Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3343 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2011, (ud. 04/01/2011, dep. 11/02/2011), n.3343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. COSENTINO Giuseppe Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA ANDREA DEL

CASTAGNO 34, presso lo studio dell’avvocato BELTRANI SERGIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato RUSSO DE LUCA BRUNO, giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 65/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 25/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/01/2011 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE SOCIO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato PREZIOSI, per delega dell’Avvocato

RUSSO DE LUCA, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato a mezzo servizio postale con plico raccomandato spedito il 10.1.2000 il sig. A.F. impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma un avviso di accertamento in materia di IVA, notificatogli l’11.11.99, con il quale gli veniva contestata la mancata presentazione della dichiarazione IVA per l’anno 1994.

Il primo giudice – preso atto della mancata costituzione dell’Ufficio – adottava una ordinanza interlocutoria con cui chiedeva all’Ufficio tributario di verificare la ricezione della raccomandata introduttiva del giudizio e al contribuente di produrre l’avviso di ricevimento di detta raccomandata e quindi, non avendo alcuna delle parti dato corso a dette richieste, dichiarava improcedibile il ricorso “per non aver dato parte attrice prova del rispetto del termine e delle modalità appositamente previste per la regolare proposizione del ricorso dal già richiamato del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 20, comma 2 e art. 21”.

Avverso la sentenza l’ A. proponeva appello alla Commissione Tributaria Regionale.

Nel giudizio di appello l’Amministrazione si costituiva chiedendo la conferma della sentenza di prime cure e deducendo che la produzione della dichiarazione IVA 1994 era stata effettuata in primo grado oltre il termine per le produzioni documentali fissato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comma 1.

La Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza di primo grado, annullava l’avviso di accertamento, argomentando che il primo giudice aveva errato nel porre a carico del contribuente l’onere di produrre l’avviso di ricevimento del plico postale contenete il ricorso e che doveva ritenersi che il ricorso fosse effettivamente pervenuto all’Ufficio tributario, come poteva dedursi dal rilievo che l’Ufficio non solo, nonostante il tempo trascorso dalla notifica dell’avviso di accertamento, non aveva provveduto all’iscrizione a ruolo del relativo importo, ma inoltre, costituendosi in appello, non aveva lamentato la mancata ricezione del ricorso di primo grado, ma solo il mancato rispetto, da parte del contribuente, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comma 1.

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per l’annullamento della sentenza impugnata, con ogni consequenziale provvedimento, anche, occorrendo, di decisione nel merito.

L’ A. si è costituito nel giudizio di cassazione depositando controricorso.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 4.1.011 in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate si fonda su un unico motivo, rubricato come:

Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 2 e 3, e art. 20, comma 1 e 2; degli artt. 137 e segg. c.p.c.;

della L. n. 890 del 1982, art. 4, comma 3, e art. 5, ultimo comma, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

La ricorrente in sostanza afferma che – poichè nel giudizio di primo grado l’Amministrazione non si era costituita e il contribuente non aveva prodotto l’avviso di ricevimento del plico postale con cui era stato notificato il ricorso avverso l’avviso di accertamento, in tal modo omettendo di fornire la prova del perfezionamento della notifica del ricorso introduttivo – correttamente la Commissione Tributaria Provinciale aveva ritenuto non costituito il contraddittorio; mentre la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che, in accoglimento dell’appello del contribuente, aveva annullato l’avviso di accertamento, aveva violato le norme che disciplinano l’instaurazione del contraddittorio nel giudizio tributario, ritenendo erroneamente che, in caso di mancata costituzione della parte resistente, non gravasse sul ricorrente l’onere di provare il perfezionamento della notifica del ricorso a mezzo posta, producendo il relativo avviso di ricevimento.

L’ A., nel controricorso, deduce l’inammissibilità della censura proposta dalla difesa erariale, per il divieto di proporre in sede legittimità eccezioni non proposte in sede di merito, deducendo che nel giudizio di secondo grado l’Agenzia non aveva eccepito la mancata ricezione del ricorso di primo grado e/o il mancato deposito in primo grado dell’avviso di ricevimento del plico postale contenete il ricorso, quale causa invalidante la notifica del ricorso stesso.

