Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33360 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. I, 17/12/2019, (ud. 25/10/2019, dep. 17/12/2019), n.33360

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26815/16 proposto da:

-) G.G., elettivamente domiciliato in Bologna, via Val

d’Aposa n. 10, presso l’avv. Alessandro Cristofori, che lo

rappresenta e difende per procura apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di

Bologna;

– intimata –

avverso il decreto della Corte d’appello di Bologna 9 giugno 2016 n.

175;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25 ottobre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. G.G., cittadino albanese irregolarmente soggiornante in Italia, chiese al Tribunale per i minorenni di Bologna il permesso di soggiorno temporaneo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3.

Il ricorso per cassazione non indica quali fatti vennero dedotti a fondamento della domanda proposta in primo grado.

L’istanza venne rigettata con decreto 29.5.2015. Ritenne il Tribunale per i minorenni che:

-) non sussistevano nel caso di specie i “gravi motivi” di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31;

-) il ricorrente, pluripregiudicato, non era in grado di assolvere correttamente la funzione educativa a beneficio dei propri figli.

2. Il decreto del Tribunale venne reclamato da G.G..

La Corte d’appello di Bologna con decreto 16.6.2016 rigettò il reclamo, osservando che:

-) “non può considerarsi grave motivo connesso con lo sviluppo psicofisico del minore l’esigenza, propria di tutti i minori, di crescere all’interno di un nucleo familiare nel quale siano presenti entrambi i genitori; tale esigenza non avrebbe giustificato la formulazione della norma con riferimento ai “gravi motivi”, poichè sarebbe stato sufficiente richiamare la semplice condizione di minorenne per consentire la presenza del genitore sul territorio italiano”;

-) il ricorrente non aveva dedotto ulteriori ragioni idonee a giustificare la richiesta;

-) il ricorrente non era persona in grado di svolgere la funzione educativa, a causa degli arresti subiti e delle condanne riportate in sede penale per il reato di cessione di stupefacenti;

-) ancora a dicembre del 2014 la locale Questura aveva segnalato che il ricorrente faceva parte di una “associazione criminale da tempo sottoposta ad indagini”.

3. Ricorre per cassazione avverso il decreto d’appello G.G., con ricorso fondato su due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, da un lato che erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto insussistenti i “gravi motivi” di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3; e dall’altro che erroneamente la Corte d’appello lo avrebbe ritenuto inadatto svolgere la funzione educativa paterna.

1.2. Il motivo è manifestamente inammissibile in ambo le censure in cui si articola, dal momento che:

-) censura una valutazione di fatto riservata al giudice di merito, quale è lo stabilire se sussistano, nel caso specifico, i “gravi motivi” richiesti dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, per accordare il permesso di soggiorno temporaneo ivi previsto;

-) invoca a fondamento della propria impugnazione un documento (una relazione dei servizi sociali) del quale, in violazione dell’onere imposto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., n. 6, non indica dove e quando sia stata prodotta, ed a quale fascicolo sia allegata.

1.3. Sotto il primo aspetto, va evidenziato che il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 3, comma 3, stabilisce che lo speciale permesso di soggiorno ivi previsto possa essere concesso:

(a) per “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico”;

(b) tenuto conto “dell’età e delle condizioni di salute del minore”.

Nel sistema della legge, pertanto, i “gravi motivi” sono la causa o presupposto legittimante il rilascio del permesso di soggiorno; mentre l’età e le condizioni di salute del minore sono i parametri di giudizio per valutare se quella causa sussista oppure no.

Questo essendo il contenuto precettivo della norma, sarà certamente sindacabile in cassazione la sentenza di merito che, nel formulare il suo giudizio, non abbia tenuto conto dell’età o delle condizioni di salute del minore.

Non sarà, invece, sindacabile in sede di legittimità (salvi i casi limite della motivazione apparente, insanabilmente contraddittoria o mancante: in tal senso, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) la sentenza di merito che, dopo aver preso in esame l’età e le condizioni di salute del minore, ammetta od escluda che l’una e le altre integrino i “gravi motivi” richiesti dalla legge.

In tale ipotesi, infatti, il giudice di merito ha rispettato la legge, tenendo conto dell’età e della salute del minore. Lo stabilire, poi, se ne abbia tenuto conto bene o male è una valutazione di merito, avente ad oggetto un apprezzamento di fatto, e non una valutazione di diritto.

Tale conclusione è l’unica consentita non solo dall’interpretazione letterale della norma, ma anche da quella sistematica.

