Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3341 del 19/02/2016


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3341 Anno 2016
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

sentenza con motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

SM GROUP s.p.à. (già Consorzio Fonderie S.M. s.p.a.), in
persona del legale rappresentante
(00126480409);

FIGLI DI GUIDO MELUZZI

pro tempore

s.r.1., in persona

del legale rappresentante pro tempore (00248810400); MORRI
ANDREA s.a.s. di MORRI PIER LUIGI & C.,

in persona del

legale rappresentante Pier Luigi Morri (00885630400); OMC
DI BISOGNANI s.r.l. (già O.M.C. di Bisognani Francesco),
in persona del legale rappresentante

pro tempore

(03698030404); UTENSILERIA ROMAGNOLA DI RANDI MARCO & C.
s.n.c. (già Randi Nerio & C. Utensileria Romagnola
s.n.c.), in persona del legale rappresentante Marco Randi;
VALENTINI MACCHINE s.r.1., in persona del legale

Tsg.

Data pubblicazione: 19/02/2016

rappresentante

pro tempore

(00525460408); VERNI & FIDA

s.r.1., in persona del legale rappresentante pro tempore
(00138480405); rappresentati e difesi, per procure
speciali in calce al ricorso, dall’Avvocato Marcello

Costantino Morin n. 45, presso lo studio dell’Avvocato
Deborath Fortinelli;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale

dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– contforicorrente avverso il decreto della Corte d’Appello di Ancona n.
858/2013, depositato in data 25 novembre 2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 5 nove-Apre 2015 dal Presidente relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito,

per i ricorrenti, l’Avvocato Bruno Guaraldi,

con delega, e, per il Ministero della giustizia,
l’Avvocato dello Stato Verdiana Fedeli.
Ritenuto che, con ricorso depositato presso la Corte
d’appello di Ancona il 10 settembre 2012, i ricorrenti
indicati in epigrafe, nonché RGD s.r.1., chiedevano la

-2-

Poggioli, elettivamente domiciliati in Roma, via

condanna del Ministero della giustizia al pagamento
dell’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla
irragionevole durata del procedimento relativo al
fallimento della R.G.A. Italcava s.p.a., al cui passivo

soddisfatti nella misura del 50% e per i quali era
prevista la ripartizione di un ulteriore 25% a seguito del
piano di riparto del 4 aprile 2012;
che l’adita Corte d’appello, preso atto della rinuncia
di RGD s.r.l. e tenuto conto della complessità della
procedura, riteneva che la stessa avrebbe dovuto avere una
durata di nove anni, sicché la durata irragionevole era
pari per alcuni ricorrenti a venti anni e quattro

mesi;

durata irragionevole per la quale, tenuto, conto della
intervenuta soddisfazione parziale e della diversa entità
dei crediti ammessi, liquidava in favore di Morri Andrea
s.a.s. di Morri Pier Luigi & C., della OMC di Bisognani
S.r.l. e della Velentini Macchine s.r.l. la somma di euro
8.000,00 ciascuno; in favore della SCM Group un indennizzo
di euro 12.000,00 e in favore degli altri creditori
ricorrenti la somma di euro 2.500,00, stante la
particolare esiguità del credito ammesso (esiguità
accentuata dalla già intervenuta assegnazione del 50% dei
crediti stessi);

-3-

essi erano stati ammessi per crediti chirografari

che per la cassazione di questo decreto i ricorrenti
in epigrafe indicati hanno proposto ricorso affidato a due
motivi;
che

l’intimato

Ministero

ha

resistito

con

che i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378
cod. proc. civ.
Considerato che il Collegio ha deliberato la redazione
della sentenza in forma semplificata;
che con il primo motivo di ricorso – rubricato
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 della legge
n. 89 del 2001, in relazione all’art. 6, par. 1, della
CEDU; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 132 e
135 cod. proc. civ., ai sensi dell’art.

