Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33368 del 24/12/2018

Cassazione civile sez. un., 24/12/2018, (ud. 04/12/2018, dep. 24/12/2018), n.33368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di Sezione –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente di Sezione –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15098/2017 proposto da:

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A., società con socio unico, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEL CASALE STROZZI 33, presso lo studio

dell’avvocato POTITO FLAGELLA, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARIO ANTONIO CIARAMBINO;

– ricorrente –

contro

D.F.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3467/2016 del TRIBUNALE di FOGGIA SEZIONE

DISTACCATA DI MANFREDONIA, depositata il 09/12/2016;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2018 dal Consigliere FRANCO DE STEFANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del

primo motivo, rigetto dei restanti;

udito l’Avvocato Potito Flagella per delega dell’avvocato Mario

Antonio Ciarambino.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La spa Equitalia Servizi di Riscossione ricorre, con atto notificato il 07-08/06/2017 ed articolato su tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 3467 del 9-12/12/2016 con cui il Tribunale di Foggia – qualificandola opposizione agli atti esecutivi e ritenendo non provata l’interruzione del termine prescrizionale quinquennale – ha accolto l’opposizione di D.F.M. all’intimazione di pagamento dell’agente della riscossione, notificatagli il 27/04/2009 e fondata su cartella di pagamento indicata in ricorso e in sentenza come notificata il 09/11/2000.

2. Non espleta attività difensiva l’intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso per cassazione – in luogo dell’appello, trattandosi di impugnazione avverso sentenza resa in primo grado – deve qualificarsi ammissibile, vista l’espressa qualificazione della domanda come opposizione agli atti esecutivi – vedi il terzo periodo della terza facciata della qui gravata sentenza – ed in applicazione del c.d. principio dell’apparenza, in virtù del quale l’espressa qualificazione dell’azione data dal giudice che ha pronunciato la sentenza determina univocamente il rimedio impugnatorio, risultando possibile una riqualificazione in sede di impugnazione solo nel caso in cui il primo giudice a quella qualificazione non abbia proceduto (tra moltissime: Cass. 05/05/2016, n. 8958; Cass. 05/04/2016, n. 6563; Cass. 20/11/2015, n. 23829; Cass. 18/06/2015, ove richiami e riferimenti alla giurisprudenza anche risalente; Cass. ord. 02/03/2012, n. 3338, resa ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1).

2. Ciò posto e recuperati da una lettura complessiva del ricorso gli elementi indispensabili per la decisione, la ricorrente si duole:

– col primo motivo, di “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 1, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2”, evidenziando l’erroneità del diniego, da parte della gravata sentenza, della giurisdizione del giudice tributario per il credito IVA posto a base, in uno a credito per contributi previdenziali, della cartella sottesa all’impugnato avviso di accertamento;

– col secondo motivo, di “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 617 cpc”: lamentando l’omessa pronuncia sulla questione di tardività dell’opposizione, una volta qualificata appunto ai sensi dell’art. 617 c.p.c.;

– col terzo motivo, di “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 2946 e 2953 c.c.”, a lungo argomentando nel senso della prescrizione decennale del credito una volta iscritto a ruolo.

3. Dato per pacifico che la cartella si articola su due crediti, uno tributario ed altro previdenziale, il primo mezzo di censura è manifestamente fondato quanto al primo dei crediti azionati.

4. Va, invero, fatta applicazione della consolidata giurisprudenza di questa Corte, che già con Cass. Sez. U. 31/03/2008, n. 8279, aveva affermato chiaramente che, a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, come modificato dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12, sono sottratte alla giurisdizione del giudice tributario le sole controversie attinenti alla fase dell’esecuzione forzata, sicchè l’impugnazione degli atti prodromici all’esecuzione, quali la cartella esattoriale o l’avviso di mora o l’intimazione di pagamento D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 50, è devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie, se autonomamente impugnabili ai sensi dell’art. 19, del medesimo D.Lgs. (giurisprudenza confermata da: Cass. 23/06/2015, n. 12888; Cass. 13123/18, che richiama Cass. 8770/16 e Cass. 13913/17; Cass. ord. 30584/17; di recente, a contrario Cass. sez. U. 30752/18).

