Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33447 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 17/12/2019), n.33447

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1606-2018 proposto da:

D.R., elettivamente domiciliata in ROMA, TOSCANA 10, presso

lo STUDIO LEGALE PERSIANI – RIZZO, rappresentata e difesa

dall’avvocato CONTINI LAZZARO;

– ricorrente –

contro

DE.NU.GI., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA PRATI

DEGLI STROZZI 26, presso lo studio dell’avvocato VALENTINI GABRIELE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALEMANNO DAVID MARIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 541/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 29/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA

PAOLO.

Fatto

CONSIDERATO

Che:

D.R. ha impugnato la sentenza con cui la Corte di appello di Lecce, in sede di rinvio, ha liquidato, in via equitativa, il danno cagionato dalla deducente a De.Nu.Gi. per il mancato guadagno, conseguente all’impossibilità di utilizzare un immobile locato, ad uso non abitativo, in ragione della propria inadempienza, quale locatrice, alle obbligazioni circa l’agibilità dei locali oggetto di contratto;

la Corte territoriale rilevava che il danno era da commisurare al periodo tra il rilascio della licenza per lo svolgimento dell’attività commerciale e la restituzione dell’immobile;

il ricorso per cassazione è articolato in tre motivi e corredato da memoria, peraltro tardivamente pervenuta;

resiste con controricorso De.Nu.Gi..

Diritto

RITENUTO

Che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,233 e 394, c.p.c., art. 2736, c.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato omettendo di pronunciarsi sul giuramento decisorio deferito durante il giudizio di rinvio, fermo restando che la statuizione di questa Corte che aveva dato luogo al rinvio stesso contravveniva al consolidato principio per cui l’attore avrebbe dovuto provare in concreto il danno subito, sicchè sarebbe stata comunque necessaria una rimessione alle Sezioni Unite;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 102,112,141,291 e 307, c.p.c., poichè nel giudizio di legittimità la notifica del controricorso contenente il ricorso incidentale della controparte sarebbe stata inesistente ovvero nulla in quanto effettuata a indirizzo diverso dal domicilio eletto, e non sarebbe stata data altra comunicazione al difensore della deducente, fermo restando che il ricorso in riassunzione, in uno al decreto di fissazione dell’udienza, oltre a essere privi della “vocatio in ius”, sarebbero stati notificati fuori termine e in luogo ancora una volta differente dal domicilio eletto;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,91 e 99 c.p.c., poichè erano state liquidate le spese del secondo grado di giudizio mentre sarebbe stata fatta domanda solo per quelle del primo grado, della fase di legittimità e del giudizio di rinvio;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;

Rilevato che:

il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3;

infatti, manca la compiuta esposizione delle vicende processuali, riassunte parzialmente e solo a far tempo dal ricorso per cassazione originante il giudizio di rinvio;

ciò non permette di comprendere idoneamente i termini del giudizio (Cass., Sez. U., 28 novembre 2018, n. 30754);

i motivi di ricorso sarebbero stati peraltro in parte inammissibili, in parte infondati, anche sotto altro profilo;

il primo motivo perchè, innanzi tutto, il giuramento decisorio deferito non risulta riportato e comunque, anche nella prospettiva della deducente, non sarebbe stato decisivo, sicchè la deduzione di omessa pronuncia sarebbe divenuta irrilevante: questa Corte ha chiarito che alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo comecostituzionalizzato nell’art. 111 Cost., nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, può e dev’essere omessa la cassazione con rinvio della sentenza impugnata quando la questione posta con quel motivo risulti infondata, sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass., 28/06/2017, n. 16171, Cass., 19/04/2018, n. 9693);

nel caso qui in scrutinio, il giuramento decisorio, deferibile eccezionalmente in sede di rinvio, aveva ad oggetto: il mancato rilascio del nulla osta per continuare a esercitare l’attività commerciale; l’autorizzazione del cambio di destinazione commerciale dell’immobile; il mancato guadagno nel periodo di esercizio concretamente avvenuto e corrispondente all’autorizzazione provvisoria all’attività commerciale;

ne sarebbe derivato che non sarebbe rimasta incisa la circostanza di fatto della mancanza di agibilità;

al contempo, non risulta che le questioni di fatto oggetto del mezzo di prova corrispondano a quanto già allegato e non siano, cioè, nuove, atteso che nel giudizio di rinvio, resta cristallizzato il quadro determinato dall’esercizio delle facoltà assertive per come effettuato nel corso del giudizio (Cass., 21/02/2019, n. 5137), non riassunto, come detto, secondo quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 3;

il secondo motivo sarebbe stato inammissibile perchè rivolto, eventualmente, a pretesi vizi della fase di legittimità, in tesi suscettibili solo di giudizio per revocazione, mentre quanto alla notifica tardiva del ricorso per riassunzione, e correlato decreto di fissazione dell’udienza, non è specificatamente censurata la “ratio decidendi” della Corte territoriale che ha ritenuto sufficiente il rispetto del termine dilatorio rispetto all’udienza di discussione e la natura non perentoria del termine indicato come violato;

quanto alla pretesa mancanza di “vocatio in ius” e alla dedotta notifica effettuata in luogo diverso dal domicilio eletto, avrebbe dovuto rilevarsi la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, posto che non si specificano nè riportano gli atti processuali di riferimento;

il terzo motivo sarebbe stato inammissibile per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 1, (Cass., Sez. U., 21/03/2017, n. 7155), poichè la liquidazione delle spese prescinde dalla domanda di parte e ha riguardo al complessivo svolgimento ed esito della lite (Cass., 12/04/2018, n. 9064, che ribadisce come solo se la liquidazione in parola sia discussa con specifica censura, il giudice del gravame – quindi anche in sede di rinvio – deve attenersi al relativo motivo);

spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali del controricorrente liquidate in Euro 2.500,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per cento di spese forfettarie, oltre accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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