Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33456 del 27/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 28/06/2018, dep. 27/12/2018), n.33456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10751/2012 R.G. proposto da:

Z.S. con gli avvocati Roberto Laurenzana e Mauro Capone

nel domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, alla via

Ovidio, n. 32;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

LOMBARDIA – Sez. 7 n. 154/07/11 depositata in data 12/12/2011 e non

notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 giugno

2018 dal Cons. Fracanzani Marcello M..

Fatto

RILEVATO

che il contribuente è stato dirigente della Sasol Italy spa ed una volta raggiunti i requisiti pensionistici ha ricevuto dall’azienda la proposta di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, con incentivo al congedo;

che la proposta è stata accettata e definita con accordo individuale di lavoro stipulato il 22 giugno 2007, ove si è pattuita la risoluzione consensuale a far data dal 31 maggio 2008 e la corresponsione della somma di Euro 178.150,00 lordi a titolo di incentivazione all’esodo, quindi in aggiunta al normale e dovuto TFR;

che tale accordo individuale si poneva in attuazione dell’accordo quadro aziendale, stipulato fra la proprietà e le rappresentanze sindacali il 20 dicembre 2004 nella cornice di una più ampia riorganizzazione aziendale e per favorire l’esubero di personale;

che il datore di lavoro, quale sostituto di imposta, applicava alla predetta somma incentivante la ritenuta IRPEF del TFR, cioè il 26,16%, invece di ridurla del 50%, come previsto originariamente dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 4 bis;

che il contribuente chiedeva all’Amministrazione il rimborso della maggior somma a suo dire erroneamente versata, pari ad Euro 23.302,02, impugnando il successivo silenzio rigetto e trovando riscontro favorevole alle proprie tesi nella CTP di Milano;

che l’Ufficio impugnava la decisione e ne otteneva la riforma dalla CTR che ricostruiva il quadro normativo ricordando come la precitata norma contenente l’agevolazione fiscale invocata dal contribuente fosse stata abrogata dal D.L. n. 223 del 2006, in recepimento di fonte comunitaria che ne aveva imposto l’espunzione perchè in contrasto con l’ordinamento europeo;

che, peraltro, il prefato D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 23, aveva previsto anche una norma transitoria, consentendo la sopravvivenza dell’agevolazione, tra l’altro, per le somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati “in attuazione di atti o accordi, aventi data certa, anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto”, ovvero il 4 luglio 2006;

che la CTR ritiene la locuzione “atti ed accordi” come riferibile all’accordo individuale del 2007, perchè atto che determina la risoluzione del rapporto, non all’accordo quadro del 2004 che resta cornice generale priva di efficacia autonoma, insuscettibile di instillare nel contribuente l’affidamento che la norma transitoria intende tutelare;

che insorge il contribuente con unico articolato motivo per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 23, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, cui aggiunge anche il n. 5;

che si è costituta con controricorso l’Avvocatura dello Stato, controdeducendo alle doglianze del privato.

Diritto

CONSIDERATO

che, per comune posizione delle parti, la questione si incentra sulla portata della locuzione “in attuazione di atti o accordi, aventi data certa, anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto”;

che il contribuente ritiene debba farsi riferimento all’accordo quadro del 2004, sostanzialmente perchè in esso sono fissate tutte le condizioni e le modalità del recesso con incentivo, perchè l’accordo individuale fissa solo il quantum dell’incentivo ed il quando del recesso, perchè l’accordo quadro rimanda alla maturazione dell’età pensionabile che è necessariamente successiva all’accordo quadro e diversa per ogni singolo dipendente, sicchè sarebbe illogico non differirne l’efficacia ad un momento successivo, cioè al perfezionarsi di certe condizioni predeterminate; perchè solo così si tutelano i diritti quesiti del dipendente ed il suo affidamento sulle condizioni del recesso e, infine, perchè in tal senso deporrebbe la circolare 16 febbraio 2007, n. 10, della Direzione Centrale dell’Agenzia delle Entrate;

che, per contro, la tesi della CTR fatta propria ed irrobustita dall’Avvocatura dello Stato, argomenta sulla ratio (recte, il telos) della norma transitoria che intende far salvo l’affidamento del dipendente e che quindi tutela quella (ristretta) categoria di lavoratori che abbiano già sottoscritto l’accordo individuale, non abbiano più possibilità di scelta e che vedano corrisposte le somme in data successiva alla novella legislativa, ovvero al 4 luglio 2006: solo questi hanno diritto a conservare il regime fiscale agevolato;

