Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33358 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. I, 17/12/2019, (ud. 25/10/2019, dep. 17/12/2019), n.33358

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33095/2018 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in Cervaro Via Collecedro

13 presso lo studio dell’avv.to Claudine Pacitti che lo rappresenta

e difende giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TRENTO, depositata il 28/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2019 da Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Trento sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 28/9/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona in ordine alle istanze avanzate da A.S. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona di essere fuggito dal proprio paese a causa delle minacce di morte ricevute dalla famiglia della sua ragazza che si trovava in stato interessante.

Avverso il decreto emesso dal Tribunale di Trento il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con unico motivo di ricorso, il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in quanto il Tribunale di Trento non ha concesso la protezione internazionale richiesta nelle sue tre forme senza considerare la avvenuta integrazione sociale e l’attività lavorativa svolta dal ricorrente e senza tener conto che la genericità del suo racconto dipendeva dalla non conoscenza della lingua italiana. Il motivo di ricorso è inammissibile e generico in quanto non precisa quali sono i fatti o le circostanze che il giudice di merito non avrebbe considerato ai fini della sua decisione di diniego della protezione internazionale limitandosi ad affermare che le lacune del racconto del ricorrente sono dovute alla sua mancata conoscenza della lingua italiana.

Il motivo di ricorso contiene una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione del Tribunale territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento circa l’intrinseca inattendibilità del racconto del ricorrente.

La censura si risolve in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

La parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056).

In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. C) il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva comprensiva di puntuali informazioni tratte dai siti accreditati specificamente indicati che l’assenza di situazioni di violenza generalizzata ed indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine ed in particolare nella zona di provenienza del ricorrente escludano il diritto alla protezione sussidiaria. Quanto alle ipotesi di cui all’art. 14, lett. A) e B) non opera il dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, relativo all’accertamento della situazione oggettiva relativa, al Paese di origine, ove, come nella specie, il giudice di merito abbia ritenuto non credibile la dichiarazione dello straniero dando conto delle ragioni di tale convincimento.

Infine le circostanze della avvenuta integrazione nel paese di accoglienza nonchè dello svolgimento di attività lavorativa da parte del richiedente asilo, non costituiscono da sole un parametro che possa giustificare la concessione della protezione umanitaria. Infatti questa Corte ha più volte chiarito che in materia di protezione umanitaria, “il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza. (Cass. sez.1 n. 4455/2018 Pres. Tirelli).

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rivela inammissibile, a prescindere da ogni questione concernente l’applicazione al caso di specie della normativa recentemente introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018 in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente con esaustiva indagine circa le condizioni rispettivamente descritte dello straniero con riguardo al suo paese di origine ed all’integrazione in Italia acquisita, valutazione in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede.

Il ricorso deve pertanto essere respinto con condanna alle spese a favore del controricorrente. Infine deve darsi atto che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater n. 115, sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio a favore del controricorrente che si liquidano in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater n. 115, ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 25 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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