Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33370 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. I, 17/12/2019, (ud. 11/11/2019, dep. 17/12/2019), n.33370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. PERRICONE Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 35944/2018 proposto da:

S.M.L., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza

Cavour presso la cancelleria della prima sezione civile della Corte

di cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Righini

per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12 presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Bologna, Sezione specializzata in

materia di Immigrazione, Protezione internazionale e Libera

circolazione dei cittadini UE, n. 4196/2018 del 12/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/11/2019 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.M.L., originario della Costa d’Avorio, ricorre in cassazione con tre motivi avverso il decreto in epigrafe indicato con cui D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis il Tribunale di Bologna, Sezione specializzata in materia di Immigrazione, Protezione internazionale e Libera circolazione dei cittadini UE, ha rigettato il ricorso dal primo proposto avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che respingeva le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto difese.

Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente, cittadino della Costa d’Avorio – che nel racconto reso aveva lasciato il Paese di origine temendo per la propria vita in esito ad una incursione notturna fatta presso la sua abitazione da due malfattori che inviati dallo zio uomo influente che voleva impadronirsi del patrimonio relitto da padre del richiedente, deceduto, lo minacciavano di morte – fa valere la violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, all’art. 3, commi 1 e 5, ed al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in cui sarebbe incorso il Tribunale ritenendo le dichiarazioni del richiedente non credibili, per un giudizio esito di una istruttoria in cui i giudici non avrebbero assolto all’onere di collaborazione sugli stessi gravante per attivazione dei relativi poteri ufficiosi.

Il motivo è inammissibile facendo valere per la dedotta violazione di legge censure di merito dirette ad una rivisitazione del fatto per letture alternative non consentite in sede di legittimità.

In materia di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 21142 del 07/08/2019; Cass. n. 20580 del 31/07/2019).

2. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Avrebbe dovuto ritenersi la credibilità del racconto e quindi riconoscersi al richiedente la protezione per il cd. rischio Paese e comunque nella forma, almeno, di quella umanitaria.

Il motivo è inammissibile per genericità; esso non si confronta con la motivazione, reiterando una valutazione meramente contrapposta a quella resa dal Tribunale e quindi con la stessa non dialogante per considerazioni apodittiche ed in nessun modo ragguagliate rispetto alla posizione individuale del ricorrente.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e l’apparenza della motivazione perchè priva di valutazioni in punto di fatti di rilievo decisivo.

Il motivo è inammissibile perchè del tutto generico ed assertivo e come tale incapace di portare una concludente critica alla motivazione impugnata.

4. Il ricorso è in via conclusiva inammissibile.

Nulla sulle spese non avendo l’amministrazione intimata articolato difese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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