Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3340 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. I, 12/02/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 12/02/2010), n.3340

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.B.A. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

17/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

03/12/2 0 09 dal Consigliere Dott. RAGONESI Vittorio;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

La Corte osserva quanto segue:

Fatto

FATTO E DIRITTO

D.B.A. ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di tredici motivi avverso il provvedimento emesso dalla Corte d’appello di Napoli dep. il 17.4.07 con cui la PDCM veniva condannata ex L. n. 89 del 2001 al pagamento di un indennizzo di Euro 4800,00 in favore di ciascuno per l’eccessivo protrarsi di un processo svoltosi innanzi al Tar Campania.

La PDCM non ha resistito con controricorso.

Il decreto impugnato ha accolto la domanda di equo indennizzo per danno non patrimoniale nella misura dianzi specificata avendo accertato una durata irragionevole di tre anni e cinque mesi circa sulla base di una ritenuta durata ragionevole di anni tre.

Con il primo motivo di ricorso si censura la pronuncia per non avere dato applicazione all’art. 6 della Conv. di Strasburgo secondo l’interpretazione fornita dalla Corte Edu.

Il motivo appare del tutto inconsistente limitandosi a delle astratte affermazioni di principio senza muovere alcuna censura concreta a punti o capi del decreto specificatamente individuati.

Con il secondo ed il terzo ed il quarto motivo si deduce, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, l’insufficiente liquidazione del danno non patrimoniale e la mancata liquidazione in riferimento all’intera durata del giudizio.

Sotto quest’ultimo profilo i motivi sono manifestamente infondati avendo a piu’ riprese affermato questa Corte che la L. n. 89 del 2001, art. 2 espressamente stabilisce che il danno debba essere liquidato per il solo periodo eccedente la durata ragionevole.

I motivi sono altresi’ infondati in relazione alla liquidazione del danno, avendo la Corte d’appello liquidato la somma di Euro 4800,00 per tre anni e cinque mesi circa di ritardo (circa 1400,00 Euro per anno di ritardo) attenendosi ai parametri minimi Cedu.

Con il quinto, il sesto ed il settimo motivo, si deduce sotto diversi profili il mancato riconoscimento di un bonus di Euro 2000,00 in ragione della natura previdenziale della controversia.

Tali censure sono manifestamente infondate.

La Corte di Strasburgo ha, infatti, affermato il principio che il bonus in questione debba essere riconosciuto nel caso in cui la controversia riveste una certa importanza ed ha poi fatto un elenco esemplificativo, comprendente le cause di lavoro e quelle previdenziali. Tutto cio’ non significa che dette cause sono necessariamente di per se’ particolarmente importanti con una conseguente liquidazione automatica del bonus in questione, ma che, data la loro natura, e’ possibile che lo siano con una certa frequenza. Tale valutazione di importanza rientra nella ponderazione del giudice di merito che, come e’ noto, dispone di una certa discrezionalita’ nel variare l’importo di indennizzo per anno di ritardo (da mille/00 a millecinquecento/00 salvo limitato di scostamento in piu’ o in meno a seconda delle circostanze) e che in tale valutazione, qualora riconosca la causa di particolare incidenza sulla situazione della parte, puo’ arrivare a riconoscere il bonus in questione. Tutto cio’ non implica uno specifico obbligo di motivazione essendo tutto cio’ compreso in quella che concerne la liquidazione del danno, per cui, se il giudice non si pronuncia sul bonus, implicitamente cio’ sta a significare che non ha ritenuto la controversia di tale rilevanza da riconoscerlo.

Con i motivi da otto a tredici si censura sotto diversi profili la liquidazione delle spese.

L’ottavo, il decimo e l’undicesimo con cui ci si duole che la tariffa applicata per le spese di giudizio sia stata quella per i giudizi di volontaria giurisdizione e non per quelli contenzioni ordinali sono infondati. E’ giurisprudenza costante di questa Corte che le spese del giudizio in materia di equa riparazione devono essere liquidate in base alle tariffe dei procedimenti ordinari contenziosi.

Peraltro dal decreto impugnato non risulta in alcun modo che la Corte d’appello si sia discostata da questo criterio non avendo in alcun modo affermato un diverso principio.

Il nono motivo e’ inammissibile poiche’ il quesito non pone alcuna questione di diritto limitandosi ad una mera domanda sulla sufficienza o meno della liquidazione delle spese nel caso concreto.

Il dodicesimo ed il tredicesimo motivo, con cui si censura che il giudice di merito ha immotivatamente disatteso la nota spese risultano fondati non avendo la Corte d’appello giustificato la liquidazione dei diritti inferiore a quanto richiesto.

Il ricorso va in conclusione accolto nei termini di cui sopra.

Il decreto impugnato va di conseguenza cassato in relazione al motivo accolto e, sussistendo i presupposti di cui all’art. 384 c.p.c. la causa puo’ essere decisa nel merito e, fermo restando l’accoglimento della domanda nei termini gia’ decisi dalla Corte d’appello con la conseguente condanna della PDCM al pagamento dell’equo indennizzo, quest’ultima va condannata altresi’ al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo che si compensano per il presente giudizio nella misura di due terzi in ragione del rigetto della maggior parte dei motivi.

PQM

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito, condanna la PDCM al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate per l’intero in Euro 500,00 per onorari oltre Euro 100,00 per esborsi ed oltre spese generali ed accessori di legge, da compensarsi nella misura di due terzi, nonche’ al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in Euro 900,00 di cui Euro 450,00 per onorari ed Euro 50,00 per spese oltre spese generali ed accessori. Spese tutte distratte in favore dell’avvio antistatario.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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