Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33405 del 27/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 13/04/2018, dep. 27/12/2018), n.33405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12824/2011 R.G. proposto da:

NEVIS HOTEL SRL, rappresentata e difesa dall’avv. Luca De Muri e

dall’avv. Francesco D’Ayala Valva, ed elettivamente domiciliata in

Roma, viale Parioli, n. 43, presso lo studio di quest’ultimo.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, sezione 32, n. 38/32/10, pronunciata il 17/03/2010,

depositata il 22/03/2010.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 aprile 2018

dal Consigliere Riccardo Guida;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo: accoglimento

del primo motivo; assorbiti il terzo, quarto, quinto e quinto-bis,

infondato il secondo e inammissibile il sesto;

udito l’Avvocato Giada Bongiovanni.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Nevis Hotel Srl, con sede legale in Vicenza, ricorre, con sette motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che si è costituita al solo fine di partecipare, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, alla discussione orale, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia (hinc: CTR), n. 38/32/10 che – in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento, relativo al periodo d’imposta 2001, che recuperava a tassazione, ai fini IRPEG, IRAP ed IVA, quote di ammortamento indebitamente dedotte, spese indeducibili in parte perchè non documentate ed in parte perchè non inerenti, nonchè le detrazioni dell’IVA contestualmente assolta – ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso della contribuente.

In particolare, la CTR, risolte alcune questioni preliminari e disatteso il rilievo relativo ad un vizio di notifica dell’atto impositivo, ha ritenuto che le spese per migliorie sugli immobili detenuti in locazione alberghiera, fiscalmente deducibili nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio, dovessero essere ammortizzate nell’arco di diciotto anni e non di nove come invece aveva fatto la contribuente – dovendosi tenere conto che il contratto di locazione, della durata di nove anni, alla prima scadenza era rinnovabile per un altro novennio.

Ha inoltre affermato che la documentazione prodotta dalla società non dimostrava l’inerenza degli altri costi, anche con riferimento alla detrazione dell’IVA.

La società ha depositato una memoria ex art. 378 cod. proc. civ. ed ha allegato documenti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Primo motivo di ricorso: “Eccezione di giudicato esterno: la questione relativa alla deduzione delle quote di ammortamento risulta definita in quanto il punto fondamentale comune da cui dipende l’applicazione della pertinente disciplina fiscale è stato già deciso con sentenza divenuta definitiva.”.

La ricorrente deduce che, per il periodo d’imposta 2002, la CTR, con sentenza n. 107/27/09, in relazione al medesimo contratto di locazione alberghiera, tra le stesse parti, e con riferimento al medesimo piano di ammortamento degli interventi di miglioria, si è già espressa in termini favorevoli alla società conduttrice sulla durata dell’ammortamento.

Soggiunge, quindi, che su tale profilo essenziale della controversia si è formato il giudicato (esterno) in quanto la menzionata sentenza della CTR non è stata impugnata dall’Amministrazione finanziaria.

Con la memoria ex art. 378 c.p.c., inoltre, reitera l’eccezione di giudicato esterno, giusta sentenza della CTR di Milano, n. 88/8/2013, del 17/04/2013, depositata il 1/07/2013, divenuta definitiva, che, con riferimento al periodo d’imposta 2003, ha affermato che sulla legittimità dell’ammortamento, nell’arco di nove anni, delle spese per miglioramenti, si fosse già formato il giudicato, avente efficacia espansiva per le altre annualità per le quali sono stati emessi gli atti impositivi (ossia per gli anni 2001 – che è il periodo d’imposta che qui rileva – e 2003), in virtù della summenzionata sentenza (definitiva) della CTR n. 107/27/09, riguardante l’annualità 2002.

1.1. Il motivo è fondato.

La ricorrente sostiene che si sia formato un giudicato esterno sulla durata novennale del periodo di ammortamento delle spese per migliorie in virtù di dette pronunce della CTR, divenute definitive.

Tale prospettazione giuridica è persuasiva.

Ai sensi dell’art. 2909 c.c. l”‘accertamento” contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.

Nella fattispecie, le surrichiamate decisioni della CTR hanno “accertato” (nel senso dell’art. 2909 c.c.) e statuito, tra le stesse parti, sia pure con riferimento ad altro periodo d’imposta, circa la durata di nove anni dell’ammortamento delle identiche spese per miglioria, riguardanti il medesimo contratto di locazione, intercorso tra le stesse parti; tale giudicato, su questo aspetto saliente e decisivo della vertenza tributaria, ha efficacia espansiva nel presente giudizio, sicchè deve ritenersi legittimo l’ammortamento di dette spese entro il primo termine di durata del contratto di locazione (nove anni), anzichè nel maggiore periodo di diciotto anni che, erroneamente, l’Amministrazione finanziaria ha posto a base della pretesa tributaria.