che l’esegesi letterale non risolve il problema, nè appare dirimente l’invocata circolare dell’Agenzia delle entrate, sia perchè non scioglie l’ambiguità testuale, sia per la forza dell’atto nella gerarchia delle fonti, in disparte la sua attitudine (o meno) ad ingenerare affidamento verso terzi;

che occorre procedere con criteri sistematici e teleologici, muovendo dalla considerazione che nel caso concreto l’esodo è avvenuto a procedura progressiva, con un atto generale e collettivo ed uno specifico ed individuale, sicchè occorre verificare a chi spetti la primogenitura o se vi sia sostanziale parità, nel qual ultimo caso la procedura può dirsi completata solo nel 2007;

che, nella comune ricostruzione delle parti, l’accordo del 2004 ha fissato le condizioni per l’esodo agevolato, i cui punti fondamentali – per quanto qui interessa – sono: a) la maturazione dei requisiti pensionistici da parte del dipendete, b) una proposta (negoziabile o non negoziabile) dell’azienda, c) un’accettazione da parte del dipendente;

che quest’ultimo elemento si concreta in una libera scelta, atto di volontà proprio, frutto di autonoma valutazione sulla somma offerta, sulla data di recesso, sul TFR maturato, sulla propria situazione contributiva e sulla prospettiva del trattamento di quiescenza maturato;

che a tale libertà di scelta ed autonoma valutazione soccorre anche il giudizio sul regime fiscale delle somme percipiende;

che non è nella disponibilità dell’accordo collettivo fissare il trattamento fiscale della somma incentivante (come del TFR o della pensione), dipendendo dalle scelte autonome di politica economica del legislatore, sicchè su di esso non può ingenerarsi alcun affidamento meritevole di tutela, salvi i limiti costituzionali incomprimibili (cfr. Corte cost. n. 70/2015);

che, ove anche pattiziamente fissato un certo regime fiscale, il successivo intervento legislativo comporta l’applicazione del meccanismo di cui all’art. 1419 c.c., comma 2, ovvero della nullità parziale sopravvenuta con successione automatica di clausole, non potendo essere tutelato l’affidamento o l’aspettativa del privato su un certo trattamento fiscale;

che per ovviare all’alea del mutamento legislativo, alle parti è data facoltà di concordare una somma netta, cioè a dire, facendo gravare sull’azienda la diversa pressione fiscale;

che tale pattuizione può avvenire in sede di accordo quadro o anche in sede di accordo individuale;

che ad oltre un anno dalla novella legislativa de qua, in sede di negoziazione dell’accordo individuale, il contribuente era nelle condizioni di poter chiedere e verificare le condizioni fiscali della somma incentivante (come del TFR e del trattamento di quiescenza), di farne argomento di trattativa sul quantum, ovvero di valutazione dell’offerta aziendale;

che, per contro, la norma transitoria, deve intendersi posta a tutela di coloro che abbiano già operato una scelta irreversibile prima della novella legislativa e che tale scelta sia avvenuta su di un certo trattamento fiscale agevolato, repentinamente travolto con decreto legge a promulgazione ed efficacia immediata, ancorchè su conosciuta spinta comunitaria;

che in tali ultimi casi si pone il problema della tutela dell’affidamento di cui si fa carico la norma transitoria qui all’esame: ed infatti un accordo stipulato prima, una volontà cristallizzata in cui siasi pattuita la corresponsione differita di una certa somma merita di seguire le condizioni fiscali del momento della stipula;

che, pertanto, lo scopo della norma transitoria è far salva l’esecuzione di accordi definiti e definitivi, di incontri di volontà irretrattabili, di negozi stipulati e fissati, di atti concordati e perfezionati prima dell’abrogazione del trattamento fiscale agevolato;

che, pertanto, la sentenza impugnata non è affetta dal lamentato vizio di violazione di legge, nè di insufficiente motivazione, ove anche tale vizio si ritenesse sollevato nell’unico motivo di doglianza, poichè la sintetica argomentazione indica nel riparto di fasi della procedura di esodo un margine di volontà autonoma;

che la novità e la specificità del caso inducono a compensare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, conferma la sentenza impugnata.

Compensa le spese della presente fase del giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018

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