Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33457 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2019, (ud. 07/03/2019, dep. 17/12/2019), n.33457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11473-2018 proposto da:

M.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI

CAMPITELLI 2, presso lo studio dell’avvocato RECH COLFERAI FABIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PATELMO PAOLO;

– ricorrente –

contro

D.R.P.T., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

FLAMINIO 22, presso lo studio dell’avvocato LORENZANI MARCO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DELLA COLLETTA LUIGI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 237/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 31/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SABATO

RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza depositata il 31.5.2016 il tribunale di Belluno ha, in accoglimento di domanda di D.R.P.T., condannato M.E. ad arretrare porzioni di fabbricato in Vigo di Cadore in violazione delle distanza rispetto a costruzione dell’attore, nonchè a risarcire il danno mediante il pagamento di Euro 5.000.

2. Con sentenza depositata il 31.1.2018 la corte d’appello di Venezia ha rigettato l’appello di M.E., ha dichiarato cessata la materia del contendere in ordine al capo di condanna alla rimozione di opere e ha rigettato la domanda ex art. 96 c.p.c. proposta dalla parte appellata.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione M.E., poi illustrato da memoria. Ha resistito con controricorso D.R.P.T..

3. Su proposta del relatore, il quale ha ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, nella quale il collegio ha come segue condiviso la medesima proposta del relatore.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione di legge per liquidazione delle spese processuali oltre i massimi dei parametri, in assenza di alcuna motivazione. Nell’ambito del motivo è fatto riferimento all’art. 15 c.p.c. quanto al calcolo del valore delle cause relative a immobili, nonchè al D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 13, comma 6).

2. Il mezzo è manifestamente infondato. Esso si rapporta a un dato (cfr. p. 7 del ricorso) – essere la causa d’appello di valore di 141 Euro in base alla dichiarazione della stessa parte contenuta nell’atto di impugnazione ai fini del contributo unificato – contraddetto dalle evidenze processuali.

2.1. In proposito, la parte ha determinato il predetto valore moltiplicando la rendita catastale del proprio fondo per cinquanta (cfr. p. 20 dell’atto di appello; si noti che, anche quanto al ricorso in cassazione, la parte ricorrente ha indicato il valore di Euro 141 ai fini del contributo unificato – ciò che non rileva nella presente sede processuale, ma in quella tributaria – a fronte dell’avere ad oggetto il ricorso capo sulle spese processuali). Al riguardo, già preliminarmente la parte controricorrente ha rettamente osservato che il riferimento in appello avrebbe dovuto essere operato al fondo della controricorrente, di valore superiore e tale da rendere la liquidazione delle spese conforme ai parametri. Invero, va data continuità alla giurisprudenza (v. Cass. n. 4654 del 08/05/1998) per cui le cause concernenti il mancato rispetto delle distanze legali tra immobili sono assimilate a quelle relative alle servitù, poichè l’azione esercitata consiste sostanzialmente in una negatoria. A norma dell’art. 15 c.p.c., pertanto, ai fini della competenza il loro valore va determinato moltiplicando per cinquanta il reddito dominicale del terreno o la rendita catastale del fabbricato in cui si assume essere avvenuta la violazione.

2.2. Parimenti condivisibile, nel medesimo senso dell’infondatezza del motivo di ricorso, è l’argomento addotto dal controricorrente per cui – a prescindere dal calcolo effettuato ex art. 15 c.p.c. ai fini della domanda in negatoria – emerge dalla sentenza impugnata che l’appello verteva anche sul capo di domanda di natura risarcitoria. Pertanto, del valore della domanda in appello in questione si doveva tener conto ai fini del computo (danni liquidati in Euro 5.000, con statuizione confermata in appello), sommandosi esso a quanto concernente il valore della negatoria e, così, anche per altra via, pervenendosi all’emersione della correttezza della statuizione impugnata del giudice d’appello.

2.2. Avendo il ricorrente fatto riferimento, nelle sue argomentazioni, esclusivamente al predetto dato del valore della lite dichiarato ai fini del contributo unificato, va richiamato, per completezza, che la giurisprudenza è consolidata nel senso che il valore della causa dichiarato ai fini del contributo unificato ha rilevanza esclusivamente fiscale e non spiega, quindi, alcun effetto vincolante in ordine ai profili processuali (cfr. ad es. Cass. n. 9195 del 10/04/2017 quanto all’individuazione del quantum oggetto di domanda; Cass. n. 12031 del 16/05/2017, n. 18732 del 22/09/2015 e n. 26988 del 20/12/2007 ai fini della competenza per valore).

3. In definitiva il ricorso va rigettato, regolandosi le spese secondo soccombenza e secondo la liquidazione di cui al dispositivo; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

PQM

la corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 3.000 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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