2. Secondo motivo: “Sul vizio di notifica dell’avviso di accertamento: la sentenza impugnata è incorsa nella violazione di norme di diritto. La L. 1982, n. 890, si applica alla raccomandata con la quale, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., viene data comunicazione dell’intervenuto deposito del plico alla casa comunale (art. 360 c.p.c., n. 3).”.

La ricorrente ripropone l’eccezione, disattesa dai giudici di merito, di nullità/inesistenza della notifica dell’avviso di accertamento, avvenuta nelle forme dell’art. 140 c.p.c., in quanto la raccomandata con la quale, ai sensi della stessa norma, è stata data notizia della mancata consegna dell’atto per irreperibilità del destinatario, non era conforme alle prescrizioni della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, comma 2, applicabili, a suo giudizio, anche alla notifica ex art. 140 c.p.c., per omessa indicazione del soggetto richiedente la notifica e del messo al quale la notifica era stata richiesta e, ancora, per mancanza del contenuto minimo, previsto dalla legge, per l’invito del destinatario al ritiro del piego depositato.

2.1. Il motivo è inammissibile.

E’ opportuno comporre il quadro normativo di riferimento.

Ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2, (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari.), in tema di “Rifiuto del destinatario. Destinatario assente o incapace a ricevere.”, nel testo vigente ratione temporis: “Se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo o di firmare il registro di consegna, ovvero se l’agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato subito nell’ufficio postale. L’agente postale rilascia avviso, in busta chiusa, del deposito al destinatario mediante affissione alla porta di ingresso oppure mediante immissione nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda Di tutte le formalità eseguite e del deposito nonchè dei motivi che li hanno determinati è fatta menzione sull’avviso di ricevimento che, datato e sottoscritto dall’agente postale, è unito al piego.”.

Tanto premesso, il motivo non soddisfa il principio d’autosufficienza; infatti, non essendo stati riprodotti, in seno al ricorso per cassazione, gli atti del sub-procedimento di notificazione alla contribuente dell’atto impositivo, la Corte non è posta nella condizione di verificare la fondatezza o meno delle asserite carenze della notificazione.

3. Terzo motivo: “Sulla questione relativa all’indebita deduzione di ammortamenti per spese di miglioramento su beni di terzi: la sentenza è affetta da violazione di norme di diritto per non avere tenuto conto, in connessione con la tipologia delle opere realizzate, della previsione del D.M. 31 dicembre del 1988, relativo al coefficiente di ammortamento (art. 360 c.p.c., n. 3).”.

La ricorrente si duole dell’errore di diritto della sentenza impugnata che ha ritenuto che, per l’individuazione degli esercizi d’ammortamento delle spese di miglioramento degli immobili detenuti in locazione alberghiera, in conformità dell’art. 74, comma 3, TUIR, vigente ratione temporis, si dovesse muovere dal presupposto che il contratto di locazione, della durata di nove anni, era prorogabile per altri nove anni, sicchè il periodo di ammortamento era pari a diciotto anni e non a nove anni.

Evidenzia che il ragionamento della CTR è errato poichè non è stata presa in considerazione la “vita utile” dei miglioramenti (arredi dei locali, sostituzione della tappezzeria, rifacimento degli impianti igienico-sanitari, posa di nuove luci, di nuove linee telefoniche e computers, realizzazione di sale riunioni e conferenze), come comprovato dal decreto del ministero delle finanze 31 dicembre 1998 (“Coefficienti di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali impiegati nell’esercizio di attività commerciali, arti e professioni”) che, per tipologie di beni omogenei a quelli appena descritti, prevedeva coefficienti di ammortamento che variavano dal 10% al 25%.

4. Quarto motivo: “Ancora sulla questione relativa all’indebita deduzione di ammortamenti per spese di miglioramento su beni di terzi: la pronuncia impugnata rivela un vizio di contraddittorietà dell motivazione, per avere tratto dalle decisive circostanze di causa riguardanti la tipologia della spesa e l’entità dell’investimento, conclusioni opposte a quelle che sarebbe stato coerente trarre (art. 360 c.p.c., n. 5).”.

Si fa valere la contraddittorietà della motivazione della sentenza della CTR, la quale evince, in termini di certezza, il rinnovo del contratto di locazione della struttura alberghiera dalla tipologia dei miglioramenti e dalla consistenza degli importi spesi, senza dare conto delle ragioni del proprio convincimento, laddove, semmai, proprio la natura degli interventi indicava che le spese sostenute avrebbero esplicato tutta la loro utilità entro la prima scadenza contrattuale.

