Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33427 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. II, 17/12/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 17/12/2019), n.33427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TEDESCO Giuseppe – Presidente –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25020/2015 R.G. proposto da:

Contento Trade s.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Francesco

Bertoli e Gigliola Mazza Ricci per procura a margine del ricorso,

elettivamente domiciliata presso lo studio della seconda in Roma

alla via di Pietralata n. 320;

– ricorrente –

contro

Legni e Segni della Memoria s.p.a., rappresentata e difesa dagli

Avv.ti Simone Labonia e Pier Francesco Sena per procura in calce al

controricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.

Gina Carugno in Roma alla via Tommaso Inghirami n. 76;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste, n. 171,

depositata il 16 marzo 2015.

Udita la relazione svolta dal Consigliere CARBONE Enrico nell’udienza

pubblica del 17 settembre 2019;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avv. Simone Labonia per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A titolo di compenso per una prestazione di ricerca inerente un metodo di essiccazione e debatterizzazione del legno, prestazione oggetto di una lettera d’incarico del 20 gennaio 2004, Contento Trade s.r.l. otteneva verso la committente Legni e Segni della Memoria s.p.a. un decreto ingiuntivo per la linea capitale di Euro 155.460,00.

Il giudice dell’opposizione riduceva l’importo ad Euro 14.207,20, in ragione degli acconti versati dalla committente e in virtù della compensazione di un credito di questa, portato da due fatture di noleggio di macchinari.

In parziale accoglimento del gravame dell’opponente, il giudice d’appello riduceva ancora l’importo dalla stessa dovuto, limitandolo ad Euro 4.607,80, per imputazione di ulteriore acconto; viceversa dichiarava inammissibile per tardività l’appello incidentale dell’opposta, cui riconosceva un terzo delle spese del doppio grado.

Contento Trade s.r.l. (d’ora in poi, “Contento”) ricorre per cassazione sulla base di cinque motivi, illustrati con memoria.

Legni e Segni della Memoria s.p.a. (d’ora in poi, “Legni e Segni”) resiste mediante controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 166,168-bis, 334 e 343 c.p.c. e omesso esame di fatto decisivo, per aver il giudice d’appello dichiarato tardivo il gravame incidentale della “Contento” malgrado l’avvenuto differimento officioso della prima udienza di comparizione.

1.1. Da esaminare con priorità logica, il terzo motivo è infondato.

Per il combinato disposto degli artt. 166 e 343 c.p.c., l’appello incidentale deve essere proposto, a pena di inammissibilità, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione ovvero venti giorni prima dell’udienza differita a norma dell’art. 168-bis c.p.c., comma 5, sicchè, qualora il giudice si sia avvalso del potere di differimento concessogli da tale norma, il termine per la proposizione dell’appello incidentale va calcolato assumendo come riferimento la data dell’udienza differita, e non la data dell’udienza originariamente indicata nell’atto di citazione (Cass. 27 aprile 2005, n. 8897; Cass. 24 gennaio 2011, n. 1567; Cass. 6 febbraio 2017, n. 3081).

Lo spostamento in avanti del termine di costituzione dell’appellato e appellante incidentale è previsto, quindi, unicamente se il differimento della prima udienza sia stato disposto dal giudice nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’art. 168-bis, comma 5, non anche quando esso avvenga automaticamente ai sensi del comma 4, ovverosia con slittamento alla prima udienza utile perchè nel giorno fissato in citazione il giudice – come recita la norma – “non tiene udienza”.

Palese la ratio del differente trattamento normativo: quello di cui all’art. 168-bis, comma 5 è un differimento discrezionale e a data libera (entro il massimo dei quarantacinque giorni), mentre quello di cui al comma 4 è un oggettivo differimento di calendario; il primo evento soltanto giustifica, quindi, una rimodulazione del termine di costituzione dell’appellato.

Nella specie, lo stesso odierno ricorso (pag. 17) informa che il rinvio d’ufficio all’udienza del 7 gennaio 2014 venne disposto dal Presidente di Sezione della Corte d’appello con la motivazione “la Sezione non tiene udienza”, locuzione conforme a quella dell’art. 168-bis, comma 4.

Atteso il testuale e non smentito riferimento al dato di calendario (“la Sezione non tiene udienza”), e in assenza di qualunque richiamo ad una procrastinazione discrezionale finalizzata alla pianificazione del ruolo, non vi sono elementi per identificare la fattispecie di cui all’art. 168-bis, comma 5, idonea a spostare in avanti il termine di costituzione dell’appellato.

Si rammenta che la norma sul differimento del termine di proposizione dell’appello incidentale ha natura eccezionale, ed è quindi di stretta applicazione (Cass. 20 dicembre 2013, n. 28571).

Pertanto, la “Contento” avrebbe dovuto costituirsi almeno venti giorni prima del 18 dicembre 2013, data della prima udienza fissata nella citazione d’appello, e invece si costituì solo e proprio il 18 dicembre 2013, quindi tardivamente.

Nella memoria illustrativa (pag. 6-7), la “Contento” assume che l’esistenza stessa di un decreto di differimento ascriva il rinvio nel paradigma dell’art. 168-bis c.p.c., comma 5, poichè il rinvio di cui al comma 4 non richiede alcun provvedimento del giudice: l’assunto non convince, tuttavia, potendo il decreto presidenziale aver avuto in concreto portata meramente ricognitiva dello slittamento di calendario, e infatti l’esistenza di un decreto presidenziale di differimento della prima udienza è, di per sè sola, irrilevante agli effetti della tempestività dell’appello incidentale (Cass. 22 gennaio 2015, n. 1127).

2. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 1325,1346,1418 e 1421 c.c., omessa pronuncia e omesso esame, per non aver il giudice d’appello rilevato la nullità per indeterminabilità oggettiva del contratto di noleggio in base al quale “Legni e Segni” aveva emesso le fatture nn. (OMISSIS) e (OMISSIS), portate in compensazione; il quarto motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 112,115 e 116 c.p.c., omessa pronuncia e omesso esame, per aver il giudice d’appello ritenuto provata la sussistenza dei crediti di cui alle dette fatture.

2.1. Da esaminare unitariamente per connessione logica, il primo e il quarto motivo sono inammissibili.

Riproponendo le doglianze oggetto dell’appello incidentale, in punto di nullità del contratto di noleggio e compensazione dei relativi crediti, essi sono preclusi dal giudicato interno formatosi in seguito all’inammissibilità di quel gravame.

Si rammenta che l’omesso rilievo officioso delle nullità, finanche della nullità di protezione, è coperto dal giudicato interno in mancanza di rituale impugnazione (Cass. 17 gennaio 2017, n. 923; Cass. 10 maggio 2018, n. 11259).

3. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 112,115 e 116 c.p.c., e in subordine omesso esame, per aver il giudice d’appello defalcato come ulteriore acconto il saldo della fattura “Contento” n. (OMISSIS).

3.1. Il secondo motivo è inammissibile.

Nel ritenere che la fattura n. (OMISSIS) attenesse all’incarico del 20 gennaio 2004, il giudice d’appello ha fatto riferimento a quanto emergente dalla consulenza tecnica d’ufficio (pag. 7 di sentenza): il motivo si risolve in un’inammissibile istanza di riedizione del giudizio di merito, peraltro opponendo all’evidenza della perizia un mero indizio, qual è l’omesso riferimento testuale della fattura al contratto.

Si rammenta:

a) la violazione dell’art. 2697 c.c. è configurabile solo nell’ipotesi di erroneo riparto dell’onere della prova, non anche riguardo alla concreta valutazione del materiale probatorio (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 29 maggio 2018, n. 13395);

b) la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è configurabile solo nell’ipotesi di utilizzo di prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio fuori dei limiti legali, pretermissione di prove legali e attribuzione di forza piena a mezzi liberamente valutabili, non anche riguardo alla concreta valutazione del materiale probatorio (Cass. 27 dicembre 2016, n. 27000; Cass. 17 gennaio 2019, n. 1229);

c) a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo oggi vigente, applicabile ratione temporis, è denunciabile per cassazione soltanto l’omesso esame del fatto decisivo, cioè del fatto storico che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia, fatto storico che il ricorrente deve, quindi, specificamente indicare, evidenziandone appunto la decisività, mentre l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., sez. un., 22 settembre 2014, n. 19881).

4. Il quinto motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 93 c.p.c., e omessa pronuncia, per non aver il giudice d’appello disposto la sollecitata distrazione delle spese processuali.

4.1. Il quinto motivo è inammissibile.

Il rimedio avverso l’omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese è costituito dalla richiesta di correzione di errore materiale di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., e non dagli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo l’istanza di distrazione qualificarsi come domanda autonoma (Cass., sez. un., 7 luglio 2010, n. 16037; Cass. 17 maggio 2017, n. 12437).

5. Il ricorso deve essere respinto, con aggravio di spese processuali e raddoppio del contributo unificato.

V’è distrazione delle spese in favore dei difensori della controricorrente, giusta loro istanza in controricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.400,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge.

Distrae le spese, come liquidate, in favore degli Avv.ti Simone Labonia e Pier Francesco Sena.

Dichiara che la ricorrente ha l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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