Osserva il Collegio che sulla questione degli effetti della mancata produzione dell’avviso di ricevimento del piego postale con cui è stato notificato il ricorso introduttivo di un giudizio tributario (di primo o di secondo grado) si sono pronunciate nel 2008 le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 3006, che ha enunciato inseguenti principi.

1) L’avviso di ricevimento non è elemento costitutivo del procedimento di notificazione ma documento di prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica per il destinatario.

2) L’omesso deposito dell’avviso di ricevimento determina il mancato assolvimento dell’onere, incombente sulla parte ricorrente, di dimostrare l’avvenuta costituzione del rapporto processuale mediante il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna dell’atto al destinatario, sia la data della stessa, sia l’identità e l’idoneità della persona a mani della quale è stata eseguita.

3) Poichè l’omessa produzione dell’avviso di ricevimento non incide sulla validità della notifica, non è ammesso il procedimento di rinnovazione di cui all’art. 291 cod. proc. civ., il quale presuppone la nullità della “eseguita” notificazione.

4) Poichè l’omessa produzione dell’avviso di ricevimento non equivale a inesistenza della notificazione, l’intimato può comunque costituirsi, dovendosi la costituzione riguardare non già come una sanatoria bensì come prova dell’intervenuta consegna dell’atto al destinatario.

Per quanto in particolare concerne il processo tributario, la citata sentenza 3006/2008 ha altresì precisato che:

1) il termine ultimo per il deposito dei documenti non può essere che quello di venti giorni liberi prima della data di trattazione, fissato dal D.Lgs. 30 dicembre 1991, n. 546, art. 32, comma 1.

2) Il fatto che il D.Lgs. n. 546 del 1991, art. 22, comma 1, preveda che il ricorrente deve costituirsi entra trenta giorni dalla proposizione del ricorso depositando, a pena di inammissibilità, l’originale del ricorso notificato a norma degli artt. 137 e segg.

c.p.c., ovvero copia del ricorso spedito per posta con la fotocopia della ricevuta di spedizione, non consente affatto di affermare che il ricorso possa essere deciso indipendentemente dalla prova della intervenuta instaurazione del contraddittorio, la quale ovviamente dipende dal ricevimento della raccomandata da parte del destinatario, e non certo dalla sola spedizione da parte del notificante. Tanto si evince dall’art. 16 del menzionato decreto legislativo che, al secondo comma, prevede che le notificazioni sono fatte secondo le norme degli artt. 137 e segg. c.p.c. (e dunque anche ai sensi degli artt. 149 e 140 c.p.c.), al comma 3 stabilisce che le notificazioni possono essere effettuate anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico raccomandato con “avviso di ricevimento”, al quinto comma detta la regola secondo la quale, per le notificazioni a mezzo del servizio postale, i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto “è ricevuto”; nonchè dall’art. 23, comma 1, che appunto fa decorrere il termine per la costituzione del convenuto dal giorno in cui il ricorso è stato notificato, consegnato o “ricevuto a mezzo del servizio postale”.

3) Il contraddicono non può quindi dirsi instaurato se, in difetto di costituzione del destinatario della notificazione del ricorso, non sia stato prodotto dalla parte notificante l’avviso di ricevimento della raccomandata di spedizione.

Alla stregua dei suddetti principi, che qui si intendono confermare, risultano erronee le due affermazioni di diritto su cui si regge la sentenza impugnata, ossia che:

a) Il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era tempestivo, perchè spedito per posta entro gg. 60 dalla notifica dell’atto impositivo impugnato.

b) Avrebbe errato il giudice di prime cure a gravare il contribuente dell’onere di produrre l’avviso di ricevimento del piego raccomandato con cui era stato notificato il ricorso introduttivo del giudizio.

L’affermazione sub a) è erronea, perchè il principio della scissione fra il momento di perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario implica che il consolidamento dell’effetto anticipato per il primo dipende dal perfezionamento del procedimento notificatorio per il secondo; la valutazione sulla tempestività di una notifica presuppone, in altri termini, che la notifica si sia perfezionata per il destinatario.

