Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33449 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 17/12/2019), n.33449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5189-2018 proposto da:

SITA SUD SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ZACCAGNINO VITO

VINCENZO;

– ricorrente –

contro

ANAS SPA, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GARIGLIANO 11, presso lo studio

dell’avvocato NICOLA MAIONE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

P.O., AGENZIA DEL DENLANIO, FAL SRL,

S.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1179/2017 del TRIBUNALE di POTENZA, depositata

il 07/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA

PAOLO.

Fatto

CONSIDERATO

Che:

P.O. conveniva in giudizio la Sita s.p.a. chiedendo il risarcimento dei danni per aver subito lesioni personali viaggiando a bordo di un autobus della società adibito a trasporto pubblico, quando, in occasione della sosta del mezzo in un piazzale dissestato antistante una vecchia stazione, effettuata per consentire il trasbordo da una vettura all’altra dello stesso trasportatore, inciampava in una buca e cadeva;

il Giudice di pace di Potenza accoglieva la domanda con pronuncia confermata dal Tribunale di Potenza che, per quanto qui ancora rileva, spiegava come il trasbordo fosse parte necessaria dell’esecuzione contrattuale, sicchè, mentre la danneggiata aveva provato il nesso causale con il trasporto, il vettore non aveva provato l’imprevedibilità o inevitabilità dell’accaduto non riconducibile, in base alle risultanze istruttorie, a fatto del terzo o dello stesso soggetto leso;

avverso questa decisione ricorre per cassazione la Sita s.p.a. formulando due motivi e depositando memoria;

resiste con controricorso l’ANAS, chiamata in giudizio nelle fasi di merito quale ente pretesamente responsabile del piazzale di sosta;

Rilevato che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1681 c.c., poichè il tribunale avrebbe errato mancando di considerare che l’incidente non era avvenuto durante il viaggio, sicchè non poteva risponderne il vettore;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., poichè il tribunale avrebbe errato mancando di considerare che il vettore non poteva che effettuare quella sosta tenuto conto dei vincoli posti al servizio di trasporto pubblico;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RILEVATO

Che:

il primo motivo è manifestamente infondato;

questa Corte ha chiarito che nel contratto di trasporto di persone, il viaggiatore danneggiato ha l’onere di provare, oltre all’esistenza ed all’entità del danno, il nesso esistente tra il trasporto e l’evento dannoso, mentre incombe al vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità posta a suo carico dall’art. 1681 c.c., comma 1, la prova che l’evento dannoso era imprevedibile e non evitabile usando la normale diligenza, ferma restando la possibilità che l’eventuale condotta colposa del danneggiato assuma rilievo ai sensi della previsione dell’art. 1227 c.c. (Cass., 10/01/2017, n. 249);

tale presunzione opera per i fatti accaduti nel corso del trasporto, dovendo considerarsi verificatisi “durante il viaggio” anche i sinistri occorsi durante le operazioni preparatorie o accessorie ovvero la salita e la discesa dei passeggeri in occasione delle soste (Cass., 20/07/2010, n. 16893);

si deve quindi trattare di operazioni direttamente riferibili al trasporto, necessarie rispetto alla concreta articolazione dello stesso, e senza soluzione di continuità rispetto al medesimo, con accertamento in fatto demandato come tale al giudice di merito e non sindacabile in sede di giudizio di legittimità, ferma la possibilità di dedurre, nei limiti in cui è ammesso, il vizio motivazionale ovvero quello di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta – ovvero riconducibile in via generalmente propria a quella – prevista dallo schema legale quale così ricostruito;

nel caso in scrutinio il Tribunale ha fatto applicazione della richiamata nomofilachia accertando, in fatto, che il cambio di vettura con relativo trasbordo era parte necessaria della prestazione di trasporto in cui quindi s’iscriveva, e, in questa cornice, non emerge alcuna soluzione di continuità nel senso appena esposto;

può quindi formularsi il seguente principio di diritto: “nel caso di trasporto di persone effettuato senza soluzione di continuità nell’esecuzione negoziale, come accertata in fatto dal giudice di merito, con trasbordo da un’autovettura a un’altra, previsto dall’unico contratto con l’unico vettore, quest’ultimo risponde dei danni occorsi al soggetto trasportato nel piazzale in cui il trasferimento stesso risulta essere avvenuto, trattandosi di operazione necessaria al servizio reso e facente parte di questo, secondo la presunzione di responsabilità prevista dall’art. 1681 c.c., comma 1”;

il secondo motivo è manifestamente infondato;

premesso che la necessità di una sosta nulla dice in ordine alle modalità con cui quella e il conseguente trasbordo debba avvenire, le norme invocate non risultano essere in alcun modo violate;

va ribadito che, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli invocati artt. 115 e 116 c.p.c., opera sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè, in questa chiave, la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di fatto, che dev’essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione (qui non dedotto), e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., 12/10/2017, n. 23940), salva l’inammissibilità di cui all’art. 348-ter c.p.c., commi 4 e 5;

ciò posto, la violazione dell’art. 116 c.p.c., è idonea a integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda il sopra ricordato principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta a un diverso regime; mentre la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come analogo vizio solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha finito per attribuire maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass., 10/06/2016, n. 11892, Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16598, pag. 33);

nella fattispecie nulla di tutto ciò viene in rilievo;

spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in Euro 2.500,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per cento di spese forfettarie, oltre accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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