Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33431 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. II, 17/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 17/12/2019), n.33431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26504-2015 proposto da:

T.L., D.M.C., elettivamente domiciliati in

MESTRE, V. EINAUDI 34, presso lo studio dell’avvocato STEFANO CAPO,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIULIO POLATI;

– ricorrenti –

contro

DA.MA.AN., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati STEFANO CONTI,

ANDREA LEONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1306/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 15/05/2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere ORICCHIO ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

T.L. e D.M.C. ricorrono per la cassazione della sentenza n. 1306/2015 della Corte di Appello di Venezia con atto affidato a due ordini di motivi e resistito con controricorso dall’intimata Da.Ma.An.. La decisione della Corte territoriale aveva rigettato l’appello interposto dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale di Padova n. 2713/2012.

Con tale sentenza, su domanda di divisione della comunione della comune area di terreno di cui in atti avanzata da tutte le parti in causa, veniva ordinata la divisione del bene immobile. Tanto giusto progetto divisionale adottato dal Giudice di prime cure, che provvedeva ad assegnare ai condividendi la disponibilità esclusiva delle parti dell’area nel rispetto delle rispettive porzioni immobiliari delle stesse ovvero 700/00 per Da. e 300/00 per T. e D..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo del ricorso si censurano i vizi di “violazione o falsa dell’art. 1112 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” e omesso esame di un fatti decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Parti ricorrenti lamentano, nella sostanza, che i Giudici del merito avrebbero disposto anche la divisione della porzione di terreno di cui al mappale (OMISSIS) costituita dall’originario comune accesso alle abitazioni di proprietà esclusiva delle parti.

I ricorrenti, insomma, desideravano la conservazione dell’originario accesso, come auspicato nella citata relazione del loro consulente di parte, sul presupposto che quello stesso passaggio “costituiva l’accesso naturale al fondo”.

Il motivo non può essere accolto sotto entrambi i profili di doglianza formulati.

Infatti la pretesa violazione di legge non sussiste quando, per effetto del progetto divisionale adottato dal Giudice, non si verifica alcuna lesione delle quote di rispettiva appartenenza delle parti, così come nell’ipotesi.

Scopo precipuo della divisione giudiziale è, infatti, quello di addivenire allo scioglimento della comunione di beni nel rispetto, innanzitutto, delle rispettive quote dei condividendi, non certo dei particolari desideri di uno di essi.

Inoltre deve, al riguardo, evidenziarsi che la scelta del progetto divisionale ritenuto più congruo rientra nell’apprezzamento di fatto proprio del Giudice del merito.

In particolare va poi sottolineato che -quanto alla questione dell’ingombro dello stradello a realizzare per effetto della divisione complessiva dei beni (incluso il suddetto mappale (OMISSIS))- i Giudici del merito non hanno leso alcuna parte in causa giacchè “la superficie necessaria per la realizzazione dello stradello è stata considerata per il 30% a carico degli appellanti-odierni ricorrenti e per il 70% a carico dell’appellata-odierna controricorrente”.

Ovviamente la questione, che pure appare sollevata, dello “annesso spazio di manovra” si riduce -si ribadisce- ad un desiderata di un condividente che non può certo determinare la definizione del giudizio divisionale, come richiesta, di tutti i beni comuni da parte del Giudice. E tanto, a maggior ragione, allorchè -come in ipotesi- nessuna lesione risulta avvenuta a carico del legittimo diritto di un condividente.

Quanto al preteso vizio prospettato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve osservarsi quanto segue.

Parte ricorrente identifica detto vizio sul “fatto decisivo per il giudizio (ovvero) il mantenimento della comunione sulla porzione del mappale (OMISSIS)”.

Senonchè è palese che, per come formulata, la censura attiene non alla omessa valutazione (consentita dal vigente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5) di un documento o dato, ma all’essenza stessa della decisione ed alla formazione del convincimento del Giudice quanto alla divisione (peraltro in origine concordemente richiesta) di tutti i beni senza porzioni relitte indivise.

Peraltro la stessa pretesa del mantenimento dell’originario accesso è addotta sulla scorta di una relazione del consulente di parte (geom. Cingottini) non citata neppure per stralcio nei punti relativi a sostenere eventualmente l’opportunità della suddetta pretesa, della quale – in ogni caso. Il Giudice della divisione ben poteva non tener conto alla stregua del progetto divisionale condiviso ed adottato del CTU teso alla divisione di tutti i beni.

Il motivo deve, quindi, essere ritenuto – nel suo complesso – inammissibile.

2. – Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 718 e 720 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

L’errore denunciato sarebbe consistito nell’aver la Corte distrettuale ritenuto comodamente divisibile il mappale (OMISSIS). La censura è illogica in quanto il Giudice della divisione ha ritenuto divisibili nel loro complesso i beni ed il non aver lasciato in comunione il citato mappale rispondeva all’esigenza di poter far accedere tutte le parti in causa (e senza limitazioni al contenuto dei rispettivi diritti) alle parti oggetto di divisione.

Non si è, quindi, assolutamente al cospetto di un problema, relativamente a detta particella, di comoda o non comoda divisibilità.

Quanto alla parte della censura relativa al fatto che il Giudice della divisione ha ritenuto di far proprio il progetto divisionale del CTU (Ing. P.) la stessa attiene ad una valutazione ed apprezzamento in fatto di puro merito, come tale non ammissibile nel presente giudizio.

Il motivo qui in esame è, perciò, inammissibile.

3. – Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto va dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

4. – Le spese seguono la soccombenza e sì determinano così come in dispositivo.

5. – Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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