Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33361 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. I, 21/12/2018, (ud. 16/11/2018, dep. 21/12/2018), n.33361

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27531/2015 proposto da:

R.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Delle

Milizie n. 34 presso lo studio dell’avvocato De Filippis Luca,

rappresentato e difeso dall’avvocato Longo Ignazio, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.R.F., elettivamente domiciliata in Roma, Via Della

Giuliana n. 44 presso lo studio dell’avvocato Gioioso Raffaello che

la rappresenta e difende, giusta procura margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 876/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 08/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2018 dal cons. DI MARZIO MAURO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO, che ha concluso per l’accoglimento;

udito l’Avvocato per il ricorrente l’Avvocato De Filippis Luca, con

delega, che ha chiesto si riporta;

udito l’Avvocato per il controricorrente l’Avvocato G.R.,

che ha chiesto si riporta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza dell’8 maggio 2015 la Corte d’appello di Torino ha rigettato la domanda di delibazione, proposta da L.R.F. nei confronti di R.S., di una sentenza ecclesiastica resa tra le parti di nullità del matrimonio per esclusione dell’indissolubilità del vincolo, respingendo altresì la riconvenzionale del R. volta ad ottenere l’indennizzo di cui all’art. 129 bis c.c., con compensazione delle spese di lite in ragione della reciproca soccombenza.

In particolare, la Corte d’appello ha escluso la delibabilità della sentenza, richiesta dalla L.R., per la detta riserva mentale nella celebrazione del negozio, in quanto contraria all’ordine pubblico italiano. Per altro verso, nel pronunciare sulla domanda che, secondo la stessa Corte, il R. avrebbe proposto “in via riconvenzionale”, la stessa Corte ha escluso l’applicazione dell’art. 129 bis c.c. e la corrispondente richiesta dell’indennità ivi prevista in ragione della contraddittorietà di tale domanda, che presupporrebbe l’annullamento del matrimonio alla cui delibazione invece il medesimo R. si era opposto. Di qui, per effetto della reiezione della domanda principale e di quella riconvenzionale del R., la Corte territoriale ha compensato le spese processuali per la reciproca soccombenza.

2. – Per la cassazione della sentenza R.S. ha dedotto un unico articolato motivo.

L.R.F. ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene un unico articolato motivo con cui il R. ha denunciato violazione degli artt. 91,92,99 e 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver pronunciato il rigetto della riconvenzionale, e conseguentemente compensato le spese di lite per soccombenza reciproca, quantunque detta domanda fosse stata espressamente proposta solo come subordinata al diniego di reiezione della domanda principale.

2. – Il ricorso è palesemente fondato, nulla rilevando l’erronea indicazione in rubrica dell’art. 360, n. 3 in luogo del pertinente numero 4 (Cass. 30 marzo 2007, n. 7981; Cass. 13 aprile 2012, n. 5848; Cass. 3 agosto 2012, n. 14026; Cass. 21 gennaio 2013, n. 1370; Cass. 29 agosto 2013, n. 19882; Cass. 31 ottobre 2013, n. 24553; Cass. 6 ottobre 2017, n. 23381).

Risulta dagli atti che il R., nel contrastare la domanda di delibazione proposta dalla originaria attrice della sentenza ecclesiastica resa tra le parti di nullità del matrimonio per esclusione, da parte della L.R., dell’indissolubilità del vincolo, ha chiesto in riconvenzionale la condanna di quest’ultima al pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 129 bis c.c. “in via subordinata e salvo gravame”, chiarendo in corso di lite che detta domanda era stata spiegata esclusivamente con riferimento all’ipotesi “di mancato accoglimento della sua domanda principale finalizzata ad ottenere la reiezione dell’istanza di delibazione della sentenza canonica di nullità del matrimonio” (ciò è riferito alle pagine 18-19 dello stesso controricorso).

Orbene, è cosa nota che il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, sancito dall’art. 112 c.p.c., la cui violazione è stata essenzialmente denunciata in questa sede, comporta il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda di merito.

Nella giurisprudenza di questa Corte è stato in tal senso più volte affermato che il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione, attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum, rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo (causa petendi) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda (Cass. 19 giugno 2004, n. 11455; Cass. 6 ottobre 2005, n. 19475; Cass. 11 gennaio 2011, n. 455; Cass. 24 settembre 2015, n. 18868).

In particolare, non v’è dubbio che le parti possano spiegare gradatamente (od anche alternativamente, il che qui non rileva) diverse domande, ponendo in posizione di subordinazione l’una rispetto ad altra domanda propria o della controparte: ordine gradato da cui il giudice non può in tal caso prescindere. Sicchè, ad esempio, l’esame della domanda, che la parte abbia proposto in via espressamente subordinata al rigetto di altra domanda, avanzata in via principale, trova ostacolo nell’accoglimento di quest’ultima, e ciò indipendentemente da ogni indagine sull’effettiva ricorrenza di detta relazione di subordinazione (Cass. 28 luglio 1984, n. 4498). Nella stessa prospettiva, è stato ancora osservato che lo scrutinio della reconventio reconventionis è precluso dall’assorbimento della riconvenzionale proposta subordinatamente al rigetto delle eccezioni formulate dallo stesso convenuto nella comparsa di costituzione al fine di paralizzare la domanda attrice (Cass. 1 marzo 2013, n. 5135).

Deve, in armonia con la giurisprudenza di questa Corte appena menzionata, ulteriormente affermarsi il principio secondo cui, proposta dal convenuto domanda riconvenzionale subordinata al rigetto della principale, è viziata da ultrapetizione la pronuncia con cui il giudice, respinta la principale, pronunci altresì sulla riconvenzionale, rigettandola.

Ha dunque errato la Corte torinese a respingere la domanda riconvenzionale subordinata del R., proposta per l’appunto in via subordinata all’accoglimento della domanda principale, quantunque detta domanda fosse stata respinta, il che, d’altro canto, priva di base la statuizione di compensazione delle spese di lite in conseguenza della reciproca soccombenza.

La sentenza va dunque cassata e rinviata alla Corte d’appello di Torino, che si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà sulle spese anche di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 16 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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