. c.c. ); violazione e falsa
applicazione di norme di diritto, in relazione ai principi che regolano l’onere
della prova (art. 2697 c.c.) con riferimento alla legittimazione ad agire (artt.
99 e 100 c.p.c.), in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Sostiene la ricorrente che la iscrizione nel registro delle successioni
dell’atto di rinunzia all’eredità è condizione per l’efficacia della rinunzia
verso i terzi e che di conseguenza è onere della parte che eccepisce la
rinunzia fornire la prova di aver effettuato l’inserimento.
Inoltre, trattandosi di legittimazione passiva , la Corte di appello poteva e
doveva esaminare di ufficio se Michele e Martino Grigoletto

erano

legittimati passivi , disponendo di ufficio l’acquisizione della
certificazione relativa all’iscrizione o meno nell’apposito registro della
relativa certificazione.

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violazione degli artt.519 cc e 52 disp.att.cc in relazione all’art.360 n.3 e

5.1 due motivi si esaminano congiuntamente per la connessione logico
giuridica che li lega e sono infondati.
La Corte di appello ha rilevato che il ricorso è stato riassunto nei
confronti di Michele e Martino Grigoletto i quali, poco dopo il deposito
del ricorso medesimo, hanno rinunziato all’eredità della madre,
mediante dichiarazione ricevuta da notaio.
La Corte ha ritenuto privo di fondamento l’assunto secondo cui la rinunzia
all’eredità non sarebbe operante in difetto di prova dell’inserimento

att. c. c
La rinunzia è infatti un negozio abdicativo che richiede la forma solenne
(dichiarazione ricevuta dal notaio o dal cancelliere del tribunale del
circondario in cui si e aperta la succession), la quale costituisce l’unico
requisito per la validità dell’atto, ai sensi dell’art. 519 c. c.; la parte che
invochi gli effetti dell’accettazione dell’eredità per il mancato
inserimento della dichiarazione nel registro delle successioni,
inserimento previsto ai soli fini dell’efficacia verso i terzi, deve non solo
allegare la non opponibilita della rinunzia ma anche fornire la prova
dell’eccezione dedotta, ancorata all’omissione della prescritta
registrazione (cfr. Cass. 11.2.2005 n. 2820).
6.La decisione della Corte di appello ha fatto corretta applicazione della
norme e della giurisprudenza di legittimità ed è esente da vizi di
motivazione.
A seguito della morte della Fasolato il ricorso è stato riassunto dalla
società Gran Catai nei confronti dei figli della stessa, nella asserita
qualità di eredi legittimi della madre .
Questi ultimi, nel loro primo atto difensivo, hanno eccepito di non
essere eredi per aver rinunziato all’eredità della madre ed hanno
prodotto atto notarile di rinunzia in data 24-1-2005.
7.Si rammenta che la legittimazione “ad causam” consiste nella titolarità
del potere e del dovere – rispettivamente per la legittimazione attiva e
per quella passiva – di promuovere o subire un giudizio in ordine al
rapporto sostanziale dedotto in causa, secondo la prospettazione offerta
dall’attore, indipendentemente dalla effettiva titolarità, dal lato attivo o
passivo, del rapporto stesso. Quando, invece, le parti controvertono sulla
effettiva titolarità, in capo al convenuto, della situazione dedotta in

5

dell’atto di rinunzia nel registro delle successioni, di cui all’art. 52 disp.

giudizio, ossia sull’accertamento di una situazione di fatto favorevole
all’accoglimento o al rigetto della domanda attrice, la relativa questione
non attiene, alla “legitimatio ad causam”, ma al merito della controversia,
8.La società ricorrente , a fronte dell’ eccezione sollevata
tempestivamente dai Grigoletto ,eccezione che attiene alla effettiva
titolarità del rapporto, documentata dalla produzione di un atto
pubblico di rinunzia all’eredità della madre , aveva l’onere di fornire la
prova di aver citato in giudizio coloro che erano gli eredi effettivi della

9.Secondo l’orientamento consolidato di questa Suprema Corte “la
delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone
un presupposto, non è di per sè sola sufficiente all’acquisto della qualità
di erede, perché a tale effetto è necessaria anche, da parte del chiamato,
l’accettazione mediante “aditio” oppure per effetto di “pro herede gestio”
oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 485 c.c.” (Cass. n.
6479/2002; n. 11634/1991; n. 1885/1988; 2489/1987; n. 4520/1984;
n. 125/1983).
In considerazione di ciò ,spetta a colui che agisca in giudizio nei confronti
del preteso erede per debiti del “de cuius”, l’onere di provare, in
applicazione del principio generale contenuto nell’art. 2697 c.c,
“l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, qualità che
non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista
alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione
dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento
costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in
giudizio nella sua qualità di erede” (Cass. n. 6479/2002; n. 2849/1992;
n. 1885/1988; n. 2489/1987; n. 5105/1985; n. 4520/1984; n.
125/1983).
A maggior ragione non può ritenersi obbligato a rispondere dei debiti del
de cuius il chiamato che abbia rinunciato all’eredità ai sensi dell’art. 519
c.c.
10.In ordine al valore da attribuire, nel contesto delle formalità previste
dall’art. 519 c.c., alla inserzione dell’atto di rinuncia all’eredità nel
registro delle successioni., questa Corte ritiene che si tratti di una forma
di pubblicità la cui mancanza non determina l’invalidità della rinuncia, ma
rende quest’ultima non opponibile ai terzi (in questo senso, Cass. 2

6

Fasolato per averne accettato l’eredità.

