Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33373 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. un., 17/12/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 17/12/2019), n.33373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sezione –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3200-2019 proposto da:

R.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SAN BASILIO 61,

presso lo studio dell’avvocato EUGENIO PICOZZA, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

ORDINE DEGLI AVVOCATI DI TRENTO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE

DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 142/2018 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 22/11/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/06/2019 dal Consigliere Dott. GIACINTO BISOGNI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’Avvocato R.R. per delega orale dell’avvocato Eugenio

Picozza.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trento, con decisione emessa il 10 novembre 2014 e pubblicata il 25 gennaio 2015 ha inflitto all’avv. R.R. la sanzione della sospensione per due mesi dall’esercizio dalla professione in relazione agli addebiti contestati (violazione del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 38; L. n. 247 del 2012, artt. 2 e 3 e art. 14 codice deontologico forense) per aver esposto in comparsa conclusionale una circostanza non veritiera (aver avanzato il convenuto da lei difeso una offerta transattiva pari a 18.000 Euro che non sarebbe stata accettata dalla parte attrice che aveva chiesto la maggiore somma di 35.000 Euro per concludere la transazione della controversia).

L’avv. R. ha proposto ricorso al Consiglio Nazionale Forense che in parziale accoglimento del gravame ha rideterminato la sanzione applicando in sostituzione quella della censura.

Ricorre per cassazione l’avv. R. che articola tre motivi di ricorso: a) violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,116 e 117 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5 e mancanza di decisione e/o motivazione in ordine alla gravata inesistenza della decisione per mancanza di potere in materia disciplinare alla data del 26 gennaio 2015 (e a quella successiva del 30.1.2015) da parte del C.O.A. che aveva irrogato la sanzione, con conseguente violazione della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 50. Rileva in particolare la ricorrente che, in base alla disposizione dell’art. 50 citato, il potere disciplinare è stato devoluto ai Consigli distrettuali di disciplina con decorrenza dal 1 gennaio 2015; b) violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,116 e 117 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5 e totale mancanza di decisione e/o motivazione in relazione alla cessazione dei poteri del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trento al 30 gennaio 2015 data in cui era stata richiesta dal C.O.A. la notifica del provvedimento nonostante già in precedenza fossero state fissate le elezioni per il rinnovo del C.O.A. che pertanto aveva cessato le sue funzioni; c) violazione e falsa applicazione degli artt. 112,113 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5 e totale mancanza di decisione e/o motivazione in relazione alla violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto (art. 3 C.D.F.) e mancata pronuncia su un punto decisivo della controversia.

Diritto

RITENUTO

CHE:

I tre motivi sono infondati per le seguenti ragioni.

Con il primo motivo la ricorrente si duole della mancata applicazione della disciplina della L. n. 247 del 2012 che ritiene applicabile ratione temporis. Il motivo è infondato perchè alla data dell’entrata in vigore della nuova disciplina (1 gennaio 2015) la decisione era già stata assunta dal C.O.A. di Trento anche se il deposito della pronuncia è avvenuto successivamente in data 26 gennaio 2015. E’ infondato ritenere, come fa invece la ricorrente, che l’applicazione della nuova disciplina abbia inciso sul potere di emanare la decisione da parte del C.O.A., decisione che, come si è detto, era stata già emessa alla data del 1 gennaio 2015. Il procedimento per cui si controverte deve ritenersi infatti regolato dalla disciplina preesistente secondo il principio generale tempus regit actum (cfr. Cass. Civ. Sezioni Unite n. 19653 del 24 luglio 2018 e n. 32360 del 13 dicembre 2018), sicchè la decisione adottata doveva essere motivata per iscritto e depositata dal C.O.A. anche dopo la data del 1 gennaio 2015.

Del tutto infondata è anche la censura di omessa decisione e/o motivazione sulla questione sin qui esaminata. La pronuncia della decisione da parte del C.N.F presuppone evidentemente il rigetto dell’eccezione che è stato peraltro esplicitamente affermato nella motivazione del C.N.F. il quale ben si è potuto limitare a rilevare il rigetto dell’eccezione senza motivare su una questione esclusivamente in diritto e la cui soluzione sfavorevole alla odierna ricorrente è implicita nella ritenuta sussistenza del potere decisionale del C.O.A. alla data del 10 novembre 2014.

Per gli stessi motivi deve ritenersi la infondatezza del secondo motivo essendo la notifica del provvedimento atto urgente e conseguente al deposito della decisione che non poteva non essere a carico del C.O.A. che aveva emesso la decisione e che era ancora in carico per gli atti da compiere prima dell’assunzione dei poteri operativi da parte del nuovo C.O.A. Per altro verso non si vede quale lesione abbia subito la ricorrente per effetto della richiesta di notifica e quale interesse sussista a proporre questo motivo di ricorso.

Infine il terzo motivo propone una richiesta di riesame del merito della causa e cioè della effettiva proposizione o meno di una proposta transattiva nei termini descritti nell’addebito disciplinare. Nè il motivo di ricorso può intendersi proposto quale prospettazione di omesso esame di fatti decisivi che peraltro non sono stati dedotti secondo i requisiti imposti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. Civ. S.U. n. 8053 del 7 aprile 2014). Come rileva la stessa ricorrente “le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, ai sensi del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 56 soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, con la conseguenza che l’accertamento del fatto, l’apprezzamento della sua rilevanza rispetto alle imputazioni, la scelta della sanzione opportuna e, in generale, la valutazione delle risultanze processuali non possono essere oggetto del controllo di legittimità, salvo che si traducano in un palese sviamento di potere, ossia nell’uso del potere disciplinare per un fine diverso da quello per il quale è stato conferito; non è, quindi, consentito alle Sezioni Unite sindacare, sul piano del merito, le valutazioni del giudice disciplinare, che non possono essere oggetto del controllo di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza (Cass. Civ. Sezioni Unite n. 20344 del 31 luglio 2018; cfr. anche Cass. Civ. S.U. n. 24647 del 2 dicembre 2016). Nella specie la motivazione del provvedimento impugnato risponde a tale valutazione perchè evidenzia le ragioni per le quali ha ritenuto la volontarietà di una rappresentazione non veritiera del comportamento della parte, rappresentazione finalizzata comunque a ottenere una più favorevole regolazione delle spese processuali e integrativa pertanto della condotta sanzionata disciplinarmente e ascritta alla ricorrente.

Il ricorso va conseguentemente respinto senza statuizioni sulle spese processuali e con presa d’atto della debenza di somma pari al contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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