5. Quinto motivo: “Sempre sulla questione relativa all’indebita deduzione di ammortamenti per spese di miglioramento su beni di terzi: la pronuncia si mostra affetta da errore di diritto, per avere ritenuto necessario tenere conto del rinnovo nonostante la sussistenza di incertezze circa la proroga del rapporto negoziale, proroga dipendente non soltanto da situazioni particolari del locatore, ma anche da valutazioni prospettiche del conduttore (art. 360 c.p.c., n. 3).”.

La ricorrente addebita alla sentenza della CTR un errore di diritto per avere tratto dal riferimento alla rinnovazione del contratto di locazione, secondo le modalità della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 28 e 29, il principio secondo cui la proroga, alla prima scadenza di nove anni, era pressochè certa.

Evidenzia, al riguardo, che il verificarsi o meno della proroga, alla prima scadenza, non dipende da circostanze obiettive, ma è correlato sia alla volontà del locatore che alla libera scelta imprenditoriale del conduttore che deve potere valutare, nel tempo, la migliore strategia per i propri investimenti.

6. Motivo “5-bis”: “La pronuncia impugnata evidenzia anche una contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui pretende di onerare il contribuente della dimostrazione di circostanze che non potevano essere provate, ma potevano soltanto essere oggetto di una valutazione prognostica nel momento dell’impostazione del piano di ammortamento delle spese sostenute (art. 360 c.p.c., n. 5).”.

Un altro rilievo critico riguarda la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata che afferma che il contribuente è tenuto a dimostrare l’inesistenza di circostanze tassative e di comprovate condizioni che impediscano il rinnovo tacito del contratto, sebbene, all’inizio della locazione, il conduttore possa solo fare una previsione circa la prosecuzione del rapporto negoziale oltre la prima scadenza.

7. I motivi terzo, quarto, quinto e quinto-bis rimangono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.

8. Sesto motivo: “Sulla indebita deduzione di spese: la sentenza notificata è affetta: da vizio di ultrapetizione; da insufficiente motivazione per non avere spiegato le ragioni per le quali la documentazione prodotta dal contribuente non sarebbe sufficiente a comprovare la sussistenza del costo (art. 360 c.p.c., n. 5); da motivazione contraddittoria laddove equipara inammissibilmente la questione della prova del sostenimento del costo con quella dell’inerenza del medesimo (art. 360 c.p.c., n. 3).”.

La ricorrente addebita alla sentenza impugnata il vizio di ultrapetizione in quanto in essa si afferma la non inerenza di alcuni costi che, in base alla contestazione dell’Autorità fiscale, erano stati considerati indeducibili esclusivamente perchè non documentati.

Rileva, inoltre, l’insufficiente motivazione nella parte in cui, in relazione ad altri costi (diversi da quelli appena indicati), per i quali effettivamente era contestata la non inerenza, la CTR, in termini apodittici, senza alcuna analisi della documentazione prodotta dalla contribuente, ha escluso la loro inerenza.

Sotto altro profilo, infine, evidenzia la contraddittorietà della motivazione in virtù della quale si è affermato che l’inerenza dei costi non fosse documentata, senza prendere in considerazione che l’effettività della spesa deve essere provata, mentre l'”inerenza della spesa” non è un fatto da provare, ma è un giudizio, ossia una valutazione della correlazione del costo con la specifica attività imprenditoriale.

8.1. Il motivo, nelle sue diverse sfaccettature (vizio di ultrapetizione e dello sviluppo motivazionale della sentenza), è fondato.

La decisione della CTR è censurabile perchè – omettendo di distinguere, anzi, confondendo, le contestazioni in forza delle quali l’Amministrazione finanziaria ha recuperato a tassazione i vari costi (con esclusione delle quote di ammortamento dei costi pluriennali, di cui già si è detto) – stabilisce, con una frase anodina, senza illustrare le ragioni del proprio convincimento, che: “In merito poi ai costi non inerenti va rilevato che la documentazione prodotta non dà prova della inerenza e ciò anche relativamente all’IVA.”.

9. In definitiva, accolti il primo e il sesto motivo, assorbiti al primo motivo il terzo, il quarto, il quinto e il quinto-bis e inammissibile il secondo motivo, la sentenza è cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per il nuovo esame della controversia, nel rispetto dei principi di diritto sopra enunciati, ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo e il sesto motivo, assorbiti al primo motivo il terzo, il quarto, il quinto, il quinto-bis;

dichiara inammissibile il secondo motivo;

cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018

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