36q,

nn. 3 e 4,

cod. proc. civ. – i ricorrenti contestano la valutazione
della Corte d’appello in tema di durata ragionevole della
procedura fallimentare presupposta, rilevando che la
stessa, secondo la giurisprudenza di legittimità, non può
essere superiore a sei o sette anni, e si dolgono della
esiguità dell’indennizzo liquidato, rapportato, a seconda
degli importi liquidati, ad un parametro di 125,00 euro
per anno, di 400,00 e di 600,00 euro, in contrasto con gli
ordinari criteri di liquidazione /750,00 per i primi tre
anni di ritardo; 1.000,00 euro per ciascuno degli anni
successivi);

-4-

controricorso;

che con il secondo motivo i ricorrenti lamentano
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101, secondo
comma, cod. proc. civ., dell’art. 2 della legge n. 89 del
2001, degli artt. 132 e 135 cod. proc. civ., ai sensi
nn.

3 e 4, cod. proc. civ., per avere la

Corte d’appello applicato un criterio riduttivo in assenza
di qualsivoglia deduzione sul punto da parte della difesa
erariale e senza previa segnalazione alla parte della
questione poi risultata decisiva della controversia
(intervenuto riparto parziale);
che con il terzo motivo di ricorso

rubricato

violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115, primo e
secondo comma, cod. proc. civ., degli artt. 2 e 3 della
legge n. 89 del 2001, degli artt. 2697 cod. civ. e 132 e
135 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 4,
cod. proc. civ. – la ricorrente rileva che la Corte
d’appello ha ritenuto sussistenti ragioni di riduzione
dell’indennizzo in assenza di specifiche deduzioni della
difesa erariale;
che con il quarto motivo i ricorrenti deducono
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod.
proc. civ. e violazione dell’art. 11 del d.m. n. 140 del
2012, censurando la statuizione di compensazione per metà
delle spese processuali in base ad un ritento parziale
accoglimento della domanda, in realtà insussistente,

-5-

dell’art. 360,

atteso che nelle conclusioni si era chiesta la condanna
del Ministero alla somma ritenuta di giustizia;
che il primo motivo di ricorso è fondato;
che, invero, questa Corte ha avuto modo di affermare

procedure fallimentari può essere stimata in cinque anni
per quelle di media complessità, ed è elevabile fino a
sette anni, allorquando il procedimento si presenti
notevolmente complesso; ipotesi, questa, ravvisabile in
presenza di ‘un numero elevato di creditori, di una
particolare natura o situazione giuridica dei beni da
liquidare (partecipazioni societarie, beni indivisi ecc.),
della proliferazione di giudizi connessi alla procedura,
ma autonomi quindi a loro volta di durata condizionata
dalla complessità del caso, oppure della pluralità delle
procedure concorsuali interdipendenti;
che la Corte d’appello si è discostata da tale
principio, avendo ritenuto ragionevole per la procedura
fallimentare presupposta una durata di nove anni;
che l’accoglimento del primo motivo comporta
l’assorbimento delle censure proposte con gli ulteriori
motivi, dovendo la Corte d’appello procedere, all’esito
della rinnovata valutazione in ordine alla durata
ragionevole della procedura presupposta, ad una nuova
valutazione dell’indennizzo spettante ai ricorrenti,

-6-

(Cass. n. 8468 del 2012), che la durata ragionevole delle

tenendo conto che in ordine alla individuazione dei
criteri di indennizzo non si forma il giudicato (Cass. n.
14966 del 2012; Cass. n. 26442 del 2013);
che, dunque, accolto il primo motivo di ricorso,

cassato con rinvio alla Corte d’appello di Ancona la
quale, in diversa composizione, procederà a nuova
valutazione della domanda, nonché alla regolamentazione
delle spese del giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte

accoglie

assorbiti gli altri;

il primo motivo di ricorso,

cassa il decreto impugnato e rinvia

la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione,
alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
VI – 2 Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione,

assorbiti gli altri, il decreto impugnato deve essere

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