Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33443 del 27/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 13/06/2018, dep. 27/12/2018), n.33443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28358/2011 proposto da:

Eugest srl, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente

domiciliata in Roma Via Carlo Mirabello 18, presso lo studio

dell’Avvocato Umberto Richiello, che la rappresenta e difende in

forza di procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 55/29/2011 della Commissione Tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 23/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/06/2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Eugest srl propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 55/29/2011, depositata in data 23/5/2011, con la quale, in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento emesso per maggiori IRPEG ed IRAP dovute in relazione agli anni d’imposta 2003 e 2004, a seguito di contestazione di ricavi non dichiarati in relazione alla compravendita di complesso immobiliare in Milano, nel luglio 2004, è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che le plusvalenze non dichiarate erano il frutto di operazioni elusive poste in essere dalla contribuente attraverso la vendita dell’immobile (malgrado pregressa offerta, del gennaio 2004, da parte della D. & G. srl, di prezzo pari ad Euro 6.250.000,00 oltre IVA) ad un soggetto estero, costituito allo scopo (la cui attività sarebbe cessata nel dicembre dello stesso anno), dietro corrispettivo di Euro 2.150.000,00, oltre IVA, il quale poi, dieci gg. dopo, aveva ceduto l’immobile, alla società Locat spa, al prezzo di Euro 6.750.000,00, che, a sua volta, aveva concesso l’immobile in locazione finanziaria alla società D. & G. srl, originaria offerente; ad avviso della CTR, l’operazione commerciale, all’evidenza anti-economica, trovava spiegazione soltanto con l’indebito vantaggio fiscale, conseguito dalla società italiana attraverso il trasferimento di ingenti ricavi in capo al soggetto estero, e gli elementi, assunti dall’Ufficio al fine di dimostrare l’intento elusivo, “riscontra bili nella sequenza temporale ristretta della successione delle operazioni”, dimostravano oggettivamente il conseguimento di tale beneficio.

Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5 (nella formulazione ante Novella 2012), l’omessa ed insufficiente motivazione su fatto controverso, rappresentato dalla vendita dell’immobile in Milano mediante interposizione fittizia della Forin Istituto, in difetto di prova di un controllo societario su quest’ultima società ovvero di un trasferimento ad essa Eugest del maggiore capitale incassato dalla Forin (non rispondendo al vero, peraltro, la circostanza, dedotta dall’Amministrazione finanziaria, in ordine all’assunzione del ruolo di socio ed amministratore unico della società del Liechtenstein, da parte del commercialista, all’epoca, della Eugest e, successivamente, nel corso del 2006, amministratore). La ricorrente, con il secondo motivo, deduce la falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 37, comma 3 e della nozione di abuso del diritto in ambito comunitario.

2. Le censure, da trattare unitariamente, in quanto connesse, sono infondate.

Questa Corte ha chiarito (Cass. 21952/2015; Cass. 4966/2017; Cass. 5408/2017) che “in tema di accertamento rettificativo dei redditi, la disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale”. Ne consegue che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, consente di imputare al contribuente i redditi formalmente intestati ad un altro soggetto, quando, in base a presunzioni gravi, precise e concordanti, egli ne risulti l’effettivo titolare, senza distinguere tra interposizione fittizia e reale, sicchè la sua applicazione non è limitata alle sole operazioni simulate (Cass. 15830/2016).

In sostanza, la norma in oggetto comporta la possibilità di dichiarare inopponibili all’amministrazione finanziaria – in applicazione di un principio generale antielusivo desumibile dall’art. 53 Cost., ma anche dai principi comunitari – i benefici fiscali derivanti dalla combinazione di operazioni a ciò volte ed ai fini dell’operatività della disposizione è sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale, che costituisce il presupposto d’imposta, tanto che i fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma ed anche il carattere reale, e non simulato, dell’operazione di vendita non basta ad escludere lo scopo elusivo dell’intera operazione negoziale posta in essere (v. Cass. n. 14470 del 2016; Cass. n. 25671 del 2013: Cass. n. 449 del 2013).

Nè la contribuente, a fronte della successione cronologica degli eventi descritta dalla CTR nella sentenza (offerta alla contribuente di un prezzo tre volte superiore, a seguito di trattative, da parte di un terzo, cuì poi è stato concesso in locazione finanziaria il complesso immobiliare; vendita dell’immobile dalla Eugest a società estera, costituita da appena un mese, a tale precipuo scopo, che, dopo alcuni mesi, aveva cessato di operare, ad un prezzo tre volte inferiore; vendita da parte della suddetta società del Liechtenstein del bene, dieci gg. dopo, ad altra società che, contestualmente, lo ha ceduto in locazione finanziaria al terzo, originario offerente, – per prezzo originariamente offerto dal suddetto terzo alla Eugest) e quindi della prova, fondata su elementi presuntivi, offerta dall’Amministrazione finanziaria sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale (Cass. 3938/2014; Cass. 1734/2018), ha offerto prova della esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti con carattere non meramente marginale o teorico, rispetto al contestato vantaggio fiscale.

3. Per tutto quanto sopra esposto il ricorso deve essere respinto. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso;

Condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 12.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018

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