Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33365 del 24/12/2018

Cassazione civile sez. un., 24/12/2018, (ud. 04/12/2018, dep. 24/12/2018), n.33365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente f.f. –

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente di Sez. –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15983-2017 proposto da:

B.A.I.M.L., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEL PLEBISCITO 102, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE LOMBARDI, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati LOTARIO BENEDETTO DITTRICH e FABIO CINTIOLI;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

PROCURA REGIONALE PRESSO LA CORTE DEI CONTI – SEZIONE GIURISDIZIONALE

PER LA LOMBARDIA, D.C.R., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1391/2016 della CORTE DEI CONTI SECONDA

SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO ROMA, depositata il

22/12/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2018 dal Consigliere LUCIA TRIA;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Benedetto Lotario Dittrich.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

1. La Corte dei Conti, 2 Sezione giurisdizionale centrale d’appello – pronunciandosi sugli appelli riuniti della dott.ssa B.A.L. in M. (d’ora in poi: M.L.) e di altri avverso la sentenza non definitiva n. 135/2009 e la sentenza definitiva n. 880/2009 della Sezione giurisdizionale per la Lombardia – per quel che qui interessa, precisa quanto segue:

a) in accoglimento di una eccezione degli appellanti di violazione dell’art. 112 c.p.c., va annullata senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui, per una voce di danno, ha disposto la condanna sulla base di una configurazione dell’antigiuridicità della condotta diversa da quella contenuta nella citazione e che non era stata oggetto di contestazione;

b) per le altre voci di danno, vanno respinti i suddetti appelli riuniti;

c) di conseguenza, devono essere confermate le disposte condanne per varie fattispecie di danno erariale subito dal Comune di Milano, all’epoca in cui la M. era Sindaco della città, fattispecie consistite, per quel che attiene alla posizione della M., in illeciti conferimenti di incarichi dirigenziali (a sei persone), correlate indebite elargizioni di indennità e in non consentite nomine di addetti all’Ufficio Stampa comunale (per altre sei persone);

d) quanto agli incarichi dirigenziali, va rilevata la mancanza dei presupposti normativi di cui all’art. 110 TUEL, in relazione al necessario possesso delle specifiche competenze professionali da individuare D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 19,comma 6, e va sottolineata l’irrilevanza al riguardo delle esperienze politiche (voce A);

e) per gli addetti all’Ufficio Stampa sono carenti i presupposti stabiliti dalla L. n. 150 del 2000 e dal regolamento attuativo D.P.R. 21 settembre 2001, n. 422 (voce D);

f) nei confronti di tutti gli appellanti va confermata la sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave, che per M.L. è da ravvisare nell’attività svolta nella sua duplice veste di proponente dei soggetti beneficiari degli incarichi e di componente dell’organo politico collegiale che approvò le proposte;

g) va accolto parzialmente l’appello incidentale proposto, nei confronti di M.L. (e di altri), dal Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia della Corte dei conti, con riguardo alla mancanza di prove per l’applicazione della riduzione del danno risarcibile;

h) infatti, pur spettando al giudice contabile la valorizzazione dell’utilitas derivante dalla prestazione – che può avere la sua fonte anche in una condotta illegittima, applicandosi il principio della “compensatio lucri cum damno” – tuttavia è la parte convenuta che deve dimostrare, anche per presunzioni, l’esistenza del risultato vantaggioso per la PA;

i) nella specie, tale prova non è stata fornita non essendo sufficiente il generico richiamo all’avvenuto raggiungimento degli obiettivi, mentre sarebbe stata necessaria la dimostrazione che l’Amministrazione comunale ha conseguito dall’attività dei dirigenti esterni in oggetto una utilità maggiore di quella che avrebbe ottenuto dalle prestazioni di dipendenti in possesso dei requisiti per accedere all’incarico dirigenziale.

2. Il ricorso di M.L., illustrato da memoria, domanda la cassazione di quest’ultima sentenza per tre motivi, tutti formulati ex art. 360 c.p.c., n. 1 e art. 362 c.p.c., per la violazione dei limiti esterni della propria giurisdizione da parte della Corte dei conti.

3. Resiste, con controricorso, il Procuratore Generale rappresentante del Pubblico Ministero presso la Corte dei conti, che chiede che il ricorso sia dichiarato parzialmente inammissibile o che, comunque, sia respinto nel merito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 – Sintesi delle censure.

1. Il ricorso è articolato in tre motivi, con i quali si denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 1 e art. 362 c.p.c., la violazione dei limiti esterni della propria giurisdizione rilevabile – per tre diversi profili – nella sentenza della Corte dei conti 2 Sezione giurisdizionale centrale d’appello, qui in contestazione.

1.1. In particolare, nel primo motivo si sostiene che tale violazione sia derivata dall’avere la Corte dei conti deciso su una materia riservata alla discrezionalità della PA, in relazione alla contestata nomina di sei dirigenti del Comune di Milano, cui nella sentenza impugnata si riferisce la voce di danno erariale sub A.

