Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33421 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. II, 17/12/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 17/12/2019), n.33421

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29040/2015 proposto da:

R.G., e R.A.D. quali eredi di R.D.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NICOLO’ TARTAGLIA 5, presso

lo studio dell’avvocato SANDRA AROMOLO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MATTIA IOANNUCCI;

– ricorrenti –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la propria sede

in VIA IV NOVEMBRE 144, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIA

LETIZIA NUNZI e BETTINO TORRE dell’Avvocatura Generale dell’INAIL;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2688/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/06/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione;

udito l’Avvocato SANDRA AROMOLO, difensore dei ricorrenti, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato BETTINO TORRE, difensore del controricorrente, che

ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, confermò quella di primo grado, che aveva disatteso la domanda di L.G., P.R., V.D., R.G., R.M.D. e R.D., i quali avevano evocato in giudizio l’INAIL, perchè fosse accertato il loro diritto ad acquistare l’appartamento da ciascuno di loro condotto in locazione al prezzo agevolato di cui al D.L. n. 351 del 2000, art. 3, comma 20, convertito nella L. n. 410 del 2001.

In sintesi, la Corte territoriale, esposti i due motivi di gravame posti a corredo dell’impugnazione, afferma che gli appellanti non avevano fornito la prova di aver manifestato la propria volontà di acquisto, entro il 31/10/2001, da comunicarsi, siccome prevedeva la L. n. 410 cit., art. 3, comma 20, pur in assenza di un’offerta di opzione da parte dell’ente pubblico locatore, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento. Tale, infatti, non avrebbe potuto considerarsi la comunicazione, “firmata cumulativamente da più conduttori”, inviata da tale C.G. (come era dato ricavare dalla copia dell’avviso di ricevimento), il quale “nell’inviare la raccomandata (era da reputare avesse) agito esclusivamente nel proprio interesse non potendosi ritenere, in mancanza di una espressa indicazione in tal senso, che abbia agito anche in rappresentanza degli altri firmatari in forza di un espresso mandato”.

R.G., A.D. e D. propongono ricorso per cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso l’INAIL.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunziano la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 112,345 c.p.c. e art. 101 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, assumendo, in sintesi, quanto segue:

a) la Corte locale aveva illegittimamente rilevato d’ufficio il preteso difetto di rappresentanza, senza che l’eccezione (in senso proprio) fosse stata tempestivamente sollevata dalla parte che ne avrebbe avuto interesse;

b) il rilievo si fondava su un fatto (la mancanza di un espresso mandato) che non era stato mai allegato e, non solo, pertanto, non aveva formato oggetto del dibattito processuale, ma, pur ad ammettere che ne fosse consentito lo scrutinio officioso, introduceva un nuovo tema d’indagine, del quale la Corte romana avrebbe dovuto dare avviso alle parti, così da scongiurare decisione a sorpresa.

2. Con il secondo motivo le ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 331 del 2001, art. 3, convertito con modifiche nella L. n. 410 del 2001, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Dopo aver premesso che la Corte d’appello “ha negato che ai ricorrenti si potesse applicare il beneficio della riduzione del prezzo, non tanto (e non solo) perchè non avevano ritualmente comunicato la propria volontà di acquistare in data anteriore al 31 ottobre 2001, ma principalmente perchè il processo di dismissione era iniziato dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 351, art. 3, comma 20”, denunzia che la sentenza aveva privilegiato una interpretazione rigidamente formalistica. La legge, invero, aveva il solo scopo di assicurare la certezza della data della proposta d’acquisto, non vietando l’invio cumulativo di essa. L’unica cosa che contava era che alla P.A. fosse stata regolarmente recapitata la raccomandata, cosa che era indubbiamente avvenuta. Peraltro, la P.A. avrebbe dovuto (art. 97 Cost.), nel caso in cui avesse riscontrato irregolarità, darne rappresentazione ai privati interessati, i quali, invece, non avevano avuto riscontro per oltre quattro anni.

3. I due motivi, fra loro connessi, esaminati unitariamente, meritano di essere accolti.

Costituisce approdo di legittimità consolidato che la deduzione del difetto o del superamento del potere rappresentativo e della conseguente inefficacia del contratto, da parte dello pseudo rappresentato, integra una mera difesa, atteso che la sussistenza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui è un elemento costitutivo della pretesa del terzo nei confronti del rappresentato, sicchè il giudice deve tener conto della sua assenza, risultante dagli atti, anche in mancanza di una specifica richiesta di parte (Sez. U., n. 11377, 03/06/2015, Rv. 635537; conf. Sez. 2, n. 1751, 24/01/2018).

Tuttavia, la decisione ha errato nel rilevare il preteso difetto di rappresentanza per l’autonomo concorrere di due ragioni.

3.1. Sul piano processuale.

Dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 20935, 30/9/2009 questa Corte ha reiteratamente spiegato che la decisione d’ufficio, senza sollecitare le parti al pertinente dibattito (cd. terza via), costituisce “error in iudicando de iure procedendi”, la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore risulti in concreto consumato.

Successivamente si è ulteriormente specificato che qualora si tratti di questioni di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, la parte soccombente può dolersi della decisione sostenendo che la violazione del dovere di indicazione ha vulnerato la facoltà di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini (ex multis, Sez. 1, n. 2984, 16/02/2016, Rv. 638556).

Nel caso qui al vaglio i ricorrenti hanno puntualmente osservato (pag. 14 del ricorso) che ove fossero stati opportunamente sollecitati dal giudice avrebbero potuto “dimostrare anche a mezzo prova orale, o per facta concludentia, l’effettiva esistenza del mandato “a spedire” la raccomandata con avviso di ricevimento in capo al sig. C.”.

L’osservazione è pertinente e tale da rendere concreto il vulnus loro arrecato dalla “decisione a sorpresa”.

3.2. Sul piano sostanziale.

La Corte di Roma afferma che “la manifestazione di volontà espressa con la comunicazione del 5.6.2000, non può (…) ritenersi sufficiente a soddisfare i requisiti di forma richiesti dalla normativa (…). Tale missiva, infatti, sebbene firmata cumulativamente da più conduttori, è stata inviata all’ente, a mezzo lettera raccomodata con avviso di ricevimento, solo da un certo C.G. (…). Deve ritenersi (…) che il C. nell’inviare la raccomandata abbia gito esclusivamente nel proprio interesse non potendosi ritenere, in mancanza di una espressa indicazione in tal senso, che abbia agito anche in rappresentanza degli altri firmatari in forza di un espresso mandato”.

L’asserto è senz’altro erroneo. L’istituto della rappresentanza risulta evocato fuori luogo. Consta dalla sentenza che tutti gli interessati firmarono la lettera e, di conseguenza, non è dubbio che ognuno di loro manifestò la propria volontà. La circostanza che gli interessati, piuttosto che comunicare individualmente la propria determinazione, preferirono farlo cumulativamente, non muta la natura dell’atto. Il fatto che la raccomandata sia stata spedita materialmente da uno solo dei firmatari (anche se non lo fosse stato la prospettiva non muta) non veste costui, sol per questo, della qualità di procuratore, trattandosi di un semplice addetto ad attività materiale, ancor meno che nuncius.

In disparte, è appena il caso di soggiungere che l’INAIL, ove avesse nutrito dei dubbi, ben avrebbe potuto chiedere la spendita del potere, nel rispetto del principio di buona fede.

3. In conclusione, la sentenza deve essere cassata con rinvio, per nuova decisione, nel rispetto dei precisati principi di diritto. E’ opportuno devolvere al giudice del rinvio anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, altra sezione.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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