L’affermazione sub b) è erronea, perchè, come già sopra precisato, l’avviso di ricevimento del piego raccomandato con cui era stato notificato il ricorso introduttivo era il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna dell’atto al destinatario, sia la data della stessa, sia l’identità e l’idoneità della persona a mani della quale è stata eseguita; correttamente quindi la Commissione Tributaria Provinciale aveva ritenuto che l’onere della relativa produzione in giudizio gravasse sul ricorrente. Nè è concludente l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui, in caso di smarrimento della raccomandata, il relativo avviso di ricevimento non poteva essere in possesso del ricorrente; a parte il rilievo che dal controricorso non emerge che il contribuente abbia dedotto, in sede di merito, ne lo smarrimento dell’avviso di ricevimento. nè lo smarrimento della raccomandata, va comunque rilevato che:

– In caso di smarrimento dell’avviso di ricevimento, il contribuente avrebbe avuto la possibilità e l’onere di produrre il relativo duplicato, che l’Amministrazione postale era tenuta a rilasciargli;

in caso di smarrimento della raccomandata, se questo fosse dipeso da cause non imputabili al contribuente, questi avrebbe avuto la possibilità e l’onere di rinnovare, entro un tempo ragionevolmente contenuto, la procedura notificatoria (SSUU 17352/2009).

In definitiva la Commissione Tributaria Regionale ha errato nel ritenere ammissibile il ricorso di primo grado (pronunciandosi quindi, in riforma della sentenza di primo grado, sul merito del medesimo) in quanto l’onere di provare la notifica del ricorso di primo grado gravava sul contribuente e tale onere non era stato assolto nè in primo nè in secondo grado, non avendo il ricorrente prodotto nè alla Commissione Tributaria Provinciale nè alla Commissione Tributaria Regionale l’avviso (o un duplicato dell’avviso) di ricevimento della plico raccomandato con cui era stato introdotto il ricorso di primo grado. Nè la prova della notifica del ricorso di primo grado, non fornita documentalmente dal contribuente, poteva ritenersi superflua in ragione della condotta processuale o dalle ammissioni dell’Amministrazione, giacchè questa in primo grado (dove la sua costituzione sarebbe valsa quale prova della ricezione del ricorso) non si era costituita, e in secondo grado (ove si era costituita all’esito della notifica del ricorso in appello) non aveva effettuato alcuna dichiarazione ammissiva della ricezione della notifica del ricorso di primo grado (si veda la sentenza impugnata, pag. 2, quint’ultimo rigo della narrativa: “nelle controdeduzioni all’appello presentate dall’Ufficio quest’ultimo nulla dice circa il mancato ricevimento della notifica del ricorso”).

Quanto all’argomento del controricorrente secondo cui il motivo di ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia sarebbe inammissibile, non avendo questa eccepito davanti alla Commissione Tributaria Regionale la mancata ricezione del ricorso di primo grado e/o la mancata produzione del relativo avviso di ricevimento nel giudizio di primo grado, si osserva che i principio, invocato dal contro ricorrente, per cui non possono farsi valere in sede di legittimità eccezioni che non siano state già proposte in sede di merito non è pertinente alla vicenda processuale all’odierno esame.

In questa vicenda, infatti, l’Agenzia non aveva alcuna ragione di appellare la sentenza di prime cure, perchè in tale sentenza era vittoriosa, nè di dedurre davanti al giudice di secondo grado il mancato perfezionamento della notifica del ricorso di primo grado, perchè tale mancato perfezionamento era stato rilevato di ufficio dal primo giudice, il quale proprio su tale rilievo aveva fondato la sua pronuncia, appellata dal contribuente.

La questione del perfezionamento della notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado apparteneva quindi già all’oggetto del giudizio di appello, perchè devolutavi dal contribuente appellante, senza alcuna necessità di eccezione da parte dell’Amministrazione appellata. Col ricorso per cassazione, dunque, l’Agenzia non fa valere una nullità della sentenza di primo grado, bensì l’errore compiuto dal giudice di secondo grado ne riformare la sentenza di primo grado.

Il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate deve dunque giudicarsi ammissibile e fondato e va accolto; la sentenza impugnata va cassata e, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dal contribuente in primo grado.

Si compensano le spese dei gradi di merito e si condanna A. F. a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e cassa la sentenza impugnata; decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.

Compensa le spese dei gradi di merito e condanna A.F. a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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