Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3345 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/02/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 12/02/2020), n.3345

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23057-2018 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GINO

FUNAIOLI 54/56, presso lo studio dell’avvocato FRANCO MURATORI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDO CONTARDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

NOMENTANA 91, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BEATRICE,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO AMODIO;

– controricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

ricorso successivo

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del

Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

NOMENTANA 91, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BEATRICE,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO AMODIO;

– ricorrente successivo –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente successivo –

C.V.

– intimata –

avverso la sentenza n. 84/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUII”1.,

depositata il 22/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 84 pubblicata il 22.2.2018, in accoglimento dell’appello proposto da C.V. e in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato l’illegittimità, per intervenuta prescrizione quinquennale, dell’intimazione di pagamento n. (OMISSIS), notificata il 10.10.2015, compensando le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio;

2. la Corte territoriale ha rilevato che le cartelle di pagamento erano state tutte notificate tra il 21.2.2005 e il 19.5.2008 e che alla data di notifica dell’intimazione di pagamento (10.10.2015), in assenza di atti interruttivi, dovevano ritenersi prescritti i crediti contributi, essendo decorso il termine quinquennale applicabile, in conformità alla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 23397 del 2016;

3. avverso tale sentenza hanno proposto separati ricorsi per cassazione: C.V., affidato ad un unico motivo, cui hanno resistito con controricorso l’Inps e l’Agenzia delle Entrate-Riscossioni; l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, cui ha resistito l’Inps, anche quale mandatario di SCCI s.p.a.; la sig.ra C. è rimasta intimata;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. con l’unico motivo di ricorso, C.V. ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, dell’art. 2233 c.c., comma 2, e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erronea compensazione delle spese di lite;

6. con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20, e degli artt. 2934 e 2946 c.c. nella parte in cui non ha ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non opposte dal debitore;

7. ha rilevato come la Corte di merito avesse condiviso la decisione delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016, secondo cui il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20 “è norma chiaramente applicabile soltanto alla riscossione fiscale”, senza considerare che nel testo del citato art. 20, come modificato dalla della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 683, fosse stata eliminata ogni distinzione tra entrate tributarie ed altre entrate, con conseguente applicabilità della prescrizione decennale a tutte le entrate iscritte a ruolo, comprese quelle di natura previdenziale;

8. si esamina in via prioritaria il ricorso dell’Agenzia delle entrate Riscossione, con cui si mira a mettere in discussione il principio della durata quinquennale della prescrizione dei crediti previdenziali iscritti a ruolo per effetto della novazione oggettiva e soggettiva del credito;

9. le censure sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, poichè sui punti contestati la Corte territoriale ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di legittimità e l’esame dei motivi non offre elementi nuovi rispetto all’elaborazione giurisprudenziale consolidata (Cass. n. 7155 del 2017);

10. occorre richiamare il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. n. 23397 del 2016), secondo il quale: “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10,) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L n. 122 del 2010)”;

11. in linea con il richiamato principio, e con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che “In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)”;

12. allo stesso modo, non assume rilievo il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 112 del 1999, nel testo novellato nel 2014, nella parte in cui stabiliscono un termine di prescrizione decennale che questa Corte ha già chiarito essere strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. U. n. 23397 del 2016, Cass. n. 31352 del 2018);

13. per le ragioni esposte, il ricorso dell’Agenzia delle entrate Riscossione deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1;

14. neppure il ricorso di C.V. può trovare accoglimento;

15. la Corte d’appello ha disposto la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio per “gravi ed eccezionali ragioni di ordine equitativo, attesa la sussistenza di un mutamento di orientamento giurisprudenziale sulle questioni dirimenti (Cass., S.U. n. 23397 del 2016) e tenuto conto della novità ed obiettiva controvertibilità delle questioni trattate”;

16. alla fattispecie oggetto di causa è applicabile ratione temporis (ricorso di primo grado depositato il 2.11.15) l’art. 92 c.p.c., nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 132 del 2014, convertito in L. n. 162 del 2014, e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, secondo cui “se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero”;

17. la Corte Cost., con la sentenza n. 77 del 2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92 c.p.c. “nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”;

18. premesso che in tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica di idoneità in astratto dei motivi posti a giustificazione della pronuncia e dell’adempimento dell’obbligo di motivazione, deve escludersi la violazione dell’art. 92 c.p.c. posto che la sentenza impugnata ha disposto la compensazione, motivando espressamente sul punto, in ragione del mutamento di giurisprudenza a seguito del contrasto delineatosi e che ha portato alla pronuncia delle Sezioni Unite;

19. la critica mossa dalla ricorrente C. in quanto volta a mettere in discussione l’esistenza del contrasto giurisprudenziale e quindi il mutamento di giurisprudenza sulla questione oggetto di causa, nonostante l’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte (e sebbene nel caso di specie il Tribunale avesse respinto l’opposizione in base all’opposto orientamento, espresso da Cass. n. 4338 del 2014, poi superato dalle S.U.), si colloca al di fuori del vizio di violazione di legge e risulta pertanto inammissibile;

20. data la reciproca soccombenza, si compensano le spese di lite tra tutte le parti processuali;

21. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per i ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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