marzo 1950),opinione ribadita più di recente dalla giurisprudenza di
questa Suprema Corte con la sentenza n. 11634/1991 e con la sentenza
n. 2820 del 2005 .
11.In realtà, a prescindere dall’opinione che si possa avere in ordine alle
conseguenze derivanti dalla mancata inserzione della rinunzia nel registro
delle successioni ,inserzione che non è soggetta ad un termine
perentorio , si osserva il registro delle successioni è un registro pubblico
che può essere esaminato da chiunque ne faccia domanda, il quale può

stesso (art. 53 disp. att. c.c.):
Il fatto che l’atto di rinunzia debba essere inserito (a fini evidenti di
pubblicità) in un pubblico registro, se comporta un onere di curarne
l’inserimento da parte del rinunziante, comporta anche un onere di
conoscenza ,mediante la consultazione del registro in cui l’atto è inserito,
da parte dei terzi.
In questa prospettiva ,solo l’effettivo mancato inserimento dell’atto nel
registro – che nel caso di specie non è provato, ma è solo affermato dalla
ricorrente – può determinare le conseguenze che si ritengano connesse
al difetto di inserzione.
12.Di fronte alla produzione di atto pubblico di rinunzia all’eredità,
l’eccezione relativa al mancato inserimento di quest’ultimo nel registro
delle successioni deve essere provato dalla parte che l’abbia
sollevata(Cass Sentenza n. 2820 del 2005 ), prova può essere data
agevolmente mediante l’acquisizione di una certificazione della cancelleria
del tribunale competente attestante che l’atto de quo non risulti dal
registro delle successioni.
13.E’ inammissibile la produzione della certificazione fatta dalla ricorrente
in sede di legittimità, non essendo ammissibile in questo grado la
produzione di un documento che attiene alla prova della titolarità passiva
del diritto ,questione di merito non più rivalutabile in questa sede.
14.Con il terzo motivo si denunzia vizio di ultrapetizione ;violazione e
falsa applicazione di norme di diritto ,art.112 c.p.c,in relazione all’art.360
n.3
Viene formulato il seguente quesito di diritto :03stillisoe vizio di ultrapetizione causa di invalidità
delta sentenza oggetto del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 3W n. 3) cp.c., la pronunzia
delta Corte d Aopello che, a fronte della domanda kirmubta in via prirrapale, di dichiarare il difetto

7

ottenere anche estratti e certificazioni relativi a quanto risulta dal registro

di legitlimazione passiva e, dii conseguenza, rigettare ogni domanda svolta nei confronti della
parte che aveva sollevatp la relativa eccezione, nonché di un’ulteriore domanda subordinata,
Espressamente trmulata per ripotesi cui non kese aoxIta l’eccezione di difetti) di égittimazórn ,
passiva, abbia accolto Peccezione di difetto di legitlimazione pasWa ed abbia, nel contempo,
riformato la sentenza di primo grado rigettando anche tutte domande di merito proposte contio
la parlE a*irriamei-tesrwmbeite in primo grado.
14.Con i l quarto motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione di norme di diri

Viene formulato il seguente quesiti di diritto: Nel caso in cui la riassunzione della causa

davanti al giudice del rinvio sia validamente aw enuta in maniera tempestiva entro il
termine vi all’art. 392 c. p. c., per essere stato, in particolare, il giudizio medesimo
riassunto nei confronti di soggetti non passivamente legittimati il giudice del rinvio,
allorquando si limiti ad accogliere l’eccezione di difetto di legittimazione passiva
sollevata da questi ultimi e, dunque, a rigettare le domande proposte nei loro
confronti in forza di tale motivo, deve limitarsi a dichiarare l’estinzione del processo ,
ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 393 c. p. c., senza poter entrare nel merito della
controversia e/o riformare le precedenti sentenze; in tal caso, quindi, l’intero
processo si estingue, ma la sentenza della Corte di Cassazione, che aveva cassato
con rinvio, conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia
instaurato con riproposizione della domanda.
15.1 due motivi sono inammissibili per inadeguatezza della formulazione del quesito
di diritto.
In proposito le Sezioni Unite hanno insegnato che, “a norma dell’art. 366
“bis” c.p.c., applicabile ratione temporis , è inammissibile il motivo di
ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione
di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo
della controversia e sulla sua riconducibilita’ alla fattispecie in esame, tale
da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso
voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del
motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale
abrogazione del suddetto articolo (SU 6420/08; 11210/08).
16. I quesiti in considerazione

sono del tutto inidonei a soddisfare i

requisiti previsti dall’art. 366 bis cod. proc. civ., per la cui osservanza
avrebbe dovuto compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi
di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della
regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto

tbD, art. 392e 393 cp.c , ex art.360 n.3 cp.c

che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di
specie (Cass 19769/08). Il tutto doveva essere esposto in termini tali da
costituire una sintesi logico-giuridica della questione, finalizzata a porre il
giudice della legittimità in condizione di comprendere – in base alla sola
sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e di
rispondere al quesito medesimo enunciando una “regula iuris”, (Cass
2658/08), così rispondendo al miglior esercizio della funzione
nomofilattica della Corte di legittimità (Cass. 26020/08).

S.a.s.
P.Q.M.
La Corte rigetta la domanda proposta dalla soc. Gran Catai S.a.s. di Pasquini
Germano & c e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali liquidate in euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per
spese,oltre accessori come per legge.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto da Wang Xiaochang e nulla per le
spese.
Roma 3-12-2013

Il Consigliere estens.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza nei confronti della Gran Catai

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