Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33372 del 17/12/2019
Cassazione civile sez. I, 17/12/2019, (ud. 11/11/2019, dep. 17/12/2019), n.33372
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. PERRICONE Angelina Maria – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34833/2018 R.G. proposto da:
C.N.B., rappresentato e difeso dall’avv. Carlo
Benini, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Ravenna,
piazza Kennedy, 22;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna del 21 ottobre 2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 novembre
2019 dal Consigliere Dott. Paolo Catallozzi.
Fatto
RILEVATO
CHE:
– C.N.B. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna, resa ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., del 21 ottobre 2018, di reiezione del ricorso dal medesimo proposta per l’annullamento del provvedimento del Prefetto di Forlì e Cesena con cui era stato disposto il suo allontanamento dal territorio nazionale;
– dall’esame dell’ordinanza impugnata emerge che il provvedimento prefettizio impugnato aveva ravvisato le condizioni di cui al D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, art. 20, comma 3, in ragione dell’esistenza di precedenti penali a suo carico, tra cui una recente applicazione della pena, ex art. 444 c.p.p., per reati di autoriciclaggio, sfruttamento della prostituzione e violenza sessuale, nonchè dell’assenza di attività lavorativa e di integrazione in Italia del ricorrente;
– il giudice ha disatteso il ricorso evidenziando che tali circostanze erano espressive della sussistenza di una particolare pericolosità sociale del ricorrente, che, in ragione della particolare gravità e della reiterazione dei reati e in assenza di una qualsiasi lecita attività lavorativa, appariva connotata da attualità;
– ha aggiunto che gli elementi acquisiti evidenziavano l’assenza di un qualsiasi radicamento nel territorio nazionale e che l’impossibilità del ricorrente di accedere a misura alternativa in sede si viva non costituiva, di per sè, ragione tale da giustificare l’annullamento del provvedimento impugnato;
– il ricorso è affidato a due motivi;
– il Ministero dell’Interno non spiega alcuna attività difensiva.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
– come disposto dal D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 22, comma 2, il ricorso avverso il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di pubblica sicurezza – quale è quello in oggetto va proposto dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria e la relativa controversia è disciplinata dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 17;
– tale norma prevede che il giudice competente è il tribunale del luogo in cui ha sede l’autorità che ha adottato il provvedimento impugnato e il giudizio è regolato dal rito sommario di cognizione;
– in applicazione dei principi generali, il provvedimento definitivo reso all’esito del procedimento sommario di cognizione è impugnabile nelle forme dell’appello, oltre che con quelle del ricorso per cassazione per saltum nella sola ipotesi di accordo delle parti;
– nel caso in esame, dunque, non ricorrendo quest’ultima situazione, il ricorso si presenta inammissibile;
– nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019