Si assume che il Giudice contabile si sia limitato a sindacare l’esistenza del requisito della “particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica” dei nominati, requisito la cui valutazione presupponeva il sindacato di scelte discrezionali – di opportunità e convenienza – della P.A., dato il rapporto fiduciario esistente nelle nomine dirigenziali in oggetto, reso palese dal congegno dello spoils system.

Al riguardo la Corte dei conti avrebbe apertamente sostituito, caso per caso, la propria valutazione a quella della P.A., senza rilevare alcuno dei vizi propri dell’atto amministrativo e, quindi, in modo del tutto arbitrario.

Allo stesso modo sarebbe stata accertata la “colpa grave” della dottoressa M., senza dare alcun rilievo alla modestia degli addebiti e alla loro evidente opinabilità.

1.2. Nel secondo motivo si afferma che la suindicata violazione sarebbe consistita nell’avere impedito ai convenuti di provare la “compensatio lucri cum damno”, così imponendo loro – con riguardo all’utilità residua ottenuta dal Comune per effetto dell’attività svolta dai soggetti nominati – un onere probatorio palesemente impossibile dato il tempo trascorso, sollevando, al contempo, la Procura generale contabile dalla relativa dimostrazione e neppure esercitando sul punto i propri poteri officiosi di richiesta alla P.A. interessata delle informazioni in merito, diversamente da quanto effettuato, nel medesimo giudizio, in relazione alla nomina dei soggetti dell’Ufficio Stampa del Comune.

Si sostiene che, in tal modo, la Corte dei conti avrebbe superato i limiti esterni della propria giurisdizione anche in riferimento all’art. 6 della CEDU e agli artt. 24 e 111 Cost. nonchè all’art. 2497 cod. civ. per violazione dell’onere della prova e per imposizione ai convenuti di un onere impossibile, con lesione del diritto fondamentale di difesa.

1.3. Nel terzo motivo la suindicata violazione viene individuata nella condanna al risarcimento del danno erariale per sei incarichi conferiti a giornalisti addetti all’Ufficio Stampa del Comune di Milano, basata sulla configurazione di tali incarichi come “incarichi esterni” quando invece si trattava di “incarichi di staff” di tipo “strettamente fiduciario”, con carattere stabile, collegato alla durata intera dell’amministrazione comunale, conferiti a persone tutte iscritte all’albo dei giornalisti e con plurime esperienze professionali.

Sicchè anche in questo caso la Corte dei conti avrebbe “invaso la sfera discrezionale non sindacabile della P.A.”.

2 – Esame delle censure.

2. Il ricorso è inammissibile, per le ragioni di seguito esposte.

3. L’art. 111 Cost., u.c., sancisce: “Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso per cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”. In applicazione di tale principio, l’art. 362 c.p.c. ribadisce che il ricorso per cassazione contro sentenze della Corte dei conti è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Il concetto di “motivi inerenti alla giurisdizione” si collega ai confini della giurisdizione, che possono, con espressione sintetica, ritenersi essere di un duplice tipo: confini che distinguono le funzioni dello Stato e confini che, all’interno della funzione giurisdizionale, distinguono tra giudice ordinario, giudice amministrativo ed altri giudici speciali. La violazione dei confini costituisce una forma speciale di violazione di legge, perchè riguarda specificamente le leggi che definiscono l’ambito della giurisdizione.

Si parla a tal proposito e con efficace espressione, di violazione dei “limiti esterni” della giurisdizione, cioè dei limiti correlati ai confini della giurisdizione (vedi, per tutte: Cass. SU 2 maggio 2016, n. 8586).

4. In questo ambito, per consolidato e condiviso orientamento di queste Sezioni Unite, si ritiene che la Corte dei conti nei giudizi di responsabilità amministrativa possa valutare se gli strumenti scelti dagli amministratori pubblici siano adeguati oppure esorbitanti ed estranei rispetto al fine pubblico da perseguire, poichè l’amministrazione, in via generale, deve provvedere ai suoi compiti con mezzi, organizzazione e personale propri (vedi, per tutte: Cass. SU 23 gennaio 2012, n. 831 e Cass. SU 13 dicembre 2017, n. 29921).

E’ stato quindi precisato che rientra nella giurisdizione della Corte dei Conti e non integra il divieto relativo al sindacato di merito delle scelte amministrative l’accertamento della responsabilità amministrativa del sindaco di un Comune che abbia illegittimamente conferito numerosi incarichi a soggetti estranei all’amministrazione comunale, al di fuori dei casi previsti dalla legge (vedi spec.: D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7 e art. 110 del testo unico di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) e non a causa di eventi straordinari ai quali non possa farsi fronte con la struttura burocratica esistente, trattandosi di un controllo giurisdizionale fondato sui canoni di razionalità, efficienza ed efficacia che costituiscono il diretto corollario del principio di rango costituzionale del buon andamento della P.A., sancito all’art. 97 Cost. (fra le tante: Cass. SU 13 dicembre 2017, n. 29920; Cass. SU 9 maggio 2011, n. 10069; Cass. SU 5 marzo 2009, n. 5288).

