Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33458 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2019, (ud. 07/03/2019, dep. 17/12/2019), n.33458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE X

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12482-2018 proposto da:

S.L., S.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato BURZA GIANFRANCA;

– ricorrenti –

contro

P.M., F.F., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CONCA D’ORO 287, presso lo studio dell’avvocato TRIFILIO ITALIA,

rappresentati e difesi dall’avvocato GRECO EFRENI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1738/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 09/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SABATO

RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza n. 441 in data 19.8.2011 il tribunale di Paola ha parzialmente accolto la domanda proposta con atto di citazione notificato il 2.10.2007 da F.F. e P.M. nei confronti di S.E., S.A. e S.L. per sentir accertare l’esistenza sul fondo di questi ultimi in Amantea di servitù di passaggio a favore dei fondi dei primi. In particolare, il tribunale ha dichiarato l’esistenza di passaggio a carico del fondo oggi in proprietà di S.E..

2. Con sentenza n. 1738 depositata il 9.10.2017 la corte d’appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto dai signori S., considerando:

– che gli appellanti, cui incombeva il relativo onere, non avessero fornito rigorosa prova del mancato esercizio ventennale della servitù della servitù di passaggio sulla stradella la cui costruzione era stata prevista dai titoli di provenienza rimontanti a un comune dante causa;

– che il tribunale aveva raggiunto tale conclusione, condivisa dalla corte d’appello, sulla base del minuzioso esame delle trasformazioni avvenute in ordine alla stradella, sulla base delle deposizioni dei testi, partendo dal 1967 allorchè esisteva un percorso scomodo quasi coincidente con canale di scolo, poi oggetto di successive modifiche e ampliamenti (risultanti da provvedimento comunale per la realizzazione di una grata idonea a permettere il passaggio e da un nulla osta dell’Anas dei primi anni ‘80); la strada era poi – in base a deposizioni dei testi Roseto, Trunzi e Filici – stata ampliata per l’accesso di mezzi meccanici;

– che i dubbi rivenienti da discordanti deposizioni dei testi, stante la distribuzione dell’onere della prova che fa carico agli appellanti della prova dell’estinzione di servitù costituita per titolo per non uso ventennale, ridondavano a carico degli appellanti stessi, dovendo far ritenere il sussistere del diritto;

– che l’esistenza attuale della stradella e le sue caratteristiche risultavano dalla c.t.u. a ministero dell’ing. M., anche in ordine al raccordo con la strada statale.

3. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i signori S. su due motivi, illustrati da memoria pervenuta tuttavia oltre il previsto termine (in data 4.3.2019 rispetto all’adunanza odierna del 7.3.2019). Hanno resistito con controricorso i signori F. e P..

4. Su proposta del relatore, il quale ha ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, nella quale il collegio ha come segue condiviso la medesima proposta del relatore.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con i due motivi di ricorso si deducono omesso esame di fatto storico e violazione dell’art. 116 c.p.c. e artt. 1073 e 1074 c.c., da diversi angoli visuali.

In particolare, i ricorrenti contestano quale omesso l’esame del fatto storico indicato nella mancata costruzione della stradella nell’epoca successiva alla costituzione della servitù giusta atto del 1967, essendo stato il relativo percorso occupato dal comune con un canale di raccolta di acque piovane, solo agli inizi degli anni ‘90 – a prescrizione avvenuta – essendo stata realizzata una rampa di accesso dalla strada statale, essendo stata dalla corte d’appello stravolta la relazione del c.t.u. sul punto.

Ne sarebbe derivata l’erronea applicazione delle norme in tema di non uso ventennale.

2. I due motivi, strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente. Essi sono inammissibili, in quanto tendono a scalfire la valutazione delle risultanze probatorie compiuta dai giudici di merito in ordine all’esistenza della stradella oggetto della servitù nell’epoca successiva all’atto del 1967, deducendosi che sarebbe stata negletta la circostanza della sua “inesistenza” con conseguente estinzione del diritto reale limitato.

3. Trattasi di censure di merito, non deducibili in cassazione, a fronte della trattazione del relativo profilo nella sentenza impugnata con congrua motivazione, come emerge da quanto in precedenza riepilogato. Giova sul punto chiarire che l’attribuzione, all’esito delle valutazione delle risultanze istruttorie, di un esito auspicato da parte ricorrente diverso da quello cui è pervenuto il giudice di merito non costituisce omesso esame di fatto storico, essendo i fatti storici in discussione compiutamente valutati. Conseguentemente neppure sono ammissibili le censure di violazione di legge.

4. In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile, regolandosi le spese secondo soccombenza e secondo la liquidazione di cui al dispositivo; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

la corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 3.500 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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