L’espressione “gravi motivi”, infatti, compare in molte norme di legge, nell’interpretare le quali questa Corte ha ripetutamente ritenuto insindacabile in sede di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito li ha ritenuto sussistenti od insussistenti. A mero titolo d’esempio, la locuzione “gravi motivi” è utilizzata dalla legge al fine di consentire od imporre:

1) la sospensione delle delibere delle associazioni (art. 23 c.c.);

2) l’esclusione degli associati dall’associazione (art. 24 c.c.);

3) l’ammissione al matrimonio dell’infrasedicenne (art. 84 c.c.);

4) la riduzione del termine delle pubblicazioni matrimoniali (art. 100 c.c.);

5) la celebrazione del matrimonio per procura (art. 111 c.c.);

6) l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare (art. 330 c.c.);

7) la proroga ultrannuale degli ordini di protezione (art. 342 ter c.c.);

8) la scelta di un tutore diverso da quello designato per testamento (art. 348 c.c.);

9) la scelta di un amministratore di sostegno diverso da quello indicato dall’interessato (art. 408 c.c.);

10) la sospensione della condanna pronunciata sulla base di una clausola solve et repete (art. 1462 c.c.);

11) il recesso del conduttore dal contratto di locazione (L. n. 392 del 1978, art. 4);

12) la sostituzione del c.t.u. (art. 196 c.p.c.);

13) la revoca della decadenza dalla prova pronunciata a carico della parte non comparsa (art. 208 c.p.c., comma 3, nel testo previgente alle modifiche introdotte dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 26);

14) autorizzare la modifica delle domande nel rito del lavoro (art. 420 c.p.c.);

15) la sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado nel rito del lavoro (art. 431 c.p.c.);

16) la sospensione delle operazioni di vendita forzata ex art. 534 ter c.p.c..

Ebbene, la giurisprudenza formatasi su tutte le norme che precedono è stata sempre costante nell’affermare che la sussistenza dei “gravi motivi” è un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità. In tal senso, ex permultis, con riferimento alle più varie fattispecie in cui la legge richiedeva la sussistenza di “gravi motivi”, si vedano Sez. 3, Sentenza n. 13909 del 24/09/2002, Rv.557560- 01; Sez. 1, Sentenza n. 7865 del 09/06/2000, Rv. 537436 – 01; Sez. L, Sentenza n. 4148 del 16/07/1984, Rv. 436100- 01; Sez. 2, Sentenza n. 1822 del 11/03/1983, Rv. 426663 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4094 del 09/09/1978, Rv. 393710 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 3387 del 22/11/1971, Rv. 354941 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 369 del 04/03/1965 Rv. 310627 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 974 del 20/04/1963, Rv. 261377 – 01.

I rilievi che precedono impongono di concludere che:

a) è sindacabile in sede di legittimità la pronuncia che, nel decidere sulla domanda di rilascio del permesso di soggiorno speciale ai sensi D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, comma 3, abbia totalmente trascurato di considerare le condizioni di salute o l’età del minore;

b) è insindacabile in sede di legittimità la pronuncia che, nel decidere la suddetta domanda, abbia preso in considerazione la salute o l’età del minore, per trarne però conclusioni contestate dal ricorrente;

c) è del pari insindacabile in sede di legittimità la pronuncia con la quale il giudice di merito, nel decidere la suddetta domanda, abbia negato od affermato la sussistenza dei “gravi motivi” di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, (salvi, ovviamente, i casi di motivazione così contraddittoria o incomprensibile, da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” che qualsiasi motivazione di qualsiasi provvedimento giurisdizionale deve garantire, secondo quanto stabilito dalla già ricordata decisione delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 8053 del 2014).

1.4. Sotto il secondo aspetto, poi (violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6), va evidenziato che denunciare in sede di legittimità l’omesso esame di documenti decisivi da parte del giudice di merito è un motivo di ricorso che, per usare le parole della legge, “si fonda” sui documenti del cui mancato esame il ricorrente si duole.

Quando il ricorso si fonda su documenti, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:

(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;

(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;

(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex multis, Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).

Di questi tre oneri, il ricorrente ha assolto solo, e molto parzialmente, il primo. Il ricorso, infatti, non indica in quale fase processuale sia stato prodotto il documento da lui invocato, nè a quale fascicolo sia allegato.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Il secondo motivo di ricorso contiene varie censure frammiste, così riassumibili:

a) la Corte d’appello avrebbe violato il “giusto processo” (sic) per aver adottato la sua decisione “ancora prima che iniziasse il contraddittorio delle parti”;

b) il decreto impugnato contiene un “apodittico, inargomentato ed indimostrato asserto”, là dove ha ritenuto che il ricorrente non sia in grado di svolgere la funzione educativa paterna;

c) il decreto impugnato è viziato da “omessa motivazione” per avere trascurato di considerare la situazione del nucleo familiare e il legame dei figli con il padre.

2.2. Tutte le censure sopra riassunte sono inammissibili.

La censura sub (a) è inammissibile per totale difetto di illustrazione. In ogni caso il provvedimento impugnato risulta ritualmente depositato in cancelleria all’esito del giudizio.

La censura sub (b) è inammissibile perchè investe un apprezzamento di fatto.

La censura sub (c), infine, è manifestamente infondata in quanto la motivazione del provvedimento impugnato non manca affatto.

3. Le spese.

3.1. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica.

3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), a condizione che esso sia dovuto: condizione che non spetta a questa Corte stabilire. La suddetta norma, infatti, impone all’organo giudicante il compito unicamente di rilevare dal punto di vista oggettivo che l’impugnazione ha avuto un esito infruttuoso per chi l’ha proposta. Incidenter tantum, rileva nondimeno questa Corte che ai sensi del D.Lgs. 30 maggio 2012, n. 115, art. 10, comma 2, non è soggetto al contributo unificato il processo “comunque riguardante la prole”, ed in tale categoria di giudizi rientra anche il presente.

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione prima civile della Corte di cassazione, il 25 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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