Siffatti fondamentali canoni conformatori assumono, dunque, rilevanza sul piano della legittimità e non della mera opportunità dell’azione amministrativa (ex plurimis: Cass. SU 25 maggio 2016, n. 10814; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21217; Cass. SU 7 novembre 2013, n. 25037; Cass. SU 9 maggio 2011, n. 10069; Cass. SU 28 settembre 2003, n. 14488).

5. Nella specie appare, pertanto, conforme al dettato normativo il sindacato effettuato dal Giudice contabile, che non ha riguardato il merito e l’opportunità delle scelte discrezionali della P.A. tra diverse soluzioni possibili, ma è consistito nella valutazione della legittimità dei provvedimenti di conferimento di incarichi esterni (ad alcuni dirigenti del Comune di Milano e ad alcuni giornalisti addetti all’Ufficio Stampa dello stesso Comune), secondo il paramento normativo rappresentato dalle disposizioni vigenti in materia e dai principi di rango costituzionale conformatori dell’attività amministrativa.

6. In particolare, la Corte dei conti, operando un’analisi specifica dei requisiti soggettivi di ciascuno dei sei dirigenti esterni del Comune di Milano in argomento, è pervenuta alla conclusione secondo cui nessuno dei nominati era in possesso delle specifiche competenze professionali richieste del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 109 e art. 110 (TUEL), che la Corte stessa ha ritenuto di identificare in competenze di tipo tecnico, in senso ampio (cioè adeguate ai diversi incarichi da ricoprire) considerando irrilevanti al riguardo le esperienze politiche, alla luce del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 6, (richiamato dall’art. 111 del TUEL).

Con analogo metodo e per analoghe ragioni la Corte dei conti ha affermato l’insussistenza dei presupposti stabiliti dalla L. n. 150 del 2000 e dal regolamento attuativo D.P.R. 21 settembre 2001, n. 422 nei confronti dei sei addetti all’Ufficio Stampa de quibus, motivatamente escludendo anche l’applicabilità del meccanismo dello spoils system per gli addetti in posizione di staff, così come per i dirigenti cui erano stati affidati incarichi di natura gestionale.

7. Ne deriva che il Giudice contabile non ha fatto altro che esaminare, sulla base delle norme legislative da applicare, l’operato della Pubblica amministrazione con riferimento ai parametri dell’efficacia, dell’efficienza e della economicità dell’azione della P.A., senza per questo travalicare i limiti esterni della propria giurisdizione, visto che il principio di insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali della P.A. non preclude al giudice contabile, nei giudizi di responsabilità amministrativa, di effettuare un simile esame.

8. Di qui l’inammissibilità del primo e del terzo motivo, con i quali sotto l’apparente denuncia di difetto di giurisdizione per superamento dei limiti esterni – come si è detto non ipotizzabile, nella specie – in sostanza si prospettano violazioni di legge ad opera della Corte dei conti con riguardo allo spoils system e agli incarichi fiduciari e quindi si prefigurano vizi che, in ipotesi, riguarderebbero la correttezza dell’esercizio del proprio potere giurisdizionale da parte del giudice contabile. La valutazione di tali prospettati vizi resta comunque estranea al controllo effettuabile in questa sede che è circoscritto all’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione e non si estende ad eventuali “errores in judicando” o “in procedendo” attribuiti al giudice speciale, il cui accertamento rientra nell’ambito del sindacato afferente i limiti interni della giurisdizione di tale giudice, salvo il caso di radicale stravolgimento delle norme di riferimento tale da ridondare in denegata giustizia (di recente: Cass. SU 14 novembre 2018, n. 29285). Evenienza, quest’ultima, che qui non viene in considerazione.

9. Per la stessa ragione va dichiarato inammissibile anche il secondo motivo di ricorso, perchè si inscrive sempre nei “limiti interni” della giurisdizione contabile – ed esula dal sindacato esercitabile in questa sede ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8.

– anche l’esame dell’ipotizzata violazione dell’onere della prova e dell’imposizione ai convenuti di un onere probatorio impossibile da assolvere, come tale lesiva del diritto fondamentale di difesa e, in particolare, dell’art. 6 della CEDU e degli artt. 24 e 111 Cost. nonchè dell’art. 2497 cod. civ..

3 – Conclusioni.

10. In sintesi, il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto basato sulla denuncia di vizi che – pur se apparentemente prospettati sotto il profilo del superamento dei limiti esterni della giurisdizione contabile – in realtà attengono al modo in cui la Corte dei conti ha esercitato la propria giurisdizione e si traducono nella denuncia di violazioni di norme di diritto e/o delle norme che regolano il processo davanti al giudice contabile o che ne disciplinano i poteri, come tali afferenti i limiti interni della giurisdizione (vedi, fra le tantissime: Cass. SU 12 novembre 2003, n. 17014; Cass. SU 3 dicembre 2008, n. 28653; Cass. SU 10 marzo 2014 n. 5490; Cass. SU 18 maggio 2017, n. 12497; Cass. SU 14 novembre 2018, n. 29285).

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese di questo giudizio, stante la natura di parte meramente formale della Procura Generale della Corte dei Conti.

Considerato l’esito negativo della proposta impugnazione, si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore contributo ivi previsto.

PQM

La Corte, a Sezioni Unite, dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese per il presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2018

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