Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3346 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2011, (ud. 25/01/2011, dep. 11/02/2011), n.3346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31284-2006 proposto da:

COURMAYEUR MONT BLANC FUNIVIE SPA (già FUNIVIE VAL VENY SPA), in

persona del Pres. Amministratore delegato e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE G. MAZZINI 11,

presso lo studio dell’avvocato SALVINI LIVIA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CIPOLLA GIUSEPPE MARIA, giusta delega

a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

avverso la decisione n. 7538/2005 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di

ROMA, depositata il 28/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2011 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del

ricorso, assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Courmayer Mont Blanc Funivie S.p.A. (già Funivie Val Veny s.p.a.) operava un doppio versamento dell’imposta proporzionale di registro su talune obbligazioni emesse nel 1974 e convertite in azioni nel 1979. Il 2.3.1981, ritenendo che detta imposta avrebbe dovuto essere applicata unicamente all’aumento del capitale sociale e non anche alla conversione del prestito obbligazionario, chiedeva il rimborso della parte dell’imposta indebitamente versata. Impugnava poi il silenzio-rifiuto formatosi su tale istanza.

La Commissione Tributaria di primo grado accoglieva il ricorso con decisione tempestivamente appellata dall’Ufficio.

L’adita Commissione Tributaria di li grado rigettava l’impugnazione.

L’Ufficio impugnava davanti alla Commissione Tributaria Centrale;

eccepiva che il ricorso introduttivo della contribuente avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, a norma del D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16 non essendo stato impugnato l’avviso di liquidazione a seguito del quale era stata pagata l’imposta; ed ancora rilevava l’inapplicabilità alla fattispecie del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 79 norma più favorevole al contribuente, in quanto alla data di entrata in vigore di tale norma il rapporto giuridico in contestazione si era esaurito per mancata impugnazione dell’avviso di liquidazione.

La C.T.C., con provvedimento reso fuori udienza chiedeva all’Ufficio di produrre in copia autentica l’avviso di liquidazione, con relativa relata di notifica, dell’imposta di registro; tale provvedimento non veniva ottemperato dall’ufficio che dichiarava di non aver rinvenuto nel proprio fascicolo tali atti. Successivamente la Commissione, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva il ricorso, ritenendo l’inammissibilità del ricorso introduttivo per mancata impugnazione dell’avviso di liquidazione, come allegato dalla ricorrente all’atto introduttivo.

Contro tale ultima sentenza ricorre per cassazione la società contribuente con ricorso fondato su quattro articolati motivi.

L’Amministrazione finanziaria non controdeduce.

Diritto

MOTIVAZIONE

La contribuente con il primo articolato motivo deduce:

-in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione del D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16 per avere essa società, contrariamente a quanto ritenuto nell’impugnata sentenza, allegato al ricorso introduttivo non l’avviso di liquidazione, mai ricevuto, ma l’informale “avviso di pagamento” già noto alla prassi amministrativa, come ritenuto anche dall’Ufficio che, nonostante un provvedimento in tal senso della Commissione Centrale, non ha prodotto in giudizio l’avviso di liquidazione;

-ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omessa motivazione sull’esistenza di un valido provvedimento di liquidazione;

-ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 2964, 2966 e 2969 c.c. per avere la Commissione Centrale erroneamente ritenuto che l’eccezione proposta dall’ufficio per la prima volta in terzo grado di inammissibilità del ricorso originario per mancata impugnazione dell’avviso di liquidazione rientrasse nella tematica della decadenza del contribuente dal diritto di agire in giudizio per farvi valere il proprio diritto al rimborso, rilevabile d’ufficio;

-ex art. 360 c.p.c., n. 4 la violazione del divieto di ius novorum in appello e dell’art. 112 c.p.c. per avere la Commissione Centrale ritenuto che la questione di cui sopra potesse essere conosciuta dal giudice in ogni stato e grado del procedimento e non iuxta allegata et probata e se proposta entro le decadenze processuali.

La censura è inammissibile e come tale va rigettata Va premesso che certamente spetta al giudice del merito individuare, – mediante l’esame degli aspetti sostanziali, anche non completamente corrispondenti a quelli formali, e fornendo congrua motivazione – quali atti siano impugnabili in quanto impositivi.

Nel caso di specie l’impugnata sentenza motiva assumendo “Nella fattispecie in esame risulta dagli stessi documenti allegati al ricorso introduttivo del giudizio che l’imposta della quale la Funivie Val Veny s.p.a. ha chiesto il rimborso era stata versata il 26/11/79 a seguito di avviso di relativa liquidazione datato 16/11/79 e non impugnato”. Specifica inoltre che “La mancata acquisizione agli atti dell’originale di detto avviso, corredato dalla relazione di notifica, appare ininfluente dal momento che all’ingiunzione di versamento la parte dette seguito effettuando il pagamento dell’imposta …”.

Tale specifico assunto, succintamente ma articolatamente motivato, costituisce un giudizio in fatto, conseguente all’esame della documentazione allegata dalla contribuente al proprio ricorso introduttivo, con il quale il giudice di merito ha qualificato come avviso di liquidazione (autonomamente impugnabile) l’atto datato 16.11.79.

Tanto appare assolutamente rilevante posto che questa Corte ha già affermato (Cass. n. 20392 del 2004; conf. Cass. n. 15680 del 2004, n. 7179 del 2004): “In tema di imposta di registro, la mancata tempestiva impugnazione dell’avviso di liquidazione (atto autonomamente impugnabile D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ex art. 16 – come modificato dal D.P.R. n. 739 del 1981, art. 7 ed ora D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 19) lo rende irretrattabile e preclude, da un lato, la possibilità per il contribuente di far valere, attraverso un’istanza di rimborso, il carattere indebito del versamento relativo, e, dall’altro, la ricorrenza delle condizioni (pendenza di controversia o avvenuta presentazione di domanda di rimborso alla data del 1 luglio 1986) per il diritto al rimborso previste dalla norma transitoria di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 79, comma 1.

Nella fattispecie in esame quanto sostenuto nella impugnata sentenza è stato confutato dalla ricorrente, ma la stessa ha omesso di inserire nel ricorso, riportandolo testualmente, l’atto al quale ritiene di dare una qualificazione diversa (ovvero “informale avviso di pagamento”) da quella di cui nell’impugnata sentenza. Tanto, evidentemente si pone in contrasto con il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione-valido, oltre che per il vizio di cui all’art. 360, n. 5 anche per quello di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3. Questa Corte ha infatti costantemente affermato (da ultimo Cass. n. 6937 del 2010) che “In tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 6 di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda (e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza), è necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza di detto atto processuale, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza di documentazione dello svolgimento del processo nel suo complesso, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame”.

Nel caso di specie manca la trascrizione completa dell’atto – o della sua parte – dal quale la ricorrente ritiene di poter desumere quello che costituisce il fondamento di tutte le sue doglianze; manca quindi la possibilità per questa Corte di svolgere la sua funzione di controllo di legalità.

Dal rigetto del primo punto di tale motivo consegue l’assorbimento sia degli altri punti dello stesso, sopra riportati, che degli altri motivi (con il secondo e terzo motivo la contribuente deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 79, commi 1 e 4 dovendo tale norma – certamente più favorevole al contribuente – essere applicata esistendo la domanda di rimborso e la pendenza di lite sulla stessa, e del D.P.R. n. 634 del 1972, art. 75 che, correttamente interpretato, potrebbe consentire di ritenere non preclusivo il provvedimento di liquidazione.

Con il quarto motivo la contribuente insiste per l’accoglimento dell’originario ricorso con un giudizio di merito ex art. 384 c.p.c.) in quanto gli stessi presuppongono la soluzione positiva del rilievo svolto dalla contribuente di inesistenza di un avviso di liquidazione autonomamente impugnabile.

Il rigetto del ricorso impone, in applicazione del principio della soccombenza la condanna del ricorrente alle spese del giudizio che vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri;

condanna la ricorrente alle spese di giudizio che liquida in Euro 1000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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