5. Per di più, l’unica ragione per la quale l’opposizione è stata, nella qui gravata sentenza, esaminata nel merito ed accolta è la prescrizione del credito, in ordine alla quale la giurisdizione è del giudice dotato di quella sul credito stesso e, quindi, di quello tributario quando il credito riguarda tributi (già in tal senso, v. Cass. Sez. U. 19/11/2007, n. 23832; giurisprudenza confermata da: Cass. ord. 21/10/2015, n. 21483; Cass. Sez. U. 03/05/2016, n. 8770; Cass. Sez. U. 13/06/2017, n. 14648): pertanto, a parte le altre originarie doglianze, dei quali non è dato riscontrare alcunchè nel ricorso se non una generica e sommaria indicazione con inammissibile rinvio all’atto di opposizione, quanto meno sul merito della doglianza dell’opponente in relazione al credito tributario va dichiarata la giurisdizione del giudice tributario, mentre a diversa soluzione, quella spettando al giudice ordinario, sia pure nella sua articolazione – tutta interna all’ufficio giudiziario comunque adito ed inidonea ad incidere sulla competenza e tanto meno sulla giurisdizione – di giudice del lavoro, deve pervenirsi per il credito previdenziale.

6. Gli altri motivi vanno esaminati soltanto quanto al credito previdenziale, in merito al quale è infine corretta l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario: ma essi sono infondati.

7. Il secondo mezzo di censura, invero, ove possa essere correttamente riqualificato, a dispetto del richiamo errato al n. 5, anzichè all’art. 360 c.p.c., n. 4, come doglianza di omessa pronuncia, è infondato: pur mancando, nella gravata sentenza, ogni considerazione della questione della tardività di proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi, la domanda doveva nella sua sostanza essere qualificata come opposizione all’esecuzione, siccome relativa all’adduzione di un fatto estintivo del credito successivo alla sua insorgenza ed al suo – provvisorio – riconoscimento contenuto nella cartella; con la conseguenza dell’erroneità della qualificazione della domanda come opposizione agli atti esecutivi (qualificazione che, benchè errata, è stata peraltro idonea a fondare l’ammissibilità del rimedio impugnatorio in conformità ad essa) e l’esclusione di termini di decadenza propri del rimedio ex art. 617 c.p.c., non risultando, all’epoca dell’instaurazione del giudizio in primo grado, ancora alcun termine di decadenza per l’opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c..

8. Al riguardo, la fondatezza della censura di omissione di pronuncia non dà luogo ad accoglimento del ricorso, quando la questione su cui la gravata sentenza non si è pronunciata sarebbe stata risolta in senso sfavorevole, in applicazione estensiva della regola della correzione della motivazione di cui all’art. 384 c.p.c.: infatti, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (in tal senso già Cass. 01/02/2010, n. 2313, seguita da molte altre, tra cui – nella sostanza – Cass. Sez. U. 02/02/2017, n. 2731).

9. Infine, il terzo motivo è infondato: la chiara statuizione della pronuncia a Sezioni Unite pure presa in esame dalla qui ricorrente (Cass. Sez. U. 23397/16) è univoca nell’escludere la trasformazione in decennale di un termine prescrizionale minore imposto per il credito prima dell’iscrizione a ruolo; e tale principio, per il superamento del quale del resto la ricorrente non offre alcuna argomentazione nuova e per lo scostamento dal quale non si ravvisano in questa sede ragioni di sorta, è stato affermato oltretutto proprio con riferimento ai crediti previdenziali, qual è quello per cui è rimasta correttamente affermata la giurisdizione del giudice ordinario e sull’azione relativa al quale si sta ora provvedendo.

10. Il ricorso va quindi accolto quanto al primo motivo e limitatamente al credito tributario recato dalla cartella sottesa all’avviso od intimazione di pagamento oggetto di opposizione, con declaratoria della giurisdizione del giudice tributario in ordine alle contestazioni mosse dal D.F. al credito recato dalla cartella opposta, ma le altre doglianze della qui ricorrente vanno disattese.

11. Per la peculiarità della pronuncia è opportuno provvedere in questa sede sulle spese del giudizio di legittimità, pur non essendo stata espletata attività difensiva da parte dell’intimato: ma al riguardo la solo parziale fondatezza del ricorso costituisce idoneo presupposto (anche in applicazione dell’art. 92 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, per essere il giudizio di primo grado iniziato a seguito di opposizione ad avviso notificato nel mese di aprile 2009) per un’integrale compensazione.

12. Infine, va dato atto – essendo stato almeno in parte accolto il ricorso – dell’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso per quanto di ragione; cassa la qui gravata pronuncia in relazione alla censura accolta; dichiara la giurisdizione della Commissione Tributaria di primo grado sulle contestazioni all’avviso di pagamento notificato a D.F.M. relative al credito tributario; rigetta nel resto il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2018

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