Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33376 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. I, 17/12/2019, (ud. 09/09/2019, dep. 17/12/2019), n.33376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 23054/2018 proposto da:

B.C.H.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza

Adriana 11, presso lo studio dell’avvocato Piermartini Salvatore,

rappresentato e difeso dall’avvocato Mangano Paola, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 09/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/09/2019 dal Cons. Dott. TRIA LUCIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Roma, con decreto n. 9431/2018 pubblicato il 9 luglio 2018, respinge il ricorso proposto da B.C.H.A., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. alla suddetta conclusione il Tribunale perviene rilevando, dopo aver escluso la ricorrenza dei presupposti per la protezione internazionale, la mancanza anche delle condizioni per la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

3. a tale ultimo riguardo il Tribunale sottolinea, in particolare, che:

a) non sono state allegate o documentate dal ricorrente particolari condizioni di vulnerabilità per motivi personali o di salute che consentano di accordare la protezione umanitaria;

b) infatti, non possono assumere rilievo al riguardo le violenze subite in Libia durante le due asserite detenzioni visto che è inverosimile che il ricorrente, dopo aver sopportato trattamenti inumani e degradanti abbia continuato a vivere in Libia per molto tempo svolgendo un’attività lavorativa adeguatamente retribuita;

c) neppure è influente il percorso di integrazione in Italia, visto che finora il ricorrente non è riuscito a trovare un lavoro adeguato al proprio profilo professionale e ai propri studi, avendo solo lavorato come bracciante agricolo (mentre in Ghana ha svolto l’attività di insegnante);

3. il ricorso di B.C.H.A. domanda la cassazione del suddetto decreto per quattro motivi; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha solo depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non seguito dallo svolgimento di attività difensiva;

4. il ricorrente deposita anche memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il ricorso è articolato in quattro motivi;

2. con il quarto motivo – che per ragioni logiche va esaminato prima degli altri – si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere il Tribunale appurato lo stato di “fragilità individuale” del ricorrente, sostenendosi che nella specie ricorra una situazione di vulnerabilità personale, mentre il Tribunale ne avrebbe escluso la sussistenza omettendo ogni indagine e motivazione sul punto;

3. nella memoria depositata ex art. 380-bis.1 c.p.c., il ricorrente, fra l’altro, sostiene che alla presente domanda di protezione internazionale formulata nel 2017 non sono applicabili le norme in materia introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, perchè non hanno carattere retroattivo e, quindi, insiste per la sussistenza delle condizioni per la concessione almeno della protezione umanitaria ai sensi del richiamato art. 5, comma 6;

3. l’esame di tale motivo è attinto dalla questione concernente la possibilità o meno di applicare, con efficacia retroattiva, la normativa introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito dalla L. n. 132 del 2018;

4. detta questione – già affrontata da questa Sezione con la sentenza n. 4890 del 19 febbraio 2019 e risolta, in quella sede, in senso negativo – è stata recentemente rimessa alle Sezioni Unite di questa Corte con tre analoghe ordinanze depositate il 3 maggio 2019 (n. 11749, n. 11750 e n. 11751 del 2019);

5. con tali ordinanze – per l’ipotesi in cui le Sezioni Unite pervengano alla conclusione della persistente applicabilità della originaria disciplina – è stata anche posta la questione relativa alla portata applicativa del principio enunciato da questa Corte con sentenza 23 febbraio 2018, n. 4455 in materia di permesso di soggiorno per motivi umanitari, come disciplinato dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

6. il Collegio ritiene, pertanto, opportuno il rinvio della presente causa a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite sulle questioni di cui si è detto.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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