Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3342 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/02/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 12/02/2020), n.3342

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18712-2018 proposto da:

R.A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ANDREA BAFILE, 5 – INT 8, presso lo studio dell’avvocato SIMONA

MARTINELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato CARMELA CAVUOTO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MANUELA MASSA,

NICOLA VELENTE, CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6864/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 05/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 6864/2017, accoglieva il gravame dell’INPS e dichiarava il diritto di R.A.S. a percepire l’assegno di invalidità, revocatogli dal luglio 2011, dal 18 febbraio 2012 come accertato dal cm in primo grado e riformando così la decisione impugnata che aveva fissato la decorrenza dal 30 maggio 2007 (come se si fosse trattato di una provvidenza riconosciuta ex novo). La Corte compensava inoltre le spese di entrambi i gradi di giudizio in considerazione della decorrenza della prestazione da data successiva a quella pretesa con la domanda.

Contro la decisione ha proposto ricorso per cassazione R.A.S. con tre motivi ai quali ha resistito l’INPS con controricorso.

E’ stato comuminata alle parti la proposta del Giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO

CHE:

1.- con il primo motivo viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia; violazione del D.M. sanità 5 febbraio 1992 in GU n. 47/1992 poichè, quanto alla decorrenza della prestazione, la sentenza impugnata aveva recepito la cm di primo grado che però non era suffragata da alcuna valutazione scientifica.

2.- Col secondo motivo si deduce la violazione del D.L. n. 323 del 1996 conv. in L. n. 425 del 1996, art. 4, in quanto la datazione della decorrenza invalidante era frutto di errore diagnostico avendo il ricorrente provato in primo grado di essere affetto da patologie invalidanti (idrocefalo con crisi epilettiche…ritardo psicomotorio) fin dalla nascita.

2.1. I due motivi di ricorso si rivelano entrambi inammissibili anzitutto per difetto di specificità dal momento che il ricorrente non trascrive e non indica o produce la ctu e la documentazione sanitaria alla quale fa riferimento nei motivi di ricorso in violazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Il ricorso è pure inammissibile in quanto, per consolidato orientamento di questa Corte, la sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio può essere contestata in Cassazione soltanto in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata in ricorso, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi; mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce un mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (v. explurimis da ultimo Cass. ord. 23/12/2014 n. 27378, Cass. 16/02/2017 n. 4124, Cass. 19/05/2017 n. 12722).

Nel caso in esame, inoltre, il vizio di motivazione si risolve in un diverso apprezzamento dei fatti già valutati e non è dedotto conformemente alla previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis; mentre, al fine di contestare la decorrenza della prestazione stabilita dalla sentenza alla data individuata dal CTU, si fa pure riferimento ad atti e documenti che, come già detto, non risultano nemmeno trascritti e localizzati nel ricorso per cassazione (Cass. nn.. 29093/201815936/2018; 5001/2018, 29093/2018; 2271/2017; 17049/2015).

3.- Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art 91 c.p.c. per avere la Corte disposto la compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio. Il motivo è manifestamente infondato perchè invece la compensazione risulta correttamente giustificata in base alla fissazione della decorrenza della prestazione da una data successiva a quella richiesta con la domanda, con la quale il ricorrente aveva chiesto il ripristino della prestazione assistenziale dalla data della revoca che invece si è rivelata legittimamente disposta.

4.- Per i motivi esposti il ricorso va quindi rigettato. Sussistono I presupposti previsti dall’art. 152 c.p.c. per l’esenzione del soccombente dalla condanna alla rifusione delle spese.

Avuto riguardo all’